Sanremo 2025, vincitore e podio: perché il maschilismo non c’entra nulla

Olly, Lucio Corsi e Brunori Sas hanno in comune una identità che li rende unici. Nessun complotto, nessuno scandalo sciovinista. Solo discografia. Il che fa decisamente più male perché racconta di un sistema che non funziona

di CRISTIANA MARIANI
16 febbraio 2025
Il vincitore di Sanremo 2025 Olly e il secondo classificato Lucio Corsi sul palco del Festival dopo la proclamazione (Ansa)

Il vincitore di Sanremo 2025 Olly e il secondo classificato Lucio Corsi sul palco del Festival dopo la proclamazione (Ansa)

Olly vince il Festival di Sanremo 2025 con il brano “Balorda nostalgia”, secondo Lucio Corsi con “Volevo essere un duro”, terzo Brunori Sas con “L’albero delle noci”. Quarto Fedez con “Battito” e quinto in classifica Simone Cristicchi con “Quando sarai piccola”. Nessuna donna nelle prime cinque posizioni del Festival di Sanremo, orrore orrore. E subito a gridare al maschilismo. Che non c’entra nulla. Nessun complotto, nessuno scandalo sciovinista. Solo discografia.

Il che fa decisamente più male perché racconta di un sistema che non funziona.

Il ragionamento è presto fatto e, peraltro, condiviso anche da diversi addetti ai lavori. Nel momento in cui al Festival di Sanremo arrivano soltanto quattro artiste con quattro brani non sovrapponibili ad altri – “La cura per me” di Giorgia, “Se t’innamori muori” di Noemi, Joan Thiele con “Eco” e “Fango in paradiso” di Francesca Michielin – è chiaro che già le possibilità di vittoria si riducono per il genere femminile. Se poi pensiamo al televoto, che fa gara a parte, ecco che Noemi, Joan Thiele e Francesca Michielin sono già fuori. Giorgia solo sesta in classifica al Festival di Sanremo 2025 con “La cura per me” è un’eresia, una macchia che mai andrà via nella storia della musica italiana e di questa manifestazione.

Elodie con “Dimenticarsi alle 7”, Sarah Toscano con “Amarcord”, Rose Villain con “Fuorilegge” e Clara con “Febbre” non sono identitarie. Clara e Rose Villain, ad esempio, per i personaggi che sono e i brani che hanno portato avrebbero tranquillamente potuto scambiarsi le canzoni. E farlo anche con Elodie e Sarah Toscano e viceversa. “La cura per me” di Giorgia invece non è scambiabile. Ma è una canzone, una sola.

Il lato maschile, invece, ha previsto proposte molto più caratteristiche e identitarie: il quintetto finale ne è un esempio lampante.

Quindi la riflessione è: davvero c’entrano maschilismo e patriarcato oppure semplicemente una proposta musicale abbastanza piatta e con pochissimi guizzi? Altra riflessione da fare obbligatoriamente: il problema sono pubblico e addetti ai lavori maschilisti o l’industria discografica incapaci di proporre qualcosa di realmente diverso?