La storia segreta di Alexanderplatz di Franco Battiato, ispirata a una ragazza trans di nome Valery

Il cantautore oggi avrebbe compiuto 80 anni. Alexanderplatz è tra le sue canzoni più amate e la suggestione arrivò da un’attivista trans conosciuta da Alfredo Cohen nel 1977. Il cantautore ha trasformato quella vicenda in un capolavoro di musica e libertà

di GUIDO GUIDI GUERRERA
23 marzo 2025
Franco Battiato e Valery Taccarelli. A destra, Battiato insieme a Giusto Pio

Franco Battiato e Valery Taccarelli. A destra, Battiato insieme a Giusto Pio

Il 23 marzo del 1945 nasceva uno dei geni indiscussi della musica contemporanea: Franco Battiato. Se una crudele malattia non lo avesse portato via nel maggio di quattro anni fa, Franco avrebbe festeggiato il suo ottantesimo compleanno. Un musicista completo, il compositore di Jonia, che ci ha regalato nell’arco della sua mai banale carriera canzoni memorabili e concerti pervasi da emozioni impareggiabili. Profondo il suo impegno sociale che si può facilmente evincere in motivi celebri come ‘Povera Patria’ o ‘Inneres Auge’, attraverso i quali denuncia il degrado morale e civile in cui versa il nostro paese troppo spesso preda di ‘ciarlatani e truffatori’ travestiti da politicanti. Ma Battiato non si ferma qui: una delle sue canzoni più amate e ascoltate ‘Alexanderplatz’ contiene un piccolo segreto che forse sono in pochi a conoscere.

Una ragazza di nome Valery

La sua genesi conduce a una ragazzina transgender appena quindicenne di nome Valery, conosciuta dall’attore e musicista Alfredo Cohen nel lontano 1977. A quel tempo Cohen, cantore ribelle dell’omosessualità e in seguito fondatore del F.U.O.R.I., debuttava in un recital canoro a Napoli intitolato ‘Come barchette dentro un tram’, frutto di una compilation discografica in collaborazione con Franco Battiato e Giusto Pio. Proprio in quel contesto ebbe luogo l’incontro con Valery. La ragazzina, nonostante la giovane età, era già un’attivista molto impegnata nel movimento omosessuale italiano, un destino che l’avrebbe portata a diventare poi fondatrice del Cassero LGBTQIA+ Center di Bologna e vicepresidente del Movimento Identità Trans, il MIT.

Il suo nome completo era Valery Taccarelli e stupiva per essere una persona molto più matura della sua età, dall’atteggiamento consapevole di chi sa cosa vuol fare della propria vita, determinata e volitiva ma dotata di notevole attrattiva empatica. Tutte doti che non erano sfuggite a Cohen, fino dal primo incontro. Tra Alfredo e Valery sarebbe scoccata la fatidica, immediata, scintilla fatta di intese sottili, di ideali da condividere, di affetto sincero. Come un pittore vede in una persona incontrata per caso il modello perfetto, così l’artista Cohen aveva ravvisato nella complessità precoce di quella natura una musa cui ispirarsi.

Un piccolo miracolo artistico

Nella sua casa di Roma di via Della Pace, dove Alfredo Aloisio, il suo vero cognome, accoglie Valery accade un piccolo miracolo artistico. La ragazzina per ricambiare il gesto di accoglienza del suo nuovo amico inizia a occuparsi delle pulizie domestiche, mettendoci impegno e tanto olio di gomito. Valery non riusciva a fermarsi un solo attimo, rigovernando le stoviglie lasciate per troppo tempo nel lavello, togliendo la polvere incrostata dai mobili, pulendo i pavimenti di quella casa abbandonata al disordine caotico tipico di molti artisti. Era un modo per sdebitarsi, voleva essere il segno tangibile di un sentimento che andava al di là della semplice riconoscenza?

Alfredo Cohen, Valery, Milva e Marlene Dietrich
Alfredo Cohen, Valery, Milva e Marlene Dietrich

Difficile stabilirlo con certezza. La verità era che l’adolescente aveva conquistato a tal punto il cuore di Alfredo, lo aveva così tanto affascinato che mentre si dava da fare con stracci e ramazza, nonostante lui l’avesse dissuasa, quella figura femminile tutta presa dalla sua maniacale smania di pulizia si andava trasfigurando in ideale poetico. Un giorno, mentre una lama di luce filtrava dalle persiane proiettandosi come un riflettore di scena sulla ragazza, proruppe: ‘ti piace di più lavare i piatti, poi startene in disparte come vera principessa, che aspetta all’angolo come Marlene’. Cohen stava dando vita a un testo che avrebbe chiamato inevitabilmente ‘Valery’.

Mai avrebbe potuto immaginare che quell’abbozzo di canzone avrebbe un giorno attirato così tanto l’attenzione di Franco Battiato tanto da volerne fare un brano destinato a diventare la celebre ‘Alexanderplatz’.

All’angolo come Marlene

Come racconta il maestro Antonio Ballista, che in tante occasioni aveva collaborato con il compositore siciliano , in una intervista: “Franco era un abile cacciatore di farfalle, possedeva una sorta di simbolico retino perfetto per fare sue idee e suggestioni sapendole cogliere al volo”. Folgorato dall’immagine di ‘Marlene’ che aspetta all’angolo, Battiato aveva già immaginato di dare una vita tutta nuova a quel pezzo, modificandolo quel tanto che bastava per farne un progetto originale.

Intanto avrebbe cambiato il titolo e con l’aiuto di Giusto Pio avrebbe creato una struttura musicale funzionale al testo: partendo dalla frase della cenerentola-principessa che lava i piatti , con la grinta di una star del cinema, Franco traccia cerchi che si espandono e dilatano in dimensioni capaci di evocare paesaggi e stati d’animo delicatissimi.  Milva, l’iconica Pantera di Goro, ne avrebbe fatto un capolavoro e quando Ricordi nel 1982 decise di incidere il brano fu un trionfo.

Manifesto di libertà

Destini incrociati, condizioni felici volute dal caso, o forse no, avevano decretato che l’incontro di anime affini, ognuno a proprio modo, artefici di qualcosa di grande, avrebbe prodotto un manifesto di libertà gigantesco quanto la storia della città tedesca e della sua piazza simbolo.

Franco Battiato ci ha lasciato una eredità fatta di parole e musica difficilmente eguagliabile, è stato un maestro senza mai pretesa di esserlo e ha sempre indicato con leggerezza la strada difficile che conduce all’evoluzione e all’emancipazione dalle sterili abitudini. Ha parlato di amore nel senso più assoluto del termine, senza pregiudizi, né etichette, allargando orizzonti e creando trame emotive come nel caso de ‘La Cura’, autentico capolavoro. Ha precorso i tempi, ci ha fatto sognare e pensare. Ottant’anni, mille ricordi di mille suggestioni: ciao Franco, gigante della musica e uomo libero.

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