Stalking, molestie, violenza sessuale (compreso lo stupro), abusi fisici e psicologici per mano di partner intimi, matrimonio forzato, sterilizzazione forzata: la violenza sulle donne come violazione dei diritti umani e come forma di discriminazione nei confronti delle donne è l'assunto su cui si basa il trattato del Consiglio d’Europa per la protezione delle donne e delle ragazze che celebra proprio in questi giorni i 10 anni dalla sua entrata in vigore, avvenuta il 1° agosto 2014.
Basato su un approccio incentrato sulla vittima, il trattato di Istanbul è lo strumento giuridico internazionale a più ampio raggio che stabilisce obblighi vincolanti per prevenire e combattere la violenza sulle donne, offrendo al contempo strumenti pratici per assicurare la protezione delle donne e delle ragazze, la loro sicurezza e il loro empowerment. Il tutto nell'ottica di raggiungere l’uguaglianza tra donne e uomini. A ottobre 2023, il trattato è entrato in vigore per l’Unione europea, che è quindi divenuta parte della convenzione.
Il percorso di adesione
La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica è entrata in vigore il 1° agosto 2014, ratificata allora solo da dieci Stati. La Convenzione è stata approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul. Firmata dall’Unione europea il 13 giugno 2017 è poi rimasta in sospeso fino alla scorsa primavera per l’opposizione dei sei Stati.
Poi nel 2023 l’Unione europea ha concluso il percorso di adesione alla Convenzione e l’ha ratificata senza l’unanimità, cosa che non impedisce al trattato di vincolare tutti i Paesi membri. L’Unione europea ha aderito alla convenzione di Istanbul il 1º ottobre 2023.
Al momento sono 38 i Paesi che hanno aderito alla convenzione (invece la Turchia ne è uscita, tra le proteste, qualche anno fa). In questi 10 anni il trattato è stato la base per l’avanzamento delle legislazioni nazionali e delle politiche degli stati membri volte a prevenire e combattere la violenza e la discriminazione nei confronti delle donne.
Cosa prevede la Convezione di Istanbul
La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota anche come "Convenzione di Istanbul", si basa sulla consapevolezza che la violenza contro le donne è una forma di violenza di genere commessa contro le donne in quanto tali. Stabilisce che sia compito dello Stato affrontarla pienamente in tutte le sue forme e adottare misure per prevenirla, proteggere le sue vittime e perseguire i responsabili. In caso contrario, la responsabilità sarebbe proprio delle istituzioni statali. E questo perché, come espresso esplicitamente, non ci può essere una vera uguaglianza tra donne e uomini se le donne subiscono violenza di genere su larga scala e le agenzie e le istituzioni statali chiudono un occhio.
Poiché non sono solo le donne e le ragazze a subire violenza domestica, le parti della convenzione sono incoraggiate ad applicare il quadro protettivo anche agli uomini che sono esposti a questo fenomeno all'interno della famiglia o dell'unità domestica. Tuttavia, non va trascurato che la maggior parte delle vittime di violenza domestica sono donne e che la violenza domestica nei loro confronti fa parte di un più ampio modello di discriminazione e disuguaglianza.
Secondo Amnesty International è “il trattato internazionale di più vasta portata creato per affrontare la violenza contro le donne e la violenza domestica. Stabilisce gli standard minimi per i governi in Europa nella prevenzione, protezione e condanna della violenza contro le donne e della violenza domestica. Include obblighi per gli Stati di introdurre servizi di protezione e supporto per contrastare la violenza contro le donne, come per esempio un adeguato numero di rifugi, centri antiviolenza, linee telefoniche gratuite 24 ore su 24, consulenza psicologica e assistenza medica per vittime di violenza. Invita inoltre le autorità a garantire l’educazione all’uguaglianza di genere, alla sessualità e alle relazioni sane”.