Nella storia dello sport dell’automobile – ma non solo – il nome di Maria Grazia Lombardi, per tutti Lella (1941-1992), è inciso in modo indelebile visto che il suo record è invitto da 50 anni: il 27 aprile 1975 sul circuito del Montjuich a Barcellona nel campionato mondiale di Formula 1 conquistò mezzo punto classificandosi sesta al termine di una gara rocambolesca e interrotta prima della fine e fu la prima e unica donna finora a farlo.
La ragazza che batteva i maschi
Anche una delle poche a correre sulle monoposto scontrandosi con piloti del calibro di Lauda, Fittipaldi, Mass, Schekter, Peterson e via dicendo. Disputò alla fine 12 Gran premi contro i tre della donna che l’aveva preceduta, un’altra italiana, Maria Teresa De Filippis. Da allora solo altre tre l’hanno fatto e con numeri ancor più limitati: Divina Galica, Desirée Wilson e una terza italiana, Giovanna Amati: dal 1992 più nessuna.
Un libro per una vita straordinaria
La storia di questa persona speciale è ora un libro appena arrivato sugli scaffali scritto da Giacomo Arosio e pubblicato da Minerva: “Lella Lombardi. Un pilota, una donna” (20 pagine, 19 euro, ampio corredo fotografico in bianco e nero e a colori), nel quale la protagonista “è un grandissimo esempio di forza di volontà che travalica lo sport dell’automobile e diventa un esempio universale”, come ci dice l’autore che è un appassionato dell’automobilismo “dell’età dell’oro”, quello degli anni Sessanta-Settanta raccontatogli dal padre e sul quale poi ha studiato per pubblicare prima di questo un libro su un altro underdog, Giancarlo Baghetti, anche lui con un record alle spalle: quello di avere vinto il suo Gran premio d’esordio.
“Sono un pilota”
Arosio racconta la vita determinata ma purtroppo breve di Lella (un cancro se l’è portata via a soli 51 anni) che ha raggiunto l’apoteosi con il piazzamento in Spagna e con la partecipazione agli altri Gran premi della categoria maggiore, ma che ha vinto molto anche nelle formule minori (F3 e 5000) e poi nelle Sportscar, nelle Turismo, nel mondiale marche, nei prototipi, nelle gare di durata: in tutte queste discipline con il suo eclettismo rappresentava con grande determinazione il suo essere donna in un mondo di uomini ma nel quale difendeva la sua volontà di essere definita “un” pilota disdegnando l’articolo una e il termine con cui molti dei suoi avversari la definivano e che lei rifuggiva come la peste: pilotessa.
Amicizie e rivalità in pista e fuori
Si può dire che fra i colleghi avesse un solo grande amico, Vittorio Brambilla. “Le foto di loro due assieme sono interessanti – spiega Arosio – e dimostrano un’amicizia sincera e anche una diversità notevole: lui un muscoloso uomo che proveniva da una officina, lei minuta e graziosa. Ma entrambi con un comun denominatore molto importante: erano ottimi collaudatori”.
Una amicizia però profonda e Lella fu infinitamente felice che nello stesso 1975 fosse in gara sulla pista di Zeltweg in Austria quando il suo amico Vittorio vinse – davanti a James Hunt – la sua unica gara, anche quella – altra coincidenza – turbolenta, nervosa, corsa sotto il diluvio e fermata prima della fine: come Lella in Spagna anch’egli ebbe la metà dei punti. Quel giorno lei arrivò comunque alla fine, diciassettesima. Il libro racconta la storia di Lella attraverso cronache, ricordi, testimonianze, interviste e un’ampia sezione fotografica.
Lombardi era una donna misurata, sincera: parlava poco e voleva che fossero i risultati in pista a parlare per lei. È la storia di una passione senza fine: quando scese dall’abitacolo continuò nel mondo delle corse con una propria scuderia e forgiando giovani piloti, sperando anche di fare sì che le donne fossero sdoganate in un mondo maschilista, nel quale la stragrande maggioranza degli uomini suoi concorrenti reagivano con imbarazzo e fastidio quando si accorgevano che la presenza di “un pilota” donna non era folclore né colore, ma soltanto un avversario vero che molto spesso stava loro davanti.
L’amore per Fiorenza
La alessandrina Lella era in tutto una precorritrice dei tempi: non solo nella sua passione che diventò mestiere e che a 13 anni la vedeva già alla guida di un’auto; quando negli anni Sessanta la omosessualità era ancora un tabù, lei lo era con determinazione e la sua storia d’amore con Fiorenza l’ha portata avanti fino all’ultimo giorno, con discrezione, senza ostentazioni, al di fuori di ogni convenzione.
Una situazione che nel libro è accennata senza indugiarci sopra. “Secondo le testimonianze che ho raccolto – dice ancora l’autore – la gente non era molto interessata alla dimensione della vita privata di Lella. Il suo aspetto preponderante è la tenacia e la passione per il suo sport”. E d’altronde la frase simbolo che pronunciava Lella era proprio tutta incentrata sulla forza di volontà, non su ribellione a pregiudizi del tempo. “La forza che mi spinge – diceva - si chiama passione. Io mi realizzo dentro l’abitacolo di una macchina da corsa: la mia è stata una scelta della quale non mi pentirò mai”. Semmai si può pentire la società che dopo l’esempio di Lella non è riuscita a produrre una serie di sue epigone e la Formula 1 è rimasta saldamente in mano agli uomini. Maria Grazia da lassù pensa sicuramente che sia una discriminazione.