
Valentina Marconi e la battaglia contro il cancro
"La chemio mi ha reso momentaneamente sterile". A rivelare la scioccante notizia è l'ex attrice e showgirl Carolina Marconi che si è raccontata sul settimanale Chi. Dalla battaglia contro il tumore al seno fino al sogno di diventare madre. "Purtroppo non sono idonea ad intraprendere un'adozione perché ho avuto un tumore anche se sono guarita", aveva scritto sul suo profilo Instagram, trasformandosi di post in post in un simbolo della lotta per il diritto all'oblio dei pazienti oncologici. Ma le difficoltà non hanno abbattuto questa donna coraggiosa che crede ancora nel suo sogno di diventare madre: "Prima di iniziare le sessioni di chemioterapia, ho congelato un ovulo. Uno solo. Dunque ho il 10% di possibilità di restare incinta", confessa su Chi. L'intenzione era di "congelarne dieci, ma non potevo fare terapie ormonali con il tumore al seno, sarebbe stato un accelerante per il mio male", spiega Carolina. "Siccome devo aspettare per provare a restare incinta, ho pensato: intanto adotto un bambino. Mi sono anche informata sull'utero surrogato, ma per me è troppo".

Carolina Marconi e la battaglia contro il cancro
Come funziona l'adozione in Italia per gli ex pazienti oncologici
In Italia non esiste una regola scritta che nega agli ex pazienti oncologici di adottare un bambino. Il primo passo per una coppia è quello di chiedere l'idoneità all'adozione al Tribunale dei minori della propria città. Fra i numerosi requisiti richiesti figura anche la certificazione delle condizioni di salute dei partner. Una condicio sine qua non per evitare a chi viene adottato nuovi traumi. “Per avere l’idoneità – spiega il presidente del Tribunale dei minori di Firenze, Luciano Trovato – bisogna dimostrare di poter garantire quell’assistenza fisica e morale che accompagni il bambino all’età adulta. Chi chiede di adottare dovrebbe rendersene conto”. Tutto ciò è pensato in funzione della tutela del minore in attesa di una famiglia il più possibile adatta ad accoglierlo e a lenire le ferite. Un anno dalla malattia in Italia è un tempo ritenuto troppo breve per dare queste garanzie, quindi è necessario attendere. Senza fretta e con l'intenzione di adottare, senza vivere questo delicato processo come un risarcimento alle proprie sofferenze legate alla malattia.
Carolina Marconi e Alessandro Tulli e il sogno di diventare genitori