25 aprile, Anniversario della Liberazione d’Italia, è una data che non solo segna la storia del nostro Paese, ma soprattutto rafforza la consapevolezza civile e ci ricorda il valore della conquistata libertà, con tutto il suo significato, le sue implicazioni, i sacrifici e le lotte. “La Festa della Liberazione segna l’identità stessa di noi italiani e di quello che abbiamo scelto di essere“, recita il testo originale di Alle armi, o mansueti! pubblicato da Umberto Eco nel 1996, ora riproposto a Camogli in occasione del Festival della Comunicazione, che quest’anno dedica un’attenzione particolare alla Festa della Liberazione, con una rassegna di contenuti speciali che ha come protagonista il pensiero del semiologo scomparso. Ed è proprio Umberto Eco che in una celebre conferenza tenuta a un simposio organizzato il 25 aprile 1995, in memoria della liberazione dell’Europa, introdusse la tesi sul fascismo eterno. Ancora oggi certi tratti essenziali propri dell’ideologia fascista evidenziati dall’intellettuale trovano molto spazio nel dibattito pubblico (e anche nel sentire comune): la paura della differenza, del diverso, la ricerca ossessiva di un nemico, il fastidio verso l’informazione libera, il rifiuto della critica, la devozione al capo.
Occorre dunque una risposta convincente sul piano politico e sul piano culturale. Bisogna ridare forza e slancio alla partecipazione democratica. Occorre trovare soluzioni concrete al disagio e alla frustrazione dei cittadini. Porre un argine al neoliberismo e alla logica del profitto senza freni e senza limiti. Risignificare il lessico politico della nostra epoca confusa. Pensare forse a un nuovo umanesimo radicale e inclusivo, lontano dalle retoriche dello scontro di civiltà e dal monologo dell’Occidente, e capace di coniugare le diversità in una polifonia virtuosa. “Ricordate che quello che è stato/, in futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente“ (Primo Levi) Ebrei, dissidenti, omosessuali, zingari, testimoni di Geova. Con le leggi razziali del 1938 furono deportati nei campi di sterminio. Anche dall’Italia. Impossibile dimenticare le persecuzioni nei confronti di persone innocenti, solo perché di un’altra religione o con un altro orientamento sessuale. E poi, diversi da cosa? Da chi? “In Italia sono tutti maschi“, recitava una frase di Benito Mussolini, nessuna eccezione era ammessa. Durante i fascismo in Italia gli omosessuali venivano deportati: gli uomini dovevano essere virili ed eterosessuali, se arrestati per omosessualità venivano trasferiti e costretti per cinque anni al confino nelle Isole Tremiti. Quando tornavano per loro era era umiliante, in quanto tutti ormai conoscevano la loro “colpa“. Le discriminazioni ci sono state, e ci sono ancora oggi, verso chiunque venga considerato “diverso“.
Ma di strada se n’è fatta tanta ed è anche per questo che è ancora importante ricordare questo giorno, considerando anche le dichiarazioni del presidente del Senato, Ignazio La Russa - secondo il quale “l’antifascismo non è nella Costituzione” - , come anche il clima che ruota intorno a questa celebrazione, tradizionalmente associata ai movimenti di sinistra: il 25 aprile è ostracizzato da partiti di destra, più o meno estrema, che ne vorrebbero minimizzare il significato e ridisegnare così la memoria collettiva, togliendone la matrice antifascista. Alle più conosciute revisioni, quest’anno si aggiunge la dichiarazione di Ignazio la Russa, appunto, un tentativo di snaturare il 25 aprile, rendendolo una commemorazione di vittime, una memoria mesta, quando invece il suo scopo è esattamente il contrario. Di fronte a questa profonda ferita mai sanata, nel 2023 è necessario ancora una volta ricordare che il 25 aprile è una festa di tutti.