Passione e forte determinazione: Leona Woods è stata la fisica più giovane – aveva appena 25 anni – ad aver preso parte al Progetto Manhattan, il programma americano top secret che nel 1945 portò alla realizzazione della prima bomba atomica.
Una storia inedita di cui anche gli americani hanno rimosso l’esistenza: Woods è infatti grande assente in Oppenheimer, ultima fatica di Christopher Nolan che con 13 candidature è tra i favoriti per i Premi Oscar 2024.
Vero talento nella rilevazione delle particelle nel vuoto, addetta nel misurare il flusso di neutroni del reattore nucleare, la giovane si laurea in Fisica Nucleare a 18 anni e consegue un dottorato all’età record di 23. Subito dopo, grazie ad Enrico Fermi, viene assunta per prendere parte al Progetto Manhattan. La storia incredibile di questa scienziata del passato, che è anche la storia delle altre 600 donne fisiche, ingegnere, chimiche e matematiche che hanno lavorato a Los Alamos ma che nessuno ricorda, è stata riportata alla luce da Gabriella Greison. Anche lei fisica, attrice e autrice, dà – e ridà – letteralmente voce a Leona Woods, principale protagonista femminile di uno di quei momenti che hanno cambiato il corso della storia umana.
L’audiolibro “La donna della bomba atomica”
È stato infatti rilasciato in esclusiva per Audible l’audiolibro La donna della bomba atomica, che vede la contemporanea immedesimarsi totalmente nella protagonista del passato e raccontare in prima persona la storia di questa grande scienziata. L’espediente del racconto in prima persona ci permette di identificarci con la protagonista e di rivivere i momenti più elettrizzanti di un mostruoso progetto e delle sue conseguenze. E, per permetterci di farlo, Gabriella Greison dopo numerosi studi è partita per l’America dove ha compiuto un lungo percorso di ricerca, da Los Alamos a Chicago, da Princeton a Santa Fe. Oltre l’audiolibro, disponibile in esclusiva su Audible, è disponibile in libreria il libro “La donna della bomba atomica” (Mondadori). Ha debuttato invece il 1° marzo l’omonimo spettacolo teatrale, scritto e interpretato dalla stessa Greison.
Gabriella, come si è imbattuta nella storia di Leona Woods? Ci racconta il lungo lavoro di ricerca che l’ha portata a ‘La Donna della bomba atomica’?
“Ho iniziato a pensare a Leona nel 2019, poco prima della pandemia. Leggendo tra le righe di un libro in inglese, in cui si parlava di Arthur Compton, uno dei fisici creatori della fisica quantistica, che sta in posa nella fotografia del 1927 che è la mia ossessione, quella a margine del V Congresso Solvay e che è diventata poi il mio cavallo di battaglia nel primo libro ‘L'incredibile cena dei fisici quantistici’ (2015, Salani). Siccome volevo occuparmi di lui, perché lo sto facendo per ogni personaggio in posa in quella foto, mi sono imbattuta in Leona Woods. In pratica, il nesso è stato che Arthur Compton leggeva la Bibbia a Leona, ogni sera dopo il lavoro al Progetto Manhattan.
Fantastico, ho detto! Leggo meglio di Leona e scopro che è fisica nucleare, come me, e che è stato un prodigio, come me, e che la sua battaglia più grande è stata quello per essere riconosciuta per quello che faceva nella sua professione, in un mondo totalmente maschile, come quello della fisica nucleare e quantistica. Quindi mi sono detta: perfetto, è lei il mio nuovo obiettivo. Poi è scoppiata la pandemia e non ho potuto viaggiare, perché per scrivere di lei e raccogliere informazioni avrei dovuto fare un viaggione nell'America più dura, quella del New Mexico, e allora ho rimandato.
Nel frattempo ho scritto di altri due fisici presenti in quella foto: sono usciti i libri ‘Ucciderò il gatto di Schroedigner’ (Mondadori) su Erwin Schroedinger, e ‘Ogni cosa è collegata’ (Mondadori) su Wolfgang Pauli. Contemporaneamente ho letto tutto su di lei, in qualsiasi lingua. E l'estate scorsa sono partita per l'America. Ed eccomi qui con un audiolibro su Audible, il libro e lo spettacolo teatrale che ho appena fatto debuttare nei teatri e che girerà il mondo, le date sono sul mio sito www.GreisonAnatomy.com”.
Come mai il ruolo di questa scienziata – e non solo il suo – è stato dimenticato nel Progetto Manhattan?
“Perché era una scienziata in un luogo totalmente maschile. La fisica, in particolare la fisica quantistica e nucleare, è sempre stata lo svago degli uomini, per le donne c'erano altri svaghi, come curare i malati, fare figli, stare con la famiglia. E da svago, poi, per gli uomini, è diventata una professione, ma l'ambiente è stato sempre storicamente più maschile di Sparta, più maschile di una caserma dei Marines, più maschile di un barbecue il 4 Luglio. In America, figuriamoci in Europa. Parlare di Seconda Guerra mondiale è macho, parlare di bomba atomica è macho, per questo sono sempre stati gli uomini a farlo. A farlo, a parlarne, a commentarla. Avete mai sentito una storica donna che parla di Seconda Guerra Mondiale? Figuriamoci la costruzione della bomba. Per questo io mi sono immersa totalmente in questo lavoro. Lo faccio io. Come esempio per tutti”.
L’espediente della narrazione in prima persona porta inevitabilmente ad un’esperienza di immedesimazione tra narratore e personaggio molto forte. Per lei com’è stato dare, letteralmente, voce a Leona Woods?
“Oramai io sono Leona Woods. Una persona che racconta una storia più e più volte, spesso diventa la storia stessa. In questo senso, è immortale. Raccontando così tante volte la sua vicenda, io sono (diventata) lei e, infatti, chi viene a teatro a sentirla vedrà un accavallarsi dei suoi pensieri di donna anni 50 con i miei più moderni. La storia che racconto è quella di cambiamento. Io attribuisco molta importanza al cambiamento. Tutti dobbiamo sapere che è possibile, altrimenti non vivremmo. Non riesco a capire perché chiunque non smani dal desiderio di imparare, perché imparare non sia la più grande smania del mondo… visto che significa divenire, rinascere. Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo. Chi ascolta questa storia si immedesima totalmente: è successo a me, succederà a chiunque”.
C’è qualche passaggio in particolare, nella lettura del testo, che l’ha toccata o l’ha fatta sentire più vicina a Woods?
“Leona ha la battuta pronta, è molto ironica. Non vuol dire che sia cinica o sarcastica, no, lei è simpatica, tutto qui. Figuratevi come viene presa questa simpatia in un ambiente serissimo come quello che vi ho descritto. Per questo, nella lettura dell'audiolibro e nello spettacolo teatrale, io metto molta leggerezza in tantissimi passaggi, anche ostici, in cui racconto cose più tecniche sulla bomba atomica. Io sono come lei, totalmente. Lo faccio con la bomba atomica e con la vita”.
Essendo anche l’autrice del libro da cui è tratto l’audiolibro, “la voce” che l’ha aiutata nella stesura del testo è diversa da quella che poi l’ha letta? E se lo è, in che senso?
“Lo leggo come recito a teatro, e come recito a teatro sono io. È questa la mia forza, il marchio. Per questo arrivo a chiunque in maniera efficace. In questo caso la voce di Leona era molto simile alla mia, perché era una ragazza che voleva realizzarsi nella fisica, e lo faceva con grande entusiasmo, nel posto dove tutto era possibile”.
Questo non è il suo primo audiolibro dedicato a figure femminili che hanno rivoluzionato il mondo della scienza (pensiamo a ‘Cara Marie Curie…’). Quanto è importante dare voce alle donne che hanno combattuto per tutti?
“Cara Marie Curie" è stato il mio secondo audiolibro per Audible, ed è stato molto potente registrarlo. Ci ho messo tanto di me, al punto che se sono uscita rafforzata, più energica. Figuratevi che bello vivere la storia di una donna due volte Premio Nobel, in fisica e in chimica, un primato che non è stato mai raggiunto da nessuno neanche oggi. Quindi lei è stata la più brava tra gli uomini e la più brava tra le donne!”
Dal passato al presente: se da una parte c’è l'urgenza di competenze Stem, resistono troppi stereotipi che pesano sulle donne, il cui potenziale risulta perciò inespresso. Cosa ci insegna la storia di Leona Woods? E, secondo lei, cosa serve per iniziare una vera rivoluzione di genere nelle professioni scientifiche?
“La storia di Leona è una storia a lieto fine, a differenza di un'altra storia che ho raccontato sempre su Audible in un altro audiolibro ‘Einstein e io’ (Salani) dedicato a Mileva Maric, la fisica prima moglie del genio che non si è realizzata nella professione a causa dell'ambiente maschilista di cui era circondata. Leona invece si realizza, è la rivincita di Mileva. L'insegnamento è prendere la vita come la prendeva Woods, come una sfida. Quando le chiedono: ‘Ma una sola donna in un gruppo di 15 uomini non è sproporzionato?’, lei risponde ‘Erano solo 15 ma erano bravi’.
Io mi pongo come role model per i ragazzi e loro mi riconoscono come tale, e mi seguono ovunque, mi sostengono in tutto quello che faccio. Sui social, con me sono molto presenti, viaggiano per venirmi a vedere a teatro nei posti più disparati. Sono molto felice di essere circondata da loro, per questo non posso sbagliare, per questo sono invogliata a dare sempre di più. Esseri umani in rapporto intellettivo con altri esseri umani, il massimo a cui si possa ambire.
I ragazzi fanno così: prendono ciò che ho da dargli, lo sommano a quello che già hanno, e poi se ne vanno con qualcosa di ancora più bello. Anche a me capita lo stesso. La cosa sorprendente, ogni volta che faccio una replica dei miei spettacoli in cui racconto una storia così forte, è che capto le vibrazioni di chi sta seduto e mi ascolta. E stabilisco questa connessione, incredibile: tra il pubblico, davanti a me, mentre parlo, certi visi mi spiccano agli occhi, certi corpi che vibrano li vedo. Ogni tanto, quando mi capita di aver bisogno di un appoggio, li guardo e ricevo un sorriso che mi dice 'continua, stai andando benissimo'. E allora in quel momento posso fare davvero di tutto”.