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Ursula von der Leyen tira le orecchie ai Paesi dell'Ue: "No è No"

È indicativo che la presidente della Commissione europea, Von der Leyen, abbia voluto iniziare il discorso sullo stato dell'Unione parlando di violenza di genere

di CATERINA CECCUTI -
16 settembre 2023
Ursula von der Leyen

Ursula von der Leyen

È dedicato ai diritti di genere, alla parità salariale e alla violenza contro le donne e domestica l'incipit del discorso che la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha fatto in occasione dello Stato dell'Unione 2023. “Voglio ringraziarvi per il lavoro rivoluzionario e innovativo che abbiamo svolto in tema di parità di genere – commenta rivolgendosi alla platea dei parlamentari europei-, un risultato che, come donna, significa molto per me. Abbiamo portato a compimento alcuni dossier che molti pensavano sarebbero rimasti per sempre in stallo, come la direttiva sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione e la storica adesione dell'UE alla Convenzione di Istanbul”.

Cos'è la Convenzione di Istanbul

Von der Leyen parla con orgoglio del trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile del 2011, attraverso il quale il nostro continente ha inteso infiammare l'attenzione sui temi della prevenzione degli episodi di violenza e sulla protezione delle vittime, ma ha anche stretto la morsa attorno all'impunità dei colpevoli. A ratificare la propria adesione sono stati 45 Paesi, tra cui l'Italia il 19 giugno del 2013. Ma vediamo di cosa si tratta nel dettaglio. La Convenzione è il primo trattato internazionale a contenere una definizione di genere. Nell'art. 3 il genere è definito come "ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini", e stabilisce di conseguenza una serie di delitti caratterizzati da violenza contro le donne. Gli Stati aderenti sono tenuti ad includerli nei loro codici penali o in altre forme di legislazione ed inserirli – se non sono già presenti - nei propri ordinamenti giuridici.
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Da gennaio a oggi sono 80 le donne uccise in Italia nel 2023

Per i trasgressori, i reati previsti dalla Convenzione sono: la violenza psicologica (art. 33); gli atti persecutori - stalking (art. 34); la violenza fisica (art. 35), la violenza sessuale (art. 36); il matrimonio forzato (art. 37); le mutilazioni genitali femminili (art. 38), l'aborto forzato e la sterilizzazione forzata (art. 39), oltre le molestie sessuali (art. 40). All'articolo 3 si trovano alcune importanti definizioni, come quella relativa alla “violenza contro le donne": “Violenza dei diritti umani, una forma di discriminazione nei confronti delle donne e si intendono tutti gli atti di violazione di genere che determinano o sono suscettibili di provocare danno fisico, sessuale, psicologico o economico o una sofferenza alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica o privata”. "Violenza domestica": tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. “Violenza contro le donne basata sul genere": designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato”.

Il triste conto delle vittime

Quello della violenza domestica e di genere è un tema tristemente attuale, basti pensare agli 80 femminicidi che dall'inizio del 2023 ad oggi sono stati perpetrati nella nostra penisola, senza considerare gli episodi di stupro (anche di branco), vergognosamente documentati e fatti circolare sui social network come un qualsiasi contenuto di intrattenimento aperto al pubblico, anche dei giovanissimi.

Von der Leyen: "No vuol dire no"

  “So che questo Parlamento sostiene la proposta della Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne – sottolinea la presidente-, e a questo proposito vorrei che il diritto dell'UE sancisse un altro principio fondamentale: "Un No è un no". Senza libertà dalla violenza non può esserci vera parità”. Non basta. Von der Leyen destina alla prima parte del proprio discorso anche un'altra importante tematica riguardante il miglioramento della condizione della donna, stavolta professionista, nel contesto della società contemporanea: la direttiva sulla trasparenza retributiva, attraverso la quale viene sancito il principio basilare secondo cui allo stesso lavoro deve corrispondere la stessa retribuzione.

Il nodo della parità salariale

“Non c'è nessun motivo per cui, a parità di mansioni, una donna debba guadagnare meno di un uomo – sono le parole della presidente -. Tuttavia il nostro lavoro è tutt'altro che finito, e dobbiamo continuare a batterci insieme per il progresso. Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 17 maggio 2023 è stata pubblicata la Direttiva (UE) n. 2023/970 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione. La Direttiva stabilisce prescrizioni minime intese a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, tra uomini e donne (“principio della parità di retribuzione”), in particolare tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei relativi meccanismi di applicazione.
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In Italia, nelle grandi aziende, il gender pay gap è del 5%

Questo vuol dire che tutti i lavoratori, a parità di condizioni, dovranno guadagnare le stesse retribuzioni e che dovrà essere garantita una informazione che ne dimostri la parità. A questo riguardo, abbiamo la speranza che, forse per la prima volta, il nostro ordinamento dovrà definire legalmente la retribuzione per poterne definire l’equivalenza. Il testo della Direttiva ne dà una indicazione o, meglio, suggerisce una traccia di questa futura definizione di retribuzione: il salario o lo stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore (componenti complementari o variabili) a motivo dell'impiego del lavoratore. La parità dovrà essere garantita da tutti i datori di lavoro, sia privati che pubblici, e a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore nel nostro Paese, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE. Qui vedremo come nel nostro ordinamento questo elemento verrà implementato e quali contratti verranno inseriti nella tutela e se riguarderà, ad esempio, il lavoro occasionale.

Il gender pay gap in Italia

In Italia Gender pay gap, ovvero la differenza nelle retribuzioni tra uomini e donne, nel 2021, si attestava in media al 5% in favore degli uomini (il dato tiene conto delle grandi aziende, lasciando fuori una bella fetta dell'occupazione del paese) Nei 27 paesi dell'Unione europea, invece, si arriva addirittura al 12,7%. Secondo Eurostat, quella italiana sarebbe la quarta percentuale più bassa del blocco, rispetto ai ventisette Stati membri. “Grazie al Parlamento, agli Stati membri e alla mia squadra di Commissari, oltre il 90% degli orientamenti politici che ho presentato nel 2019 sono diventati misure concrete. Insieme abbiamo dimostrato che, quando agisce con coraggio, l'Europa raggiunge i propri obiettivi. Ma c'è ancora molto da fare, perciò restiamo uniti, trasformiamo il presente e prepariamoci per il futuro”.