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Stress da lavoro, per molte donne diventa una malattia

La ricerca Serenis: "Solo il 20% dei pazienti che iniziano un percorso di psicoterapia denunciando problemi legati all'ambente professionale riceve una diagnosi correlata"

di MAURIZIO COSTANZO -
24 luglio 2023
Stress e ansia

Stress e ansia

Stress da lavoro: per molte donne diventa una malattia. Un’indagine condotta dalla piattaforma di benessere mentale Serenis evidenzia che l’80% dei pazienti che iniziano un percorso di psicoterapia denunciando difficoltà correlate al lavoro non riceve una diagnosi di conferma. Di quel 20% che invece riceve conferma, le donne rappresentano il gruppo più consistente. Perché tendiamo a pensare che sia il lavoro la causa dei nostri malesseri? Quali sintomi ci confondono? Ecco i 5 disturbi confusi con patologie legate al mondo del lavoro, i campanelli d’allarme che segnalano disagi legati alla sfera professionale e i sintomi che creano disordine

Stress da lavoro, la ricerca

Solo il 20% dei pazienti che iniziano un percorso di psicoterapia denunciando problemi legati al mondo del lavoro riceve una diagnosi correlata: è il dato che emerge da un’indagine interna condotta dalla piattaforma di benessere mentale Serenis su un campione di oltre 3000 persone. Dall’analisi risulta che, di quel 20%, le donne rappresentano il gruppo più consistente, con una percentuale del 67%; la fascia di età compresa tra i 25 e i 35 anni, che coinvolge il 46% del campione, è la più compromessa; infine, la categoria degli individui di età superiore ai 45 anni si presenta come la meno coinvolta, poiché solo il 9% dei partecipanti all’indagine manifesta disturbi in questo ambito. “Il posto di lavoro è il luogo dove passiamo la maggior parte del nostro tempo, circa 60.000 ore della nostra vita spese a lavorare in media, e spesso ci sottopone alle pressioni maggiori: è naturale quindi che faccia da trigger per altre difficoltà psicologiche. In terapia, in generale, si indagano le difficoltà che questo genera nel comportamento quotidiano: non a caso, la capacità di portare avanti una vita lavorativa autonoma è uno dei parametri anche psichiatrici per la salute mentale. Il mondo del lavoro, in ogni caso, sta cambiando a velocità sostenuta e spesso non si trova in linea con la preparazione accademica dei nostri pazienti. Questo può generare una confusione negli obiettivi e nelle prospettive, anche considerando il peso delle aspettative della famiglia, con le quali viene a crearsi inevitabilmente un gap molto ampio”, commenta così i dati della ricerca Martina Migliore, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale di Serenis.
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La ricerca Serenis: "Solo il 20% dei pazienti che iniziano un percorso di psicoterapia denunciando problemi legati all'ambente professionale riceve una diagnosi correlata"

Quando il problema potrebbe non essere il lavoro?

Dallo studio emerge anche che, delle persone che si rivolgono agli psicoterapeuti di Serenis dichiarando di avere delle difficoltà correlate al lavoro, il 37% ha un disturbo di ansia, il 22% intraprende un percorso legato alla crescita personale, il 19% alla mancanza di autostima. Il 17% ha problemi relazionali, l’8% fa un percorso legato allo stress, il 7% ha crisi esistenziali, il 6% lavora sull’assertività, il 5% ha problemi di coppia, il 4% ha un disturbo depressivo, il 3% inizia un percorso legato alla gestione dei conflitti e la restante parte per disagi legati al lutto, a traumi, ai disturbi dell’umore, agli attacchi di panico, al comportamento alimentare, al sonno e non solo.

I 5 disturbi

Ma perché tendiamo a identificare nel lavoro la causa del nostro malessere? Di quali patologie soffriamo in realtà? E quali sintomi le confondono? Con l’obiettivo di aiutare le persone a orientarsi all’interno di un panorama sintomatologico comune a diverse patologie, Martina Migliore, da poco nominata direttrice Formazione e Sviluppo di Serenis, elenca di seguito 5 disturbi che possono essere scambiati con patologie legate al mondo del lavoro e i segnali che possono creare confusione:
  1.  Disturbi ossessivo-compulsivi: portano le persone a sovrastimare il proprio carico di responsabilità e a temere le conseguenze che deriverebbero da un eventuale fallimento, percepite come catastrofiche. Il lavoro presuppone capacità organizzative e decisionali e questi fattori colludono con la sintomatologia dei disturbi in questione.
  2.  Perfezionismo patologico: spinge i professionisti a fissare standard altissimi, quasi inumani, e a legare tutto il valore personale ai successi in termini di performance. Tutti affrontano giornate più o meno produttive, e questo, per i perfezionisti patologici, diventa un problema insormontabile dal momento che il valore personale per loro dipende da un singolo risultato o da un feedback negativo.
  3.  Depressione: causa nelle persone una demotivazione generica e una stanchezza cronica, tra le altre cose. I ritmi lavorativi, per i depressi, possono diventare facilmente insostenibili, anche se basici, e questo non fa che aumentare la loro percezione di non essere abbastanza e la sfiducia in se stessi.
  4.  Fobia sociale: fa temere il confronto con l’altro, percepito come pericoloso e sempre pronto a dare un giudizio negativo. Nel lavoro siamo chiamati, salvo casi di isolamento sociale totale, al dialogo con i colleghi e con i superiori, costrizione che può creare un disagio insostenibile da parte di chi percepisce il minimo cambiamento nelle proprie reazioni corporee e nei segnali dell’altro, che interpreta come altamente giudicante.
  5.  Disturbo da deficit di attenzione: spesso sottovalutato nell’adulto, l’ADHD causa un ventaglio di sintomi molto difficili da gestire e riconoscere, soprattutto se in assenza di una diagnosi e di un percorso psicoterapico infantili. Il lavoro implica organizzazione e rispetto delle scadenze e dell’opinione altrui. Tenere a mente tutto e frenare l’impulsività che spinge ad agire senza controllo, per loro può diventare complicato.
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Esistono dei campanelli d’allarme che inequivocabilmente afferiscono a problematiche lavorative: per primi, tutti i casi di molestie e pressioni specifiche, ma anche la percezione oggettiva di un ambiente lavorativo malsano

“Spesso si tratta di gestione dell’ansia non efficace, di problematiche ossessive che aumentano il carico di lavoro in modo eccessivo e che fanno percepire una responsabilità abnorme rispetto alle reali mansioni, oppure di poca capacità di concentrazione e di impulsività non diagnosticate nell’infanzia, che rendono molto difficile l’organizzazione del lavoro. Le problematiche relazionali e familiari hanno anche un carico importante: insomma è un po’ come se il lavoro fosse un calderone in cui bolle di tutto”, aggiunge Martina Migliore.

Quando il problema è il lavoro?

Tuttavia, esistono dei campanelli d’allarme che inequivocabilmente afferiscono a problematiche lavorative: per primi, tutti i casi di molestie e pressioni specifiche, ma anche la percezione oggettiva di un ambiente lavorativo malsano. “Il problema esiste. Sicuramente il lavoro e l’iperproduttività costituiscono una fonte di pressione non indifferente, anzi a volte inneggiare al rallentamento delle attività, al valore della noia e allo staccare fa sentire ancora più inadeguato chi è abituato a vedersi sempre in corsa. Si ha un effetto treno a tutta velocità che finisce per deragliare alla prima curva o al primo sassolino sulle rotaie”, denuncia Migliore, disegnando il volto del mondo del lavoro di oggi tra iperproduttività, velocità e iperconnessione.

Cosa fare

Cosa fare, allora, nel caso di una patologia sospetta legata al mondo del lavoro? Il primo passo da compiere a tutela del nostro benessere mentale è cercare un consulto con uno specialista. Esistono, infatti, professionisti come gli psicoterapeuti, esperti anche di disturbi e patologie legate alla sfera professionale dell’individuo, capaci di fornire supporto, diagnosi e trattamenti ad hoc somministrati nell’ambito di un percorso di scoperta dell’origine del nostro malessere.