Immigrazione, storie vere al cinema: “Si aprono spazi per nuove consapevolezze”

Stefano Di Polito, regista e attivista politico, con i suoi film ha raccontato le varie sfaccettature dell’essere migranti, dai lavoratori indispensabili per il futuro del tessuto sociale italiano ma vittime di razzismo, ai loro figli, discriminati per nomi e colore della pelle

di GUIDO GUIDI GUERRERA
22 gennaio 2025
Stefano Di Polito con i bimbi della scuola media Gabelli di Torino per il set del corto "PIL"

Stefano Di Polito con i bimbi della scuola media Gabelli di Torino per il set del corto "PIL"

Regista e attivista politico, Stefano Di Polito, figlio di operai della Fiat immigrati dal Sud Italia, è vissuto e cresciuto nel quartiere popolare di Mirafiori, nell’hinterland torinese. Un luogo destinato a diventare lo scenario ideale del suo primo film, “Mirafiori Lunapark”, prodotto da Mimmo Calopresti e sostenuto da Rai Cinema. Nel 2019 Di Polito gira il film manifesto sullo Ius Soli “Waiting”, ambientato nelle scuole di Porta Palazzo e presentato in tandem con Save the Children alla Camera dei Deputati.

Dopo quattro anni è la volta di “Le Mille Notti”, ispirato alle novelle “Le Mille e una Notte” e dedicato alle nuove generazioni di italiani con background migratorio: la recita è affidata a un gruppo di attori non professionisti scelti tra gli abitanti del quartiere multiculturale Aurora. Lavoro cinematografico che ha riscosso immediato successo e calorosa accoglienza così come il recente documentario “La Voce di Ventotene”, presentato in anteprima al Parlamento Europeo di Bruxelles.

Accanto all’attività cinematografica, Stefano è ideatore da oltre vent’anni di festival culturali e progetti su diversi temi sociali, a cui si aggiunge adesso l’Associazione Plurale finalizzata alla promozione e alla difesa di una società pluralista grazie all’introduzione di progetti artistici e audiovisivi. Il suo ultimo corto si intitola “PIL”, che parafrasando il famoso acronimo assume per il regista il nuovo significato di ‘Perché Immigrazione (è) Lavoro’. Un’inchiesta che affronta il contrasto tra percezione negativa dell'immigrazione e l’evidente contributo dei migranti sul piano lavorativo nel nostro contemporaneo assetto sociale. “Una visione falsata della realtà – sottolinea Di Polito – che mette in evidenza le ragioni per cui gli immigrati vivano potenzialmente ripetuti episodi di razzismo. La responsabilità va soprattutto addebitata a false campagne di tipo politico e mediatico”.

Il messaggio del docufilm, che si vale delle testimonianze di nove migranti, è finalizzato a ribaltare la tesi dominante del ‘pericolo in casa’, spesso causa di diseguaglianze sociali e di umilianti forme di discriminazione.

La locandina del corto di Stefano Polito "PIL"
La locandina del corto di Stefano Polito "PIL"

Di Polito, cosa intende con l’espressione Pil collegata ai migranti?

“Ho scelto ‘PIL’ come titolo perché l’idea è stata quella di creare uno strumento di contro-narrazione basato su dati certi che mettessero in evidenza il valore dell’immigrazione: per questo ho voluto tradurre l’acronimo PIL in Perché Immigrazione è Lavoro. Un modo per evidenziare come gli immigrati ‘vengano in casa nostra’ per contribuire con il loro lavoro a far crescere il nostro Paese e non sono affatto una minaccia. Va considerato come interi settori dell’economia non potrebbero esistere se non ci fosse quel tipo di lavoratori. Dovrebbe bastare questo dato di fatto per cancellare ogni forma di pregiudizio. Purtroppo, invece, li costringiamo a vivere spesso in situazioni di grande sofferenza: basti pensare che una famiglia su tre vive in povertà assoluta o con un reddito pro capite estremamente basso”.

Perché i protagonisti sono ragazzi di scuole medie, figli di immigrati?

“Il primo dato su cui si basa il documentario svela che il livello di istruzione in Italia è la terza media, per questo ho deciso di far raccontare dalla voce dei figli degli immigrati, con identico livello di istruzione, cosa rappresenta realmente il fenomeno dell’immigrazione. Sono stati ripresi mentre stanno svolgendo una ricerca legata all’argomento. con lo scopo principale di annullare ogni tipo di barriera. Ho scelto come ‘set’, secondo me perfetto, la scuola media Gabelli, in un quartiere multiculturale di Torino.”

Da un gran numero di italiani queste persone sono considerate tutt’altro che una risorsa...

“I dati dicono che per il 55% degli italiani l’immigrazione è un problema. Inoltre, a causa di una percezione distorta, si immagina che gli immigrati siano oltre il 30% della popolazione, mentre rappresentano soltanto il 9%. Una visione falsata che mette in evidenza le ragioni per cui gli immigrati vivano potenzialmente ripetuti episodi di razzismo. La responsabilità va soprattutto addebitata a false campagne di tipo politico e mediatico volte a creare conflitti e a suscitare gratuitamente ondate di odio: bisogna invece con coraggio e onestà spiegare quanto l’apporto degli immigrati sia utile se non vogliamo mettere a rischio il nostro stesso futuro. Non dimentichiamo che la nostra nazione è la più anziana d’Europa, con un’età media di 48,4 anni e un tasso di natalità in costante calo con pesanti ricadute sulla solidità dell’apparato previdenziale”.

Stefano Polito
Stefano Polito

Come considerano il nostro Paese?

“Non mancano di accorgersi quanto il clima politico nazionale degli ultimi anni sia cambiato, perciò temono che i loro figli possano avere ripetute difficoltà arrivando a soffrire di episodi di discriminazione per il colore della loro pelle, per i nomi che portano e per l’accento con cui parlano italiano. Sentono che l’Italia è il Paese in cui hanno ripiantato le loro radici, ma sanno anche che tanti giovani potrebbero lasciare il nostro Paese per trasferirsi in altre nazioni dove sono sicuri di non correre il rischio di essere discriminati”.

Quale dei suoi lavori reputa maggiormente rappresentativo del suo impegno sociale?

“Non riesco a separare l’impegno sociale dall’arte, linguaggio ideale per parlare alle coscienze e davvero utile a provocare dei cambiamenti per quanto piccoli. I miei film nascono sempre coinvolgendo il territorio per cercare di dare voce a chi non ne ha e avrebbe invece tante cose da raccontare. Per questo nelle mie tre opere ho voluto evidenziare le diverse sfaccettature dell’immigrazione cercando di fondere storie di immigrazione del passato con quelle di oggi, ponendo l’accento su quanto l’uomo sia assai lento nel cambiare e nell’evolvere. Proprio in un film intitolato ‘Le Mille Notti’ ho cercato di dimostrare in che modo la narrazione possa salvare le persone così come era capitato a Sheradzade e a Dinnerzade, famose protagoniste di quel libro.”

Ha un aneddoto da raccontare legato a una storia per lei significativa?

“Non ho una storia in particolare, ma certe, indimenticabili, sensazioni me le porto dentro. Proprio mentre stavo lavorando a ‘PIL’ mi è capitato di incontrare per caso i protagonisti del film sull’autobus, al mercato, per strada, nei bar o di ricevere le loro telefonate: questo mi ha aiutato a trovare risposte sul significato del film, perché quegli inviti alla loro quotidianità equivalevano alla richiesta di esseri visti e ascoltati per uscire dall’anonimato e dall’indifferenza”.

Di Polito ha collaborato con Save The Children per il film manifesto sullo Ius Soli "Waiting"
Di Polito ha collaborato con Save The Children per il film manifesto sullo Ius Soli "Waiting"

Se un giorno dovesse fare il film dei suoi sogni, quale storia le piacerebbe raccontare?

“Ho già realizzato un film dei miei sogni, ‘Mirafiori Lunapark’, in cui raccontavo l’occupazione di una vecchia fabbrica abbandonata da parte di tre pensionati Fiat (interpretati da Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli) allo scopo di farne un lunapark per i loro nipotini. Era nato dal desiderio di raccontare il mondo operaio visto con i miei occhi di figlio di immigrati dal Sud, una specie di favola politica che potesse denunciare con dolcezza e tenerezza il declino di un’era politica e culturale. Nel film ‘Waiting’ sullo Ius Soli, alcuni bambini cercano invece di far ripartire l’orologio di una torretta da anni fermo, affacciato sul mercato di Porta Palazzo, per garantirsi un futuro migliore.”

Si augura che il suo cinema riesca a muovere le coscienze ispirando finalmente una più profonda sensibilità?

“Sono convinto che il cinema possa muovere le coscienze contribuendo ad avvicinare le persone alla politica. Mi piace commuovere lo spettatore creando spazi aperti a nuove consapevolezze per il fatto che non riuscirei mai a dedicare tempo e passione a qualcosa privo di utilità o che sia soltanto mero esercizio estetico. Cerco perciò di attingere innanzitutto dalla mia coscienza, mentre spero che il mio stesso lavoro operi ogni volta quella piccola trasformazione in grado di migliorarmi. Se questo piccolo miracolo accade, allora è probabile che possa succedere anche in chi vede i miei film.”