Autismo, Alex e Daniela: tante le reazioni alla storia del 15enne adottato

L’intervista pubblicata su Luce! alla mamma dell'adolescente affetto da un disturbo dello spettro autistico ha suscitato interesse e dibattito sul tema assistenza a bambini, ragazzi e adulti disabili. Le testimonianze

di CLAUDIA CANGEMI -
21 aprile 2023
Daniela Centanni con il figlio Alex

Daniela Centanni con il figlio Alex

Autismo: l’intervista a Daniela Centanni, madre di un quindicenne autistico, ha suscitato interesse e dibattito non solo sul tema dell’autismo ma anche sulla questione più ampia dell’assistenza a bambini, ragazzi e adulti disabili e della responsabilità che pesa sulle spalle delle famiglie, spesso lasciate sole ad affrontare compiti ardui e gravosi. Molto apprezzati e condivisi la franchezza, il coraggio e la consapevolezza dimostrati da questa madre adottiva nel raccontare le mille difficoltà, la sofferenza e la fatica e soprattutto il grande amore profusi per tentare di assicurare ad Alex una vita per quanto possibile serena. Ecco alcuni degli interventi proposti da persone che, per esperienza professionale o personale, sono assai competenti in materia.

Antonio Perna

Insegnante di sostegno e di scienze motorie specializzato nell’insegnamento del nuoto per ragazzi e bambini con bisogni educativi speciali e per persone affette da idrofobia "Ho letto la preziosissima testimonianza della signora Daniela Centanni, che conosco personalmente, con cui ho avuto modo di discutere sulle problematiche segnalate nell’intervista che, purtroppo, nonostante i tanti proclami da parte delle Istituzioni, incombono tuttora pesantemente sulle famiglie con figli autistici. Purtroppo, spesso, si sente parlare delle criticità legate al percorso scolastico, in particolar modo dell’assenza di personale adeguatamente formato, ma raramente si accenna alla fase post scolastica, quella in cui un ragazzo con autismo dovrebbe, in teoria, entrare nel mondo del lavoro, oppure ad altre situazioni di emergenza, dovute ad esempio al decesso dei genitori che si prendono cura dei figli autistici. Il mio lavoro mi porta spesso a confrontarmi con tante famiglie e a rilevarne le preoccupazioni sul futuro dei propri figli nel momento in cui verrà meno il sostegno dei familiari. Da un po’ di anni è stato istituito il Dicastero per la Disabilità, sono state emanate nuove norme e stanziati tanti fondi, ma misure concrete per la gestione delle problematiche evidenziate, nemmeno l’ombra. A volte mi chiedo che senso abbia l’istituzione di un Dicastero che non riesce a dare risposte concrete di aiuto alle persone di cui dovrebbe occuparsi. Forse sarebbe meglio investire le risorse in maniera diversa, magari fornendo maggiore supporto e sostegno economico alle associazioni che si occupano della tutela dei diritti delle persone disabili, perché, spesso, sono le uniche istituzioni che riescono a dare aiuti concreti alle famiglie”.
alex-autismo-reazioni

L’autismo non è una malattia ma un diverso funzionamento del cervello e del ‘modo di essere’

Antonio Bachechi

Coordinatore Cedm e Sfa zona 9 Equipe di Accoglienza Sociale Case Manager “Conosco la famiglia da diverso tempo e mi sono ritrovato molto in quello che è stato detto. La parte conclusiva dell’intervista mi ha piacevolmente colpito perché esprime benissimo i concetti nei quali credo fermamente e per i quali, ogni giorno, mi batto. Paura, timore, disagio... nascono tutti dall’ignoranza come ha spiegato molto bene Daniela in questo passaggio: La discriminazione nasce dall’ignoranza (nel senso etimologico del termine) e dalla paura della diversità. Speriamo, tutti insieme, di poter fare cultura della diversità e poter finalmente parlare di inclusione”.
un disturbo dello spettro autistico

L’intervista a Daniela Centanni, madre di un quindicenne autistico, ha suscitato interesse e dibattito non solo sul tema dell’autismo ma non solo

Erika Lanza

Madre di una ragazza con sindrome di Down “Ho conosciuto Daniela ad un corso per genitori del metodo Feuierstein. Ci siamo subito trovate in sintonia. Io ho una figlia con sindrome di Down e sotto parecchi aspetti la sindrome e l’autismo si assomigliano. Sicuramente nei modi di ragionare, di non capire i doppi sensi, le battute, del prendere tutto sul serio (l’esempio dell’occhio è assolutamente veritiero). Forse la sindrome permette di comunicare di più, anche se sempre con difficoltà. Ma anche nel nostro caso bisogna imparare ad entrare in quel mondo, che non è assolutamente il nostro. I metodi sono gli stessi. Giusto l’altro giorno io e Daniela confrontavamo le agende e i calendari dei nostri figli: sono pressoché uguali. Ci siamo trovate tutte e due a dover frequentare il corso (naturalmente a pagamento) per poter imparare a comunicare con i nostri figli (io personalmente anche a dimostrare a scuola che mia figlia può imparare con il metodo giusto). E da lì andiamo di pari passo. Spesso ci confrontiamo. Lei non conosce la sindrome e io non conosco l’autismo, ma spesso abbiamo problemi simili ed è bello poterci appoggiare una alla spalla dell’altra, nonostante una sia in Lombardia e una in Piemonte. Io però purtroppo ho dovuto continuare a lavorare perché altrimenti tante cose per nostra figlia non ce le saremmo potute permettere. E credo di aver tolto tanto a mia figlia, non potendomi occupare di lei a tempo pieno. Sicuramente avrei preferito tenerla a casa da scuola, farle fare la parentale e le avrei insegnato io e forse (dico forse) a quest’ora avrebbe imparato molto di più. Certo, dicono che la scuola è importante per la socializzazione, ma spesso questi ragazzi non vengono capiti e i genitori a volte devono anche pagare professionisti che insegnino agli insegnanti a insegnare... Lo trovo veramente eccessivo. Tanto vale tenere a casa i nostri figli e pensarci noi. La socializzazione, nel caso di mia figlia, si sarebbe fortunatamente potuta fare in altri ambiti, come lo scoutismo o lo sport”.

Beatrice Lopolito e l'autismo

Osteopata volontaria “Sono pienamente d’accordo con Daniela. Conosco il mondo dell’autismo in quanto collaboro da diverso tempo come osteopata volontaria in un’associazione a Milano. È un mondo davvero difficile e spero che un giorno si possa veramente parlare di inclusione sia per i ragazzi ma anche per i loro genitori”.

Federico Mazzoleni

21 anni, aspirante educatore “Condivido tutto ciò che è scritto nell’intervista. Conoscendo l’intervistata e la sua famiglia, alcuni passaggi mi hanno emozionato e commosso. Penso sia stato colto il punto. Come lettore e aspirante educatore di professione posso dire che si capisce molto bene cosa significhi affrontare una situazione simile. Indubbiamente sarebbe importante aumentare la preparazione delle persone coinvolte, ma ritengo che serva anche una svolta politica. Le risorse sono limitate e occorre fare delle scelte, ma penso che sia importante dare la priorità a questioni sociali di questa importanza. Invece di spendere milioni per la metropolitana, bisognerebbe innanzitutto aiutare chi ne ha veramente bisogno. Alex nelle sue difficoltà è stato molto fortunato, perché sua madre ha avuto la forza e gli strumenti per impegnarsi e studiare, si può dire che sia un’educatrice senza laurea, ma mi chiedo quanti altri genitori di bambini disabili abbiano la possibilità e la capacità di fare altrettanto. Conosco da vicino altre situazioni; un mio compagno di scout ha un fratello disabile grave che è in carrozzella e non può parlare. Sono stati costretti a portarlo in un centro residenziale dove possono assisterlo 24 ore al giorno e vanno a trovarlo appena possono. E quella famiglia è comunque in condizioni economiche tali da potersi permettere di pagare la retta, altre non hanno neppure la possibilità di fare questa scelta pur dolorosa e difficile. È compito del governo occuparsi del benessere dei cittadini, e le esigenze delle famiglie che vivono sulla propria pelle il problema della disabilità dovrebbero avere la precedenza”.