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Pinkwashing, cos’è? Elena Cecchettin contro il siparietto da “baci Perugina” a Sanremo

La sorella di Giulia Cecchettin critica l'intervento del cast di Mare Fuori all'Ariston con “le nuove parole dell’amore” contro la violenza di genere

9 febbraio 2024
Elena Cecchettin

Elena Cecchettin

Femminismo a Sanremo? “Le frasi ascoltate ieri su quel palco sono roba da baci Perugina”. Implacabile come solo chi ha provato un dolore che non si può raccontare, chi ha perso una sorella in un modo atroce, uccisa a coltellate da un uomo, può essere. Elena Cecchettin, non le manda certo a dire: da quando sua sorella minore Giulia è diventata ‘il caso’ nazionale di femminicidio, circa tre mesi fa, quando l’ex fidanzato Filippo Turetta l’ha assassinata e ha poi tentato la fuga dopo aver abbandonato il corpo, Elena non è mai stata zitta, non ha lasciato che gli altri parlassero per lei del tema violenza sulle donne.  

“Siparietto intriso di pinkwashing, roba da baci Perugina”

In ogni occasione ha messo in chiaro come stavano le cose, quanto il fenomeno fosse sociale, strutturale. È per questo che quando ha sentito (o letto) l’esibizione degli attori della serie Mare Fuori sulle parole del giovane scrittore Matteo Bussola, nella (tarda) seconda serata del Festival di Sanremo, Cecchettin ha ripreso la parola e dai social ha detto la sua: “E soprattutto sono frasi sull'amore. Ma l'amore non ha nulla a che vedere con la violenza maschile contro le donne”.

Elena Cecchettin, la sorella Giulia e Amadeus
Elena Cecchettin, la sorella Giulia e Amadeus

Non le va giù, quel glossario recitato e interpretato a Sanremo che rimane tanto ‘spettacolo di facciata’ e poco concreto, vuoto di contenuto, e semmai pieno di slogan che tornano sul tema in maniera sterile. E allora lo fa presente. E si inserisce con voce autorevole in un dibattito fatto di sostenitori e polemici, di persone che hanno ritenuto quello spettacolo come necessario, azzeccato per il contesto e il momento storico, e chi invece non vi ha visto altro che l’ennesima occasione persa facendo raccontare a un uomo cosa significhi la violenza sulle donne. 

Condividendo sui social il post - dello stesso tenore - della scrittrice Carlotta Vagnoli, nel quale l’autrice e attivista toscana aveva definito “un siparietto intriso di pinkwashing” l'intervento degli attori di Mare Fuori, Elena Cecchettin scrive: "Le vittime di femminicidio e le sopravvissute se ne fanno poco. Sul serio non si poteva fare di meglio?". Una domanda che si pone via Instagram, destinata inevitabilmente a finire sui quotidiani di informazione – altrimenti perché anche noi ne staremmo scrivendo? – dove crea dibattito.

Cos’è il pinkwashing

Ma a cosa si riferiscono le due parlando di Pinkwashing? Composta da dalla crasi tra "pink", che in inglese indica il colore rosa (generalmente associato al mondo delle donne) e "whitewashing", imbiancare o nascondere, questa formula indica la pratica di promuovere un prodotto, un ente o un servizio apparente in segno di impegno nell'emancipazione femminile o, più in generale, di veicolare l’immagine di realtà impegnata sui temi del rispetto, dell’uguaglianza, dell’inclusione e della parità di genere pur in mancanza di politiche concrete o essendo stati in passato protagonisti di vicende controverse.

Questa parola, infatti, è apparsa per la prima volta quando l’ha usata nel 2002, la Breast Cancer Action, un’associazione statunitense che si occupa di lotta al cancro al seno, per identificare le imprese che fingevano di sostenere le persone malate di questo tumore, guadagnando invece dalla loro malattia. Notando l’aumento esponenziale di prodotti in edizione limitata con impresso il pink ribbon, simbolo della lotta a questo tumore, specie in occasione di giornate o mesi dedicati alla prevenzione, diede questa definizione: 

È pinkwasher un’ “organizzazione o compagnia che sostiene di avere a cuore la lotta al tumore al seno e per questo promuove prodotti con il fiocchetto rosa, ma allo stesso tempo produce e/o vende prodotti che contengono sostanze chimiche connesse alla malattia”.

Il direttore artistico di Sanremo risponde così alla giovane che ha bollato l'intervento contro la violenza degli attori di Mare Fuori come 'siparietto’. “Non sarà invitata sul palco. E non la chiamerò – aggiunge senza cattiveria – chiami qualcuno quando ti devi scusare, ma non quando non ti devi scusare”, ha spiegato. Giustamente, aggiungeremmo. 

La replica della produzione  

Il cast di "Mare fuori" a Sanremo
Il cast di "Mare fuori" a Sanremo

Roberto Sessa di Picomedia, che è coproduttore con Rai Fiction della serie evento Mare Fuori, la cui quarta stagione andrà in onda su Raidue dal 14 febbraio, replica alle critiche di Elena Cecchettin: “È stata una proposta degli autori di Sanremo che abbiamo trovato interessante e condiviso”, ha detto all'Ansa. Nella seconda serata del festival otto popolari attori della fiction hanno detto a testa otto parole, “il nuovo alfabeto dell'amore”: Matteo Paolillo, Giovanna Sannino, Domenico Cuomo, Yeva Saia, Antonio d'Aquino, Francesco Panarella, Massimiliano Caiazzo e Maria Esposito.

Un'idea televisiva degli autori del festival, che hanno affidato allo scrittore veronese Matteo Bussola, autore del best seller “Notti in bianco, baci a colazione”, il glossario. Sul palco gli attori, con i vocaboli dietro che si illuminavano, una maniera di affrontare un tema sociale di cui c'è bisogno di parlare sotto ogni angolatura, anche quella delle parole corrette dell'amore e che purtroppo non è risolutiva per fermare i femminicidi, come null'altro del resto potrebbe, spiegano gli autori. 

I popolari protagonisti di Mare Fuori hanno interpretato questi termini sul palco dell'Ariston con emozione e semplicità, rivolgendosi a quel target di giovani che è diventato il motore del successo del festival. Per Cecchettin – il cui dolore non è neppure immaginabile – una “roba da baci perugina”.

Amadeus: “A me è piaciuto”

Ovviamente, la polemica – a quante siamo quest’anno? – arriva alle orecchie di Amadeus. “Esprimo il massimo dolore per quello che è accaduto a Elena Cecchettin e alla sua famiglia. E rispetto il suo parere, ma secondo me l'intervento di Mare Fuori è stato bello”.

Il direttore artistico risponde così alla giovane che ha bollato l'intervento contro la violenza degli attori di Mare Fuori come 'siparietto’. “Non sarà invitata sul palco. E non la chiamerò – conclude senza alcuna cattiveria – chiami qualcuno quando ti devi scusare, ma non quando non devi”. Beh, come dargli torto, i gusti sono gusti. Ma sicuramente potrebbe essere uno spunto agli autori per il prossimo anno: invece che affidare un tema così delicato e scottante ad attori, per quanto bravi e attenti, potrebbero invitare chi, con il fenomeno della violenza di genere, è rimasto scottato sulla propria pelle.