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Home » HP Blocco Grande » Neet, l’identikit dei giovani italiani che non studiano e non lavorano. Più ragazze e più al Sud

Neet, l’identikit dei giovani italiani che non studiano e non lavorano. Più ragazze e più al Sud

Hanno un'età compresa tra i 15 e i 34 anni, sono circa 3 milioni in italia (25% del totale dei giovani) e sono in prevalenza di sesso femminile. L'Italia è il fanalino di coda europeo per quanto riguarda i ragazzi "Not in Employment, Education or Training". Intanto uno studio dimostra che anche disturbi psichiatrici e dello spettro autistico condizionano il futuro lavorativo dei giovani

Domenico Guarino
7 Aprile 2022
Lo chef Borghese ammette di essere alla perenne ricerca di collaboratori ma di faticare a trovare nuovi profili da inserire: i ristoranti sono tornati a lavorare ma manca il personale

Lo chef Borghese ammette di essere alla perenne ricerca di collaboratori ma di faticare a trovare nuovi profili da inserire: i ristoranti sono tornati a lavorare ma manca il personale

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L’acronimo che li individua è quanto mai criptico. Diremmo: fuorviante. Addirittura potrebbe sembrare la sigla di un locale alla moda. O di una griffe particolarmente a la page. Peccato che, dietro l’espressione NEET, si celi invece una delle realtà che descrivono con maggiore evidenza il disagio giovanile contemporaneo, mettendo duramente alla prova tanto le vittime quanto le loro famiglie, che si trovano a dover fare i conti con cittadini dimezzati. O peggio. Annullati.
NEET sta infatti per “Not in Employment, Education or Training” ossia quei giovani, in età compresa tra 15 e 34 anni – ovvero l’arco di tempo in cui si costruisce il futuro personale e sociale dell’individuo -, che e non studiano e non lavorano.
Una realtà talmente diffusa oramai, e talmente frustrante, che a Bologna madri e padri di questi ragazzi hanno scelto di incontrarsi una volta al mese per fare rete e condividere fatiche, sofferenza e quotidianità.

Neet
In Italia i Neet sono il 25% dei giovani

I numeri del fenomeno

Ma quanti sono i NEET in Italia e in Europa?  Secondo le stime più accreditate i giovani che non lavorano e non studiano in Italia sono il 25% del totale, circa 3 milioni in tutto. In pratica  su quattro ragazzi italiani, uno appartiene a questa categoria. Nel numero complessivo sono compresi i disoccupati, ossia coloro che non sono in possesso di un impiego lavorativo, ma lo stanno cercando attivamente, ovvero 1 milione di giovani. I restanti due milioni sono considerati inattivi. Questo vuol dire  che non sono in possesso di un lavoro, ma non lo stanno nemmeno cercando attivamente. Una problematica che potrebbe diventare sempre più rilevante dopo la crisi causata dal Covid-19 che ha, di fatto, portato alla perdita di numerosi posti di lavoro, specie tra i giovani.
L’Italia è il Paese dove i giovani NEET sono più numerosi. Segue la Grecia con il 21% e la Bulgaria con il 19%. All’ ultimo posto in Europa i Paesi Bassi con il 7%. Ma il problema +non riguarda solo le nostre altitudini. Basti pensare che, secondo i dati elaborati da Eurostat, fuori dall’UE ci sono tre Paesi che vantano, si fa per dire, dati anche peggiori dell’Italia: la Turchia, dove la percentuale di NEET è al 33,6%, il Montenegro con un 28,6% e la Macedonia, con una quota del 27,6%.
Diverso discorso per i Paesi del nord, come la Norvegia che ha un tasso del 9% di NEET e la vicinissima Svizzera, dove la percentuale si attesta al 7%.

Identikit del ‘perfetto’ Neet

L’Italia è il Paese europeo con il numero più altro di giovani che non studiano e non lavorano. Dei 3 milioni, circa 1 milione sono disoccupati, gli altri inattivi. In generale sono poi più a rischio le ragazze e i giovani del Sud Italia

Dai dati di Eurostat scopriamo che su 3 milioni di giovani che non studiano né lavorano, circa 1,7 milioni sono di sesso femminile. Non a caso l’Italia ha un terzo delle donne disoccupate di tutta Europa. Andando più nello specifico possiamo identificare un 45% che ha tra i 15 ed i 19 anni ed una percentuale estremamente preoccupante tra i 30 ed i 34 anni, che si attesta intorno al 66%.
La maggior parte  dei NEET risiede al Sud. La situazione risulta essere drammatica in particolare in Sicilia, dove il tasso si attesta al 30,3%. A seguire abbiamo la Calabria con il 28,4% e la Campania, dove la percentuale scende leggermente al 27,3% (fonte Istat, Piano NEET del Ministero del Lavoro)
Oltre alla disoccupazione giovanile, in Italia sono aumentati notevolmente anche gli abbandoni agli studi: nel 2020, il 13,5% dei ragazzi tra i 18 ed i 24 hanno interrotto il loro percorso scolastico. Tanto che, nella fascia tra 15 e 19 anni, i NEET nel nostro paese sono il 75% in più della media Europea. Discorso simile per gli universitari, dove la percentuale scende al 70%.

 I ricercatori dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere dei bambini hanno trovato una correlazione tra disturbi psichiatrici adolescenziali e probabilità dei giovani a sperimentare la condizione di Neet a lungo termine

Autismo e disturbi psichiatrici condizionano il futuro

Secondo un recente studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry, il disagio degli adolescenti con diagnosi da disturbi psichiatrici, soprattutto psicosi e autismo, sarebbe collegato in numerosi casi proprio a situazioni di lunga assenza da percorsi scolastici, lavorativi o di formazione. I ricercatori hanno analizzato i dati socioeconomici e la storia medica di uno studio longitudinale realizzato dall’Istituto finlandese per la salute e il benessere dei bambini nati in quello Stato nel 1987. I protagonisti dello studio, oltre 55mila, hanno vissuto nel Paese per tutto il periodo di durata della ricerca (dal 2008 al 2015) e avevano diagnosi di disabilità intellettiva.
Al 44% del gruppo, in situazione di NEET all’inizio dell’età adulta, era stato diagnosticato un disturbo psichiatrico o del neurosviluppo da adolescente. I disturbi depressivi (20,1%) e i disturbi d’ansia (16,6%) erano i più comuni. In proporzione, gli individui con ASD – disturbo dello spettro autistico (44%) e psicosi (36,5%) avevano maggiori probabilità di sperimentare una condizione da Neet a lungo termine. Le probabilità aumentavano infatti di 7,1 volte.
I pazienti che hanno ricevuto un trattamento ospedaliero quando avevano meno di dieci anni avevano una probabilità 7,3 volte maggiore di sperimentare una condizione da Neet a lungo termine. Coloro che hanno ricevuto un trattamento ospedaliero in età compresa tra i dieci e i venti anni erano 11,5 volte più a rischio di restare inattivi a lungo termine.
“La nostra scoperta di chiare associazioni tra le principali diagnosi psichiatriche nell’adolescenza e la condizione di Neet a lungo termine nella giovane età adulta suggerisce che efficaci servizi di salute mentale adolescenziale, compresi la prevenzione, l’intervento precoce, i servizi sociali e il reinserimento lavorativo, dovrebbero essere considerati elementi importanti in una strategia per affrontare l’emarginazione dei giovani” hanno spiegato i ricercatori.

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Instagram

  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
  • Paese che vai inquinamento che trovi. O, se volete, un mal comune che non diventa affatto un mezzo gaudio. Secondo uno studio pubblicato su “The Lancet Planetary Health”, primo autore il professore Yuming Guo, sono infatti a appena 8 milioni le persone che possono dire di respirare aria pulita: lo 0,001% della popolazione mondiale, che vive su una percentuale irrisoria del globo terraqueo, lo 0,18%.

Per i rimanenti 7 miliardi e passa la situazione è grama, se non critica, con la concentrazione annuale di polveri sottili che è costantemente al di sopra della soglia di sicurezza indicata dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità (PM2.5 inferiori a 5 µg/m3), un limite oltre il quale il rischio per la salute diventa considerevole. E come se non bastasse la concentrazione media giornaliera globale è di 32,8 µg/m3, più del doppio della soglia Oms.

Lo studio pubblicato su “Lancet” è il primo al mondo ad aver ricostruito i valori giornalieri di polveri sottili, ovvero smog, su tutto il Pianeta, attraverso un metodo complesso e multifattoriale che ha permesso di ottenere dei valori anche nelle regioni non monitorate, grazie a un mix fatto di osservazioni tradizionali di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico via satellite, metodi statistici e di apprendimento automatico (machine learning).

Dati allarmanti, dunque. Per quanto qualche segnale di miglioramento comincia a intravvedersi, con il totale dei giorni con concentrazioni eccessive che sta diminuendo nel complesso. I dati degli ultimi 20 anni rivelano delle tendenze positive in Europa e Nord America, dove l’inquinamento da PM2.5 è sceso, ma non in Asia meridionale, Australia e Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi, dove il trend è invece di crescita. Le concentrazioni più elevate di PM2.5 sono state rilevate nelle regioni dell’Asia orientale (50 µg/m3) e meridionale (37,2 µg/m3), seguite dall’Africa settentrionale (30,1 µg/m3). Poco da gioire, dunque e molto da lavorare.

#lucenews #inquinamento
  • L’arrivo della bella stagione ha il sapore del gelato 🍦

Golosi ma di qualità. È il rapporto degli italiani con il gelato artigianale secondo un’indagine di Glovo. Piattaforma di consegne, e Gusto17, brand gourmet, in vista del Gelato Day del prossimo 24 marzo.

Nel 2022 solo sull’app di Glovo gli italiani hanno ordinato più di 2 milioni di gelati, il 16% in più rispetto al 2021, con una media di 5.500 gelati al giorno, principalmente dalle gelaterie di quartiere, facendo aumentare le vendite del 138% per i piccoli esercenti. In particolare, il picco di ordini si registra alle 21.

Tra i gusti più amati dagli italiani ci sono: crema, pistacchio, nocciola e Nutella. Questa la Top 10 delle città più golose di gelato: Roma, Milano, Torino, Palermo, Napoli, Firenze, Catania, Bologna, Bari e Verona.

🍨E voi, amanti del gelato, qual è il vostro gusto preferito? 

📸 Credits: @netflixit 

#lucenews #lucelanazione #gelatoday
  • 🗣«Persi undici chili in poco tempo. Per cercare di rialzarmi iniziai un percorso con uno psicologo, ma ho capito presto qual era il motivo per cui ero caduta dentro quel tunnel. E ho iniziato presto a lavorare su di me, da sola.

Nel 2014 avevo ripreso ad allenarmi da pochissimo tempo, quando ho incontrato una donna, Luana Angeletti. Ho scoperto dopo che era la mamma di un amico, ma la cosa importante è quello che lei mi disse quella volta.

Che avevo una struttura fisica adatta a competere nella categoria bikini, nel body-building. Mi è scattato dentro qualcosa, ho iniziato a lavorare perché volevo migliorare e finalmente farmi vedere dagli altri, dopo che per otto anni non ero andata neanche al mare perché mi vergognavo del mio fisico e della mia scoliosi. Grazie a Luana sono passata dal nascondermi allo stare su un palco guardata da tante persone. È stata decisiva.

Imparate a volervi bene, e se non ci riuscite con le vostre forze, non abbiate paura di farvi aiutare e seguire da altri. È importantissimo».

Dai disturbi alimentari al body building, l
L’acronimo che li individua è quanto mai criptico. Diremmo: fuorviante. Addirittura potrebbe sembrare la sigla di un locale alla moda. O di una griffe particolarmente a la page. Peccato che, dietro l’espressione NEET, si celi invece una delle realtà che descrivono con maggiore evidenza il disagio giovanile contemporaneo, mettendo duramente alla prova tanto le vittime quanto le loro famiglie, che si trovano a dover fare i conti con cittadini dimezzati. O peggio. Annullati. NEET sta infatti per “Not in Employment, Education or Training” ossia quei giovani, in età compresa tra 15 e 34 anni - ovvero l'arco di tempo in cui si costruisce il futuro personale e sociale dell’individuo -, che e non studiano e non lavorano. Una realtà talmente diffusa oramai, e talmente frustrante, che a Bologna madri e padri di questi ragazzi hanno scelto di incontrarsi una volta al mese per fare rete e condividere fatiche, sofferenza e quotidianità.
Neet
In Italia i Neet sono il 25% dei giovani

I numeri del fenomeno

Ma quanti sono i NEET in Italia e in Europa?  Secondo le stime più accreditate i giovani che non lavorano e non studiano in Italia sono il 25% del totale, circa 3 milioni in tutto. In pratica  su quattro ragazzi italiani, uno appartiene a questa categoria. Nel numero complessivo sono compresi i disoccupati, ossia coloro che non sono in possesso di un impiego lavorativo, ma lo stanno cercando attivamente, ovvero 1 milione di giovani. I restanti due milioni sono considerati inattivi. Questo vuol dire  che non sono in possesso di un lavoro, ma non lo stanno nemmeno cercando attivamente. Una problematica che potrebbe diventare sempre più rilevante dopo la crisi causata dal Covid-19 che ha, di fatto, portato alla perdita di numerosi posti di lavoro, specie tra i giovani. L’Italia è il Paese dove i giovani NEET sono più numerosi. Segue la Grecia con il 21% e la Bulgaria con il 19%. All’ ultimo posto in Europa i Paesi Bassi con il 7%. Ma il problema +non riguarda solo le nostre altitudini. Basti pensare che, secondo i dati elaborati da Eurostat, fuori dall’UE ci sono tre Paesi che vantano, si fa per dire, dati anche peggiori dell’Italia: la Turchia, dove la percentuale di NEET è al 33,6%, il Montenegro con un 28,6% e la Macedonia, con una quota del 27,6%. Diverso discorso per i Paesi del nord, come la Norvegia che ha un tasso del 9% di NEET e la vicinissima Svizzera, dove la percentuale si attesta al 7%.

Identikit del 'perfetto' Neet

L'Italia è il Paese europeo con il numero più altro di giovani che non studiano e non lavorano. Dei 3 milioni, circa 1 milione sono disoccupati, gli altri inattivi. In generale sono poi più a rischio le ragazze e i giovani del Sud Italia
Dai dati di Eurostat scopriamo che su 3 milioni di giovani che non studiano né lavorano, circa 1,7 milioni sono di sesso femminile. Non a caso l’Italia ha un terzo delle donne disoccupate di tutta Europa. Andando più nello specifico possiamo identificare un 45% che ha tra i 15 ed i 19 anni ed una percentuale estremamente preoccupante tra i 30 ed i 34 anni, che si attesta intorno al 66%. La maggior parte  dei NEET risiede al Sud. La situazione risulta essere drammatica in particolare in Sicilia, dove il tasso si attesta al 30,3%. A seguire abbiamo la Calabria con il 28,4% e la Campania, dove la percentuale scende leggermente al 27,3% (fonte Istat, Piano NEET del Ministero del Lavoro) Oltre alla disoccupazione giovanile, in Italia sono aumentati notevolmente anche gli abbandoni agli studi: nel 2020, il 13,5% dei ragazzi tra i 18 ed i 24 hanno interrotto il loro percorso scolastico. Tanto che, nella fascia tra 15 e 19 anni, i NEET nel nostro paese sono il 75% in più della media Europea. Discorso simile per gli universitari, dove la percentuale scende al 70%.
 I ricercatori dell'Istituto finlandese per la salute e il benessere dei bambini hanno trovato una correlazione tra disturbi psichiatrici adolescenziali e probabilità dei giovani a sperimentare la condizione di Neet a lungo termine

Autismo e disturbi psichiatrici condizionano il futuro

Secondo un recente studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry, il disagio degli adolescenti con diagnosi da disturbi psichiatrici, soprattutto psicosi e autismo, sarebbe collegato in numerosi casi proprio a situazioni di lunga assenza da percorsi scolastici, lavorativi o di formazione. I ricercatori hanno analizzato i dati socioeconomici e la storia medica di uno studio longitudinale realizzato dall'Istituto finlandese per la salute e il benessere dei bambini nati in quello Stato nel 1987. I protagonisti dello studio, oltre 55mila, hanno vissuto nel Paese per tutto il periodo di durata della ricerca (dal 2008 al 2015) e avevano diagnosi di disabilità intellettiva. Al 44% del gruppo, in situazione di NEET all'inizio dell'età adulta, era stato diagnosticato un disturbo psichiatrico o del neurosviluppo da adolescente. I disturbi depressivi (20,1%) e i disturbi d'ansia (16,6%) erano i più comuni. In proporzione, gli individui con ASD – disturbo dello spettro autistico (44%) e psicosi (36,5%) avevano maggiori probabilità di sperimentare una condizione da Neet a lungo termine. Le probabilità aumentavano infatti di 7,1 volte. I pazienti che hanno ricevuto un trattamento ospedaliero quando avevano meno di dieci anni avevano una probabilità 7,3 volte maggiore di sperimentare una condizione da Neet a lungo termine. Coloro che hanno ricevuto un trattamento ospedaliero in età compresa tra i dieci e i venti anni erano 11,5 volte più a rischio di restare inattivi a lungo termine. “La nostra scoperta di chiare associazioni tra le principali diagnosi psichiatriche nell'adolescenza e la condizione di Neet a lungo termine nella giovane età adulta suggerisce che efficaci servizi di salute mentale adolescenziale, compresi la prevenzione, l'intervento precoce, i servizi sociali e il reinserimento lavorativo, dovrebbero essere considerati elementi importanti in una strategia per affrontare l'emarginazione dei giovani” hanno spiegato i ricercatori.
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