La scena di violenza sessuale di “Ultimo tango a Parigi”. A Cannes il film su Maria Schneider e le accuse a Bertolucci

Fu l’unico film italiano condannato al rogo nel ‘76, poi riabilitato dalla critica. Quella scena di violenza sessuale non prevista nel copione sconvolse una giovanissima Maria Schneider. Un’esperienza raccontata oggi dalla regista Jessica Palud

di GIOVANNI BOGANI
15 maggio 2024
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A Cannes, mentre torna il dibattito sulle molestie e sui comportamenti non appropriati sul set – con la presentazione, nella sezione Un certain regard, del cortometraggio “Moi aussi” di Judith Godrèche sulle violenze sessuali, che raccoglie testimonianze di vittime raccolte dall’attrice, portabandiera della lotta contro le violenze sessuali al cinema – arriva il film su Maria Schneider, la protagonista, e forse in molti modi la vittima, del film “Ultimo tango a Parigi”.

Il film dello scandalo

Il film, ricordiamolo, è considerato da sempre uno dei capolavori di Bernardo Bertolucci, ma è anche un’opera molto discussa. Alla sua uscita, suscitò scandalo e provocò, per le sue numerose scene di sesso. In particolare, per una scena di sesso anale in cui il personaggio interpretato da Marlon Brando sodomizza la Schneider.

Il film ebbe un enorme successo di pubblico alla sua uscita, nel 1972. Ma immediatamente iniziarono i problemi giudiziari. Il processo, con varie fasi, culminò nella “condanna al rogo” del film. Ne fu poi proibita la visione, nel 1976, con la condanna alla distruzione della pellicola. Il regista fu condannato a quattro mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per offesa al comune senso del pudore. Nel 1987, la censura riabilitò il film, che tornò nelle sale e divenne il più grande incasso di sempre del cinema italiano, fino all’apparire de “La vita è bella” di Roberto Benigni.

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La verità di Maria Schneider

Ora, di questo film viene raccontata la versione di Maria Schneider. “Maria” è il titolo del film, diretto da Jessica Palud, che sarà presentato ufficialmente a Cannes Première la settimana prossima. La sceneggiatura è tratta dal libro di Vanessa Schneider, cugina dell’attrice, scomparsa nel 2011 dopo una vita segnata da abusi di droga e di alcol, ricoveri in ospedali psichiatrici. Una vita che, dopo quel film che interpretò ad appena vent’anni, non si è più ripresa.

“Il libro si avvicina a Maria attraverso il prisma dell’intimità”, dice Jessica Palud. “Io ho cercato di concentrarmi su Maria, di essere nel suo sguardo, di viaggiare insieme a lei”. Maria è interpretata, nel film, da Annamaria Vartolomei, già protagonista del film “L’évènement” di Audrey Diwan, Leone d’oro a Venezia 2021.

Il film mette in scena l’incontro fra la giovane Maria Schneider e Bertolucci: quando avvenne, in un caffè parigino, la Schneider non aveva ancora vent’anni. Bertolucci cercava una bellezza pura e fragile da contrapporre ad una leggenda del cinema come Marlon Brando. Che, nel film, è interpretato da Matt Dillon. Il film è solidale con i sentimenti di Maria Schneider, anche e soprattutto in quella famosa scena, non prevista in sceneggiatura, o prevista soltanto in modo vago: quando, su suggerimento di Marlon Brando, la scena diventa quella di un rapporto di sodomia violento e inaspettato.

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La regista ha girato di nuovo quella scena, con Annamaria Vartolomei e Matt Dillon, ma questa volta con un intimacy coach, e con una controfigura, nel caso l’attrice ne avesse avuto bisogno. “Quello che accadde, nel film originale, fu un’aggressione fisica davanti a tutti, nel silenzio della troupe” dice la regista. Bertolucci, che è scomparso nel 2018, riconobbe di essersi comportato in modo inappropriato: “Ho agito in un modo orribile con Maria, perché non le ho spiegato cosa sarebbe successo”. Lo fece scientemente, per avere una sua reazione più “genuina”, più vera. Ma a quale prezzo, per la salute mentale di Maria Schneider.

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Oltre il set

Le accuse della Schneider contro Bertolucci sono state raccolte in un documentario prima della sua morte. Ma sono spesso state denigrate e sminuite, con commenti sulla presunta fragilità psicologica dell’attrice. “Io non cerco di accusare, di giudicare, ma di offrire un ritratto di questa società attraverso la prospettiva di Maria Schneider” dice la regista.

Bertolucci disse che “a volte nei film per ottenere una certa reazione bisogna essere liberi”. I tempi sono cambiati. Ma gli abusi riaffiorano, nei ricordi, nelle testimonianze, nel dibattito pubblico. Quelli del passato lontano e quelli del passato più vicino. Un film come “Maria” aiuta a non dimenticare.