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Home » Attualità » Aborto, negli Usa è scontro sulla richiesta di una Corte del Texas di vietare la pillola Ru-486

Aborto, negli Usa è scontro sulla richiesta di una Corte del Texas di vietare la pillola Ru-486

Botta e risposta tra gli attorney general Repubblicani, che vorrebbero la messa al bando in tutto il Paese, e quelli Democratici, che insistono sulla sicurezza del farmaco

Marianna Grazi
11 Febbraio 2023
Una corte del Texas chiede la messa al bando della Ru-486 in tutto il Paese

Una corte del Texas chiede la messa al bando della Ru-486 in tutto il Paese

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L’aborto continua a dividere gli Stati Uniti. È ormai scontro aperto tra attorney general democratici e repubblicani, con i rappresentanti progressisti della Giustizia di 22 Stati che dichiarano guerra alla corte distrettuale del nord del Texas, la quale ha chiesto la messa al bando, in tutto il Paese, della pillola abortiva Ru-486. Il Lone Star State, tra i primi a applicare una legge che compie un balzo indietro di circa 100 anni dopo la revoca del diritto federale all’aborto, con il rovesciamento della Roe v. Wade da parte della Corte Suprema, vorrebbe che questo provvedimento contro l’interruzione di gravidanza tramite farmaco valesse anche in quegli Stati dove la procedura è ancora legale. Così si legge nella richiesta. 

Le proteste pro-aborto negli Stati Uniti

Alla quale ribattono i dem: “Bloccare l’accesso a una terapia sicura – ha dichiarato l’attorney general di New York, Letitia James – è un pericoloso attacco alla libertà riproduttiva e alla salute pubblica”. “Decine di ricerche mediche e ospedaliere – ha aggiunto – hanno provato che la pillola è sicura”. Tanto che, a inizio 2023, la Food & Drug Administration aveva autorizzato la vendita del medicinale nelle farmacie pubbliche oltre che la spedizione via posta dello stesso, anche verso Stati in cui invece la procedura chirurgica è stata fortemente limitata o vietata. Contrari a questa posizione sono altrettanti attorney general repubblicani, che accusano l’amministrazione Biden di aver reso troppo facile l’accesso al farmaco, che va somministrato nei primissimi mesi della gravidanza.

“La Food and Drug Administration – ha scritto l’attorney general del Mississippi, Lynn Fitch, a nome dei 22 rappresentanti repubblicani – e l’amministrazione non hanno intenzione di rispettare la Costituzione, la Corte suprema o il processo democratico, quando in ballo è l’aborto”. Secondo l’agenzia federale del farmaco, il mifepristone, noto anche come Ru-486, dalle iniziali dell’azienda produttrice, la Roussel Uclaf, è “sicuro e efficace” se usato fino alla decima settimana di gravidanza. Il farmaco era già venduto legalmente in Europa e in Cina prima di diventare disponibile negli Stati Uniti. In Italia, ad esempio, negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom della pillola abortiva, con la procedura famacologica che è diventata la scelta principale anche a causa degli altissimi numeri dell’obiezione di coscienza.
Se la giustizia statunitense dovesse revocare l’accesso al mifepristone, le cliniche e i medici abortisti probabilmente passeranno a prescrivere il relativo generico, il misoprostol. In genere questo farmaco viene usato nei casi di ulcere allo stomaco, nei casi di aborto spontaneo e per indurre il travaglio di parto. Può portare all’aborto anche se appare meno efficace del mifepristone.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
L'aborto continua a dividere gli Stati Uniti. È ormai scontro aperto tra attorney general democratici e repubblicani, con i rappresentanti progressisti della Giustizia di 22 Stati che dichiarano guerra alla corte distrettuale del nord del Texas, la quale ha chiesto la messa al bando, in tutto il Paese, della pillola abortiva Ru-486. Il Lone Star State, tra i primi a applicare una legge che compie un balzo indietro di circa 100 anni dopo la revoca del diritto federale all'aborto, con il rovesciamento della Roe v. Wade da parte della Corte Suprema, vorrebbe che questo provvedimento contro l'interruzione di gravidanza tramite farmaco valesse anche in quegli Stati dove la procedura è ancora legale. Così si legge nella richiesta. 
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Alla quale ribattono i dem: "Bloccare l'accesso a una terapia sicura - ha dichiarato l'attorney general di New York, Letitia James - è un pericoloso attacco alla libertà riproduttiva e alla salute pubblica". "Decine di ricerche mediche e ospedaliere - ha aggiunto - hanno provato che la pillola è sicura". Tanto che, a inizio 2023, la Food & Drug Administration aveva autorizzato la vendita del medicinale nelle farmacie pubbliche oltre che la spedizione via posta dello stesso, anche verso Stati in cui invece la procedura chirurgica è stata fortemente limitata o vietata. Contrari a questa posizione sono altrettanti attorney general repubblicani, che accusano l'amministrazione Biden di aver reso troppo facile l'accesso al farmaco, che va somministrato nei primissimi mesi della gravidanza. "La Food and Drug Administration - ha scritto l'attorney general del Mississippi, Lynn Fitch, a nome dei 22 rappresentanti repubblicani - e l'amministrazione non hanno intenzione di rispettare la Costituzione, la Corte suprema o il processo democratico, quando in ballo è l'aborto". Secondo l'agenzia federale del farmaco, il mifepristone, noto anche come Ru-486, dalle iniziali dell'azienda produttrice, la Roussel Uclaf, è "sicuro e efficace" se usato fino alla decima settimana di gravidanza. Il farmaco era già venduto legalmente in Europa e in Cina prima di diventare disponibile negli Stati Uniti. In Italia, ad esempio, negli ultimi anni c'è stato un vero e proprio boom della pillola abortiva, con la procedura famacologica che è diventata la scelta principale anche a causa degli altissimi numeri dell'obiezione di coscienza. Se la giustizia statunitense dovesse revocare l'accesso al mifepristone, le cliniche e i medici abortisti probabilmente passeranno a prescrivere il relativo generico, il misoprostol. In genere questo farmaco viene usato nei casi di ulcere allo stomaco, nei casi di aborto spontaneo e per indurre il travaglio di parto. Può portare all'aborto anche se appare meno efficace del mifepristone.
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