Clima, sei giovani fanno causa a 32 Stati. A processo anche l'Italia

Un processo storico. L'accusa è quella di non fare abbastanza per il clima e quindi per la salute, nonché il mancato rispetto dell'Accordo di Parigi

di DOMENICO GUARINO
8 ottobre 2023

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Costringere i Paesi accusati a rispettare davvero gli accordi di Parigi, siglati in occasione della famosa Cop21 sul clima ma rimasti in gran parte lettera morta. Con questo obiettivo 6 ragazzi portoghesi di età compresa tra gli 11 e i 24 anni hanno deciso di portare a processo sul clima ben 32 Stati di fronte alla Cedu, ovvero alla Corte europea per i diritti umani. La prima udienza si è già tenuta, il 27 settembre. Alla sbarra tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, oltre a Regno Unito, Turchia, Svizzera, Finlandia e Russia.
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I sei giovani che hanno portato a processo decine di Paesi di fronte alla Cedu

Un processo sul clima: alla "sbarra" 32 Paesi

L’accusa è quella di non fare abbastanza per proteggere il clima e l’ambiente, ma anche di violare i diritti umani, a partire da quelli dei soggetti dell’accusa. Gli avvocati dei ragazzi portoghesi sostengono infatti che, con la loro condotta poco attenta ai cambiamenti climatici, i Paesi stiano violando il diritto di salute dei giovani, negando loro la possibilità di vivere la natura e rendendo difficile lo studio. All’origine della denuncia dei 6 ragazzi ci sono gli eventi drammatici dell’estate del 2017, quando le fiamme rasero al suolo 200 mila ettari di foresta nella provincia portoghese di Beira, causando ben 66 vittime. Ed è proprio a partire da quel dramma che è nato il primo processo sul clima presentato al Cedu.
 
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Il primo caso trattato dalla Corte europea per i diritti dell'uomo

Un processo epocale che rappresenta il primo caso in assoluto di processo sul clima presso la Corte europea per i diritti dell’uomo, e più in generale si qualifica come il più grande tra i processi sui cambiamenti climatici. Per vincere, i ricorrenti dovranno convincere i giudici di aver subito danni diretti e dovranno dimostrare che i Governi hanno il dovere legale di contenere l’aumento delle temperature globali vicino a 1,5 gradi e ben sotto 2 gradi, rispetto al periodo pre-industriale, come sancisce l’Accordo di Parigi del 2015. Eccezione fatta per la Russia, esclusa dalla Corte dal momento dell’invasione dell’Ucraina, tutti gli altri Paesi accusati si sono presentati per rispondere alle accuse, schierando decine di avvocati (in tutto sarebbero circa 80), contestando le accuse mosse loro, a partire dalla considerazione che i cambiamenti climatici possano essere ritenuti al momento  una minaccia concreta per la salute degli esseri umani.

L'accusa e la difesa

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Il processo rappresenta il primo caso in assoluto di processo sul clima presso la Corte europea per i diritti dell’uomo, e più in generale si qualifica come il più grande tra i processi sui cambiamenti climatici

La Grecia ad esempio ha dichiarato che non ci sono le basi per riconoscere una relazione di causa-effetto tra climate change e salute umana. Gli accusatori, da parte loro, ribadiscono che le giurisdizioni nazionali non hanno fatto abbastanza per proteggere i loro diritti e perché affermano che la decisione di agire o meno contro il global warming non può essere lasciata alla discrezionalità degli Stati. Tanto che il  portavoce il quindicenne André dos Santos Oliveira ha dichiarato: “I governi europei stanno fallendo" ha spiegato, aggiungendo che "non ci stanno proteggendo”. Mentre, secondo il ventenne Martin Agostinho “Senza un’azione urgente per ridurre le emissioni, il luogo in cui vivo diventerà presto una fornace invivibile” Stando alle argomentazioni illustrate alla Corte, sulla base dell’attuale traiettoria del riscaldamento globale, i ricorrenti rischiano di subire ondate di calore di oltre 40 gradi, che dureranno per almeno 30 giorni. Si sottolinea inoltre l’esposizione a rischi crescenti, derivanti da altri fenomeni, come incendi, tempeste e malattie infettive. Queste minacce causerebbero ai ricorrenti ansia invalidante, che è un altro tema chiave del caso. “Abbiamo presentato prove che dimostrano che gli Stati hanno il potere di fare molto di più per regolare le loro emissioni di gas serra, ma stanno scegliendo di non agire”, ha dichiarato l’avvocato Gerry Liston, della Global Legal Action Network, che sostiene i ragazzi. Aggiungendo che una condanna “sarebbe come un trattato vincolante imposto dalla Corte agli imputati”.

La sentenza nel 2024

Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno un’influenza sulle cause discusse nei tribunali nazionali, ma soprattutto sono legalmente vincolanti per i Paesi membri e la mancata osservanza fa scattare multe pesanti. La decisione è attesa per la prima metà del 2024. Un verdetto di colpevolezza potrebbe costringere i Governi ad accelerare i piani di taglio delle emissioni di gas serra. Questo è l’obiettivo dei ricorrenti, che non chiedono un risarcimento economico.