Romelu Lukaku è stato
nuovamente coinvolto in
episodi di razzismo. In occasione della prima semifinale d'andata tra Juventus e Inter, valida per l'accesso alla finale di Coppa Italia, le tifoserie italiane si sono macchiate di intolleranza razziale. L'attaccante nerazzurro, 29 anni, è stato chiamato, al
95', a battere il rigore decisivo per siglare un eventuale pareggio. Durante l'esecuzione, però, il calciatore è stato ancora
bersaglio di cori e insulti. La sua esultanza, rivolta ai tifosi che lo avevano discriminato, è stata punita dall'arbitro Massa con il secondo cartellino giallo, provocandone l'espulsione.
Lukaku al momento dell'espulsione (ANSA)
La denuncia della sua agenzia
I fatti sono stati denunciati su Instagram da
Michael Yormark, presidente di
Roc Nation Sports International che da anni gestisce l'immagine del calciatore belga. "Romelu merita delle scuse da parte della Juventus e mi aspetto che la Lega condanni immediatamente il comportamenti di questo gruppo di tifosi della Juventus. Le autorità italiane devono sfruttare questa opportunità per affrontare il razzismo, piuttosto che punire la vittima dell'abuso. Sono certo che il mondo del calcio condivide lo stesso sentimento". Così il suo agente, che oltre a richiedere pene severe per gli autori del gesto lancia l'ennesimo
appello alla creazione di un
fronte unito contro il razzismo negli stadi italiani.
Razzismo negli stadi, un fenomeno che non conosce fine
L'episodio occorso durante la partita tra
Juventus e Inter è solo uno degli
innumerevoli casi di intolleranza nelle curve italiane. Il movimento calcistico, chiamato da anni a fronteggiare il problema delle
discriminazioni sessiste e razziali, non ha mai affrontato la realtà dei fatti con la risolutezza necessaria per estirparlo definitivamente, nonostante alcune
iniziative sociali.
Lukaku, Maignan, Balotelli, sono solo alcuni dei calciatori colpiti dalle offese e dagli
ululati provenienti dalle tifoserie avversarie, incapaci di limitarsi al sostegno della propria squadra. Un
problema sociale che si riflette troppo spesso sui campi da calcio, luoghi nei quali dovrebbero essere il
rispetto e la
competizione i sentimenti dominanti, e non
l'odio e la
discriminazione.