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“Tatami”, un film di coraggio e resilienza per mettere al tappeto il regime

Per la prima volta una produzione con coregia fra un israeliano, Guy Nattiv, e un’iraniana, l’attrice esule in Francia Zar Amir Ebrahimi. Girato in segreto in Georgia, racconta l’incontro tra due atlete al campionato mondiale di judo

di GIOVANNI BOGANI -
4 aprile 2024
Le due atlete protagoniste di "Tatami"

Le due atlete protagoniste di "Tatami"

Esce oggi, nelle sale italiane, “Tatami”. È un piccolo grande film di coraggio, determinazione, resilienza, riscatto. È un film che ti mette al tappeto: lì, sul tatami del titolo. Presentato lo scorso settembre alla Mostra del cinema di Venezia, è un film che, già nella persona dei due registi, fa la Storia. È la prima co-regia fra un israeliano, Guy Nattiv – premio Oscar per il cortometraggio “Skin” – e l’attrice e produttrice esule iraniana Zar Amir Ebrahimi, che è anche coprotagonista del film.

La trama di “Tatami”

Di che cosa parla? Di un campionato mondiale di judo. Di una atleta della Nazionale iraniana, alla quale viene imposto, dal governo della Repubblica islamica di Teheran, di fingere un infortunio, di ritirarsi dal campionato, dal sogno della sua vita di atleta. Perché? Per non rischiare di incontrare l’atleta israeliana. Le due atlete, che si conoscono – e si salutano tranquillamente, negli spogliatoi – a suon di vittorie stanno entrando pericolosamente in rotta di collisione nel tabellone. Rischiano di affrontarsi, magari in semifinale. E un’atleta iraniana non deve toccare un’atleta israeliana. Figuriamoci rischiare di essere sconfitta da quest’ultima.

Un atto di accusa contro il regime

Una scena di "Tatami"
Una scena di "Tatami"

In Iran, persino pronunciare la parola “Israele” è proibito. E l’ostilità fra i due Paesi è reciproca: Israele e Iran si definiscono a vicenda “Il grande Satana”. “Tatami” allora racconta lo sgomento, il disagio, le scelte e i dubbi, il coraggio e la paura della protagonista, interpretata da Arienne Mandi, brava attrice americana originaria della Repubblica islamica. E, con lei, i dubbi e le angosce ancora più grandi della sua allenatrice, interpretata dalla stessa Zar Amir Ebrahimi, regista e sceneggiatrice del film. Lei, l’allenatrice, si è già piegata al volere del regime, anni prima. Ha chinato la testa, ha accettato il suo falso incidente…

Girato in segreto a Tbilisi, in Georgia, “Tatami” è un atto di accusa verso il regime iraniano, ed è un grande canto di amore per la forza delle donne. Quando è stato presentato a Venezia, c’erano applausi e lacrime alla fine della proiezione.

La storia della regista Zar Amir Ebrahimi

Ebrahimi, coregista della pellicola, ha a sua volta una storia che è a suo modo un film. Anni fa, era un’attrice molto nota in Iran. Un suo collega, per dispetto o chissà per quale motivo, ha diffuso sui social un video intimo che ritraeva Zar Amir insieme al suo fidanzato. Beh, l’attore non ha subito conseguenze. Ma lei è stata mandata a processo, la sua immagine è stata cancellata dalle serie televisive e dai film a cui stava lavorando, le è stato proibito di recitare. E nel processo che la attendeva rischiava colpi di frusta e anni di prigione. Il giorno del processo, ha preso un aereo per Parigi, ha ricominciato da zero in Francia. E da esule, ha interpretato il film “Holy Spider” di Ali Abbasi, che le è valso, nel 2022, la Palma d’oro a Cannes come miglior attrice. Il ministero iraniano della cultura, in quella occasione, ha definito “insultante” il premio consegnatole, e la donna ha ricevuto centinaia di messaggi di insulti e minacce.

La co-regista Zar Amir Ebrahimi
La co-regista Zar Amir Ebrahimi

Fuori dal suo Paese, Ebrahimi non ha mai smesso di fare sentire la sua voce. E si è fatta sostenitrice e portavoce, sui social, delle proteste contro il regime iraniano seguite alla morte di Mahsa Amini, la ragazza curda iraniana massacrata dalla polizia per aver indossato in modo “non conforme” il velo, e morta in seguito alle percosse. Nel film “Tatami”, una scena mostra un gesto che ha un forte significato simbolico. Durante un combattimento, la protagonista è in debito di ossigeno: riceve un intervento medico, non riesce quasi più a respirare. Torna a combattere: ma si toglie l’hijab, il velo di fascia elastica che le comprime la testa. Per un attimo, i capelli si liberano. E si libera anche lei.