Le donne italiane sono più istruite degli uomini, eppure sono meno pagate, meno rappresentate e meno stimate. Le donne italiane svolgono più mansioni sociali degli uomini, eppure hanno meno lavoro, meno tempo libero e occupano posizioni di minore rilievo. In sintesi, la parte femminile della società è ancora
discriminata da quella maschile: questo era vero 15 anni fa ed è vero anche oggi. Tuttavia, le cose stanno migliorando. Lentamente, ma stanno migliorando. Dal 2007, è cresciuto il numero di donne che lavorano e che studiano: ci sono più scienziate, più magistrate, più dirigenti, più deputate, più ministre.
Questi cambiamenti si riflettono anche nella rappresentazione femminile che ritroviamo nei media e nella cultura: il potere politico delle grandi leader è sempre più slegato dalla sua versione più virile e i giovani rifuggono dagli stereotipi di mascolinità tossica perpetrati per decenni. La strada, comunque, è lunga. Nella classifica sulla parità di genere pubblicata ogni anno nel
Global Gender Gap Report, l’Italia è 63esima su 146 posizioni. Nell’Unione europea, è l’unico Paese insieme alla Romania con un tasso di partecipazione al lavoro delle donne inferiore del 70 per cento rispetto agli uomini. Su dieci lavoratori, ci sono meno di sette lavoratrici.
Disparità di genere nel mondo del lavoro
Negli ultimi 15 anni la percentuale di donne che lavorano è passata dal 50 al 56 per cento. Gli uomini sono il 75 per cento. La crescita di lavoratrici è stata più bassa rispetto a quella della maggior parte dei Paesi occidentali.
La mancanza di un lavoro e quindi di indipendenza economica pone molte donne in una condizione di subordinazione rispetto ai mariti o ai compagni. In casi estremi, questo può evolvere in forme di violenza economica che compromettono le possibilità di libertà ed emancipazione. La presidente dell’Unione nazionale vittime di violenza, Paola Rafaelli, spiega che in molti casi “il primo obiettivo è riuscire a dare un aiuto economico o un lavoro a queste donne, perché spesso vengono emarginate dopo aver subito violenze. Una donna indipendente – soprattutto dall’ambito familiare – non viene sottomessa”. Qui va detto, ad esempio, che solo l’83 per cento delle italiane hanno un conto corrente, contro il 92 per cento degli uomini.
La disparità nell’occupazione si riflette anche nella ricerca di lavoro. Negli ultimi 15 anni, il tasso disoccupazione femminile è sempre stato di 2-5 punti inferiore a quello maschile. Questo significa che le donne che cercano un lavoro fanno più fatica a trovarlo.
Lavoro pagato meno e lavoro non pagato
Le donne italiane non hanno soltanto un salario inferiore, a parità di mansioni, rispetto agli uomini, ma faticano due volte: prima al lavoro, poi a casa. E questo nonostante siano mediamente le più istruite del mondo. L’Italia è prima in classifica per numero di donne iscritte all’università: il 76 per cento delle ragazze in età universitarie studiano, contro il 57 per cento dei maschi. Eppure, anche se studiano di più, sono pagate di meno: oggi i divario è del 16 per cento. Questo significa, in pratica, che rispetto ai colleghi maschi è come se una donna lavorasse due mesi gratuitamente. Questo differenziale retributivo, nel 2007, era del 23 per cento. La cose sono migliorate, ma anche qui, il miglioramento è inferiore a quello registrato nella maggior parte degli altri Paesi europei. A questa situazione si aggiunge l’enorme molte di lavoro domestico che ancora ricade soprattutto sulle donne. La cura dei figli, dei compagni, dei mariti, degli anziani, della casa: mediamente, il 61 per cento del tempo libero femminile è dedicato a questa mansioni. Gli uomini ci dedicano appena il 23 per cento.
La dinamica domestica e quella lavorativa sono profondamente correlate. Come si legge nel Global Gender Gap Repor “l'andamento sproporzionatamente negativo del mercato del lavoro per le donne può essere spiegato […] anche dall'onere dell'assistenza che ricade in modo sproporzionato sulle donne”. Senza sufficiente strutture di supporto come asili nido e doposcuola, il carico di lavoro sulle donne aumenta riducendo le possibilità di lavoro, con crescenti disparità.
La disparità di genere in politica
La politica è forse il settore in cui le cose negli ultimi 15 anni sono migliorate di più. Nelle ultime quattro legislature le donne parlamentari sono passate dal 17, al 21, al 31, fino al 36 per cento: il doppio.
Nel governo la disparità è anche minore. Dal 2007 la quota di donne di donne in posizioni ministeriali è più che triplicata, benché l’andamento sia altalenante, anche a causa della cronica instabilità degli esecutivi italiani. Le donne ministre erano l’8 per cento nel quarto governo Berlusconi del 2007 e oggi sono il 36 per cento.
Ma se non bastano i dati, è un fatto storico a riflettere questa tendenza. Per la prima volta nella storia italiana, maggioranza e opposizione sono rappresentate da due donne: la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. Nel muro di disuguaglianze che separa uomini e donne italiane la crepa si allarga ogni giorni di più.