Sensuale, provocatrice, eterea, raffinata,
Patty Pravo il 9 aprile compie
75 anni senza perdere una virgola delle caratteristiche che l'hanno portata a essere
una delle signore della musica italiana e donna che ha fatto della propria libertà assoluta, ai limiti dell'avventura, la propria identità, artistica e non solo. Capelli biondissimi, occhi magnetici e taglienti come lame, con la musica che le scorre nelle vene fin da bambina, Patty Bravo è
un'icona della trasgressione, sempre al centro delle cronache rosa per i suoi amori sregolati, ma, soprattutto, famosa per le sue canzoni intramontabili.
Patty Pravo è nata il 9 aprile 1948 a Venezia (Instagram)
La ragazza del Piper
Nicoletta Strambelli, questo il vero nome, nasce il 9 aprile del 1948 a Venezia da padre motoscafista e madre casalinga. Maggiorenne da pochissimo scappa a Londra, colpita dalla morte dell'adorato nonno, ma rientra due giorni dopo, a Roma, dove decide di trasferirsi. Lì comincia la sua vita da
viveur: diventa presenza fissa al “
Piper Club,” fucina di personaggi che faranno la storia della musica italiana, e lei ne diventa in poco tempo l'immagine, tanto da farsi chiamare “
La ragazza del Piper”. Nel club lei in realtà è una semplice cliente ma le sue danze non passano inosservate ai frequentatori, tra i quali ci sono Luigi Tenco, Renzo Arbore, Alberigo Crocetta, che diventerà presto suo amico e manager, e
Gianni Boncompagni che, nel 1966, tradurrà per lei “But You’re Mine” di Sonny & Cher, che diventerà il primo singolo della Pravo, titolo italiano “
Ragazzo triste”. Per promuovere la canzone si presenta davanti alle telecamere con uno smoking nero elegantissimo e
da uomo: dà scandalo, ma il successo è immediato e planetario, l’ascesa comincia.
Patty Pravo in tv con "Ragazzo triste", vestita da uomo
1968: ribellione, trasgressione, indipendenza
Patty Pravo diventa immediatamente un personaggio che rappresenta in pieno la
disobbedienza e provocazione di quegli anni: nelle interviste si esprime liberamente sul
sesso libero, sull’
aborto e sul divorzio, pratica della quale lei usufruirà più di una volta (cinque matrimoni e altrettanti divorzi) e scandalizza i benpensanti con una s
ensualità spinta e ostentata. Una libertà la sua, talmente consolidata, che farà sempre un po’ di fatica a digerire il brano che nel 1968 la sua etichetta insiste per farle cantare (brano in precedenza rifiutato da Caterina Caselli, Little Tony e i Rokes): si intitola “
La bambola” e parla di una donna che chiede rispetto a un uomo del quale si sente dipendente, che è tutto ciò contro cui in quegli anni Patty Pravo combatte. Ma sarà anche uno dei suoi pezzi più amati.
Patty Pravo a "Canzonissima" con "La bambola" (Wikipedia)
Il primo Sanremo
Patty Pravo si reinventa passando da una musica legata al rock a una più melodica, seguendo i consigli dell’astrologa e guida spirituale
Linda Wolf. Il primo Festival di Sanremo lo affronta nel
1970 in coppia con Little Tony, il brano è “
La spada nel cuore” e si classifica solo quinto. Ma il suo ingresso nel mondo della musica leggera è acclamato da tutti e Patty Pravo passa dalla provocazione a uno chignon biondo che la fa somigliare a una delle ballerine classiche che studiava da bambina.
Patty Pravo è lo pseudonimo di Nicoletta Strambelli (Instagram)
La “Trilogia Phonogram”
Con lo scoccare del nuovo decennio cambia la direzione della sua carriera. Prima di tutto
cambia etichetta, dalla Rca alla Phonogram: la necessità è di mantenere, ancora una volta, la propria libertà, tenendosi lontana dal pop al quale sembra condannata. E, infatti, risponde con una
trilogia di album prodotti interamente da lei, la cosiddetta “Trilogia Phonogram”. Il primo è “Di vero in fondo” (1971), che contiene “
Love Story”, ispirato all'omonimo romanzo di Erich Segal, nonché all'omonimo film; nell'album duetta con Vinícius de Moraes (“Samba-Preludio”), e interpreta i brani “Canzone degli amanti” di Jacques Brel, “E tornò la primavera” di Francesco Guccini, “Emozioni” di Lucio Battisti e la stessa “Di vero in fondo”, scritta da Gino Paoli. Il secondo capitolo invece, “Per aver visto un uomo piangere e soffrire Dio si trasformò in musica e poesia”, vanta sofisticati arrangiamenti dei futuri premi
Oscar Bill Conti e Luis Bacalov. Il terzo “Sì... Incoerenza”, è del 1972 ed esce dopo uno spiacevole incidente con una donna che le
lancia un posacenere sul viso, provocandole un trauma facciale e la rottura di tre incisivi.
Patty Pravo sulla cover di Playboy nel 1974
Senza veli su Playboy
Una volta esaurita la vena cantautorale, l’artista ritorna alla RCA e al
pop puro. Esce così “
Pazza idea”, che non solo venderà oltre un milione di copie, diventando uno dei brani simbolo della sua carriera, ma sarà registrato con le
più moderne apparecchiature, per l'epoca davvero avanguardiste. Se da un lato la carriera pop va avanti a gonfie vele (anche l’album “Mai una signora” andrà benissimo), risulterà sempre difficile tenere sottotraccia
l'animo ribelle della Pravo, tanto che nel 1974
posa nuda per la rivista Playboy. E’ la cover del mese di dicembre, solo a luglio un’altra grande artista italiana, aveva posato senza veli:
Loredana Bertè. Patty Bravo, comunque, fa il bis nel 1980.
No al cinema, sì al “Pensiero stupendo”
In quegli anni anche le
proposte cinematografiche la perseguitano: rifiuta un ruolo ne “Il giardino dei Finzi-Contini” di Vittorio De Sica, rifiuta anche “Amarcord” di
Fellini e un film di
Andy Warhol, che si era recato personalmente nella sua casa romana per provare, invano, a convincerla. Dopo le ardue sperimentazioni del disco “Biafra”, inciso con la milanese Ricordi, andato maluccio in termini di vendite, forse troppo sperimentale per il mercato discografico dell'epoca, Patty Pravo si rifugia nuovamente nel pop usato sicuro della RCA che le affida, nel 1977, una canzone scritta da Ivano Fossati e Oscar Prudente dal titolo “Pensiero stupendo”: lei, da un paio d’anni lontana dai riflettori, la presenta con un look glam totalmente rivoluzionato e che farà storia.
La cover di "Pensiero stupendo"
Gli anni Ottanta
Gli anni seguenti sono molto complessi, si butta su album sperimentali di dubbio successo, si trasferisce negli Stati Uniti (bersagliata dalla stampa che la voleva
rovinata da debiti e droghe), sposa il chitarrista John Edward Johnson, ma è ancora legalmente sposata con l'imprenditore Franco Baldieri, per cui dall'Italia arriva l’accusa di
bigamia. Torna in Italia, al Festival di Sanremo, nel 1984 col brano autobiografico “Per una bambola”, che non ottiene un grande successo, a differenza del suo look, che ancora una volta lascia senza fiato il largo pubblico della Rai. Tre anni dopo torna al Festival in quella che sarà probabilmente l'edizione più sfortunata: canta infatti “Pigramente signora”, per la quale viene
accusata di plagio poiché il brano risulta identico a “To the Morning” di Dan Fogelberg, di cui per altro la cantante aveva già registrato un provino in lingua originale.
Dieci festival di Sanremo
Nel 1990 Patty Pravo avrebbe dovuto presentare il brano “
Donna con te” al Festival di Sanremo, ma alla vigilia della manifestazione, nonostante il singolo fosse già pronto, nega la sua presenza, giudicando il
testo volgare e inadeguato al proprio personaggio. “Mi avevate assicurato che si poteva cambiare il testo di questa canzonaccia - dichiara - ora mi dite che non si può fare e allora
fatela cantare a qualcun altro, perché io, questa roba qui, non la canto nemmeno morta”. Cosi il brano passa nelle mani di Anna Oxa, diventando uno dei classici che conosciamo.
Patty Pravo al Festival di Sanremo 1997 (Wikipedia)
Per attendere un ritorno a Sanremo con un ampio consenso di pubblico bisogna aspettare il 1997: il brano si intitola “
...E dimmi che non vuoi morire” e l'ha scritto per lei
Vasco Rossi, facendole toccare forse l'apice assoluto della sua carriera. L’incontro romantico tra i due artisti più disobbedienti della storia del pop italiano (all’epoca il gossip parlava di un flirt tra i due) diventa una delle migliori canzoni mai incise in lingua italiana tanto che vincerà il Premio della Critica Mia Martini. Da lì in poi tornerà più volte al Festival, ma sempre con esiti poco degni di nota rispetto a un'artista che concettualmente e musicalmente risulta fondamentale per la storia della musica italiana, se si esclude il 2016, quando con “
Cieli immensi”, brano scritto da Fortunato Zampaglione e prodotto da Michele Canova Iorfida, si aggiudica ancora il Premio della Critica Mia Martini. L’ultima volta che è salita sul palco dell’Ariston di Sanremo – per il
decimo festival della sua carriera – è nel 2019 quando in coppia con il rapper Briga propone “Un po’ come la vita”, classificandosi 21esima.