Galatea Ranzi, il dramma della depressione giovanile nello spettacolo "Il figlio"

L'attrice romana porta sul palco della Pergola di Firenze l'ultimo atto della trilogia di Florian Zeller: "È una storia che riflette il disagio dei nostri tempi"

di LUDOVICA CRISCITIELLO
28 febbraio 2023
Il figlio

Il figlio

C’è il tocco di classe che non manca mai nelle sue interpretazioni. Sottile ma presente, come un filo che unisce tutte le interpretazioni di Galatea Ranzi. Da quello di madre superficiale e poco empatica in film come "Caterina va in città", "Tre metri sopra il cielo" o nella serie "Baby", a quello della Madonna di Erri de Luca, a quello ancora di eroina ribelle, moderna e femminista dei miti classici dell’antica Grecia, come Antigone, Alcesti e Fedra, che precorrono i tempi. L’attrice romana sarà da stasera (28 febbraio) al 5 marzo sul palco del teatro La Pergola a Firenze, questa volta di nuovo nel ruolo di una madre, ne “Il figlio”, diretto da Piero Maccarinelli e tratto dal terzo capitolo della trilogia del drammaturgo francese Florian Zeller, regista dell’omonimo film in questi giorni al cinema con Hugh Jackman nei panni del padre. Una storia che emerge implacabile dalla scrittura di Zeller, specchio dei nostri tempi, dei problemi che si nascondono dietro uno dei pilastri della società, la famiglia, un tempo luogo di certezze. "Un testo molto esile – commenta l’attrice - ma al tempo stesso complesso, un termine che non deve spaventare perché è uno spettacolo rivelatore di dinamiche e situazioni reali". Nicola è il figlio di una coppia divorziata. Vive con la madre mentre il padre si è rifatto una nuova famiglia. È da qui che la trama si sviluppa. "Una storia che riguarda tanti e che fa emergere anche un’altra problematica legata al disagio che vive il ragazzo e che si trasforma in malattia psichiatrica". Una depressione sintomo di un male che la pandemia di covid ha acuito e che è il sintomo di una società troppo distratta dalle corse contro il tempo.

Galatea Ranzi, attrice romana, è la madre di Nicola a teatro ne "Il Figlio", dramma del francese Florian Zeller

Perché nessuno riesce a vedere il malessere di Nicola? "Succede spesso all’interno dei nuclei familiari che ci siano patologie che non si vogliono vedere o si sottovalutano. Si confonde il sottile confine che c’è tra depressione, che può avere una gamma infinita di variabilità e intensità, e altre problematiche meno gravi.  Ma è così comune che spesso il pubblico ci viene a dire che quello di cui parliamo ha ricordato loro una situazione che hanno vissuto o che ha vissuto qualcuno al loro fianco". Nel rapporto con i genitori si è andati da un estremo all’altro. Prima si parlava poco ma c’erano regole chiare e si rispettavano, oggi i genitori sono diventati amici dei figli, però neanche così funziona. Come si può trovare un punto di equilibrio? "Non è facile, non si torna indietro, anche le modalità passate creavano problemi. Certo è che la mancanza di regole o di punti non ha fatto bene a nessuno di noi e non significa limitazione di libertà. Pensiamo alla scrittura poetica: se non avesse l’obbligo di stare dentro una metrica non sarebbe poetica ovvero libera espressione dell’anima. Si parla spesso di diritti e mai di doveri, perché i doveri vengono sempre pensati come qualcosa di brutto invece sono necessari". Ha interpretato altri ruoli di madre che non si rende conto di ciò che succede alle figlie. Le è mai capitato con i suoi figli? "Credo -e spero- per ora di no, miracolosamente mi sembra di avere un bel dialogo con tutti loro. È vero però che i ritmi delle nostre vite sono talmente veloci che le relazioni sono diventate come tessere di mosaico. Non abbiamo più quel tempo lungo che occorrerebbe per le relazioni. Bisogna inventarsi soluzioni per contrastare tutto ciò, come ad esempio spegnere il cellulare e andarsene in riva al mare. Ora mi trovo alla mostra di Bill Viola e i suoi video iper rallentati, nei quali sembra di riappropriarti del tempo e fa riflettere sulla frammentazione in cui viviamo". Com’era il suo rapporto con sua madre da adolescente? "Non idilliaco. Le sono grata per tutto ovviamente... Mi sono ripromessa però che con i miei figli sarebbero stato completamente diverso".

Galatea Renzi ha interpretato vari ruoli femminili, dalla madre distratta all'eroina moderna e femminista, perfino quello di Madonna in Erri de Luca

Qual è il confine tra ciò che è meglio per noi e le responsabilità che abbiamo verso gli altri e verso i nostri figli? Pensa che a volte un po’ di egoismo faccia bene? "Mi ha sempre colpita quando siamo in aereo il momento in cui ci sono le istruzioni su come indossare la mascherina. Ci dicono di indossarla prima noi e poi aiutate chi è vicino, compresi i bambini. Ebbene sembra una cosa terribile ma è giusta. In qualche modo è anche vero che se ei sta bene si riesce ad aiutare gli altri. Anche qui, però, ci sono dei confini perché se penso a me stessa non riesco a farlo senza pensare anche ai miei figli". Nella "Grande bellezza" lei ha girato una delle scene più famose in cui Gambardella smonta in modo molto cinico la vita apparentemente perfetta del personaggio. Cosa ha provato recitando quella parte? "Ho fatto molta fatica ad accettare che il mio personaggio non replicasse, quel silenzio è carico di amarezza". Era preoccupata di dover interpretare il ruolo della Madonna nello spettacolo di Erri De Luca? "È una delle figure femminili più nota, rappresentata e venerata, più mitica del nostro mondo occidentale e non da 2000 anni. Quindi la responsabilità di dare l'ennesima versione di questa donna straordinaria l'ho avvertita molto. Qui però l'apice è rappresentato proprio dall'inesorabilità del destino del figlio che lei esprime e che De Luca ha saputo cogliere perfettamente". Ha anche interpretato a teatro donne  protagoniste dei miti classici greci come Fedra, Alcesti, Antigone che precorrono i tempi perché si ergono a donne ribelli, eroine che rivendicano un posto nella società al pari degli uomini. Quale di loro ha sentito più sua? "Mi è capitato di interpretare spesso Antigone che mi è molto cara perché è davvero l’espressione della forza e della grinta di una giovane donna. Poi c'è Fedra forte della sua rivendicazione di far lecito l’illecito e di accogliere la passione amorosa con assoluta resa".