Cate Blanchett guiderà un nuovo programma di sovvenzioni per i registi rifugiati, offrendo fino a 100.000 euro ciascuno a cinque persone per creare opere brevi incentrate sulle esperienze degli sfollati. L'iniziativa sarà lanciata come progetto pilota, ma si prevede che si evolva in un progetto a lungo termine, guidato dall’attrice australiana, due volte vincitrice del Premio Oscar e ambasciatrice di buona volontà per l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Come si legge sul quotidiano The Guardian, il Displacement Film Fund, sostenuto dall'International Film Festival di Rotterdam e dall'UNHCR come partner strategico, sosterrà gli autori sfollati o con esperienza nella narrazione di storie di rifugiati. L'iniziativa si inserisce in un contesto di crisi globale, con 122,6 milioni di persone sfollate forzatamente a causa di guerre, persecuzioni o violazioni dei diritti umani secondo i dati dell’ONU.
“Il cinema è in grado di calarti nel tessuto e nella realtà di una persona come nessun'altra forma d'arte”, ha dichiarato Blanchett. “Lavorando con l'UNHCR mi sono occupata sia dell'impatto su larga scala dello sfollamento forzato affrontato da milioni di persone, che delle vaste statistiche, ma ho anche avuto la fortuna di incontrare direttamente le persone colpite e di confrontarmi con le loro storie ed esperienze – ha aggiunto l’attrice –. È questo l'obiettivo di creare punti di contatto personali e intimi”. Nei prossimi mesi verrà stilata una longlist dei candidati e i finalisti saranno scelti da un comitato di selezione presieduto dalla 55enne, comprendente anche l'attrice britannica Cynthia Erivo, il giornalista siriano Waad al-Kateab e l'attivista afghana Aisha Khurram. I registi selezionati saranno annunciati al festival di Cannes a maggio.
Majid Adin, un regista rifugiato iraniano, ha dichiarato di essere “entusiasta” del fondo. Quando è arrivato nel Regno Unito nel retro di un furgone frigorifero era il 2016, e l'anno successivo aveva già vinto un concorso per produrre un video musicale per la canzone Rocket Man di Elton John. “I registi rifugiati devono affrontare una serie di sfide uniche per portare le loro storie sullo schermo”, ha affermato Adin. “La società e l'industria cinematografica spesso non li riconoscono come artisti creativi capaci, limitando di conseguenza le loro opportunità di svolgere ruoli apicali come quello della regia. Al contrario – aggiunge –, la tendenza è quella di vederli come soggetti davanti alla telecamera piuttosto che come forze creative dietro di essa”.