“Mia figlia a casa il primo giorno di scuola. La disabilità per i politici è solo una rottura”

La denuncia dei genitori di Roberta, bimba di 8 anni con una malattia rara: “Anche quest'anno costretti ad assenze a giorni alterni perché non viene garantita l’assistenza sanitaria fra i banchi”

di Redazione Luce!
21 settembre 2024
La piccola Roberta, oggi 8 anni, con mamma Maria e papà Fortunato

La piccola Roberta, oggi 8 anni, con i suoi familiari (Facebook/Fortunato Nicoletti)

Solo 8 giorni fa è suonata la prima campanella per il rientro a scuola per milioni di bambini e bambine di tutta Italia. Compresa Roberta, bimba di Milano di 8 anni affetta da una variante di una malattia rara, la displasia campomelica acampomelica, che dopo le vacanze estive come i suoi compagni è tornata in classe. Peccato che per lei l’anno scolastico si sia fermato quasi prima di iniziare: l’alunna ha già dovuto rinunciare al primo giorno di lezioni, ma di assenze obbligate non ce ne saranno altre.

Il motivo è uno, lo stesso di sempre: non è sempre possibile garantire l'infermiere che dovrebbe assisterla nelle ore in aula, quindi niente scuola, si resta a casa. Magra consolazione: Roberta non è la sola, “come lei tanti altri bambini in Italia con necessità di assistenza sanitaria, oltre che educativa”, vedono il loro diritto all'istruzione garantito solo a giorni alterni. È quanto denunciano i genitori della bambina, Fortunato Nicoletti e Maria Coppola, che guidano l’associazione di volontariato “Nessuno è escluso”, nata nel 2020 e dedicata proprio a famiglie con persone colpite da malattie rare e disabilità.

All'Adnkronos Salute proprio papà Fortunato spiega: “Comincia un altro anno con la spada di Damocle dell'incognita della frequenza. Tutto questo succede mentre la ministra per la Disabilità (Alessandra Locatelli, ndr) magnifica il prossimo G7 dell'inclusione in Umbria e il ministro dell'Istruzione (Giuseppe Valditara, ndr) parla in Tv di quanto sia importante vietare i cellulari a scuola senza occuparsi di insegnanti di sostegno e del fatto che la scuola sia vietata per migliaia di studenti con disabilità”.

E Nicoletti avverte: “Il sistema nazionale in generale, non è in grado di rispondere alle necessità nemmeno di garantire questi diritti fondamentali. Parliamo, nel nostro caso, della Lombardia, regione che si autodefinisce alla avanguardia: un'Asst, nello specifico Santi Paolo e Carlo, solo 15 giorni fa, attraverso l'unità di valutazione multidimensionale, approva e sottoscrive il progetto di vita di Roberta ai sensi della legge 328/2000, progetto nel quale è indicato (e da tutti condiviso) che deve essere erogata l’assistenza infermieristica scolastica (e tutti gli altri sostegni necessari previsti) per tutti i giorni e tutte le ore al fine di garantire il 'miraggio' del diritto allo studio –ricostruisce il genitore –. Ma accade che l'Asst, nonostante le proprie prerogative, compiti e responsabilità, non riesce ad obbligare l’ente accreditato di turno (o non vuole), in questo caso la Fondazione Maddalena Grassi, ad erogare e garantire gli operatori necessari".

“Ricordiamo – interviene Laura Andrao, avvocato esperto di questi temi, che segue le battaglie di diverse associazioni – che se si definisce un progetto inattuabile, poiché poi non si mettono a disposizione le risorse necessarie, si è condannabili immediatamente da un tribunale”. “E il Comune di Milano? Nemmeno questo ultimo è esente da responsabilità – osserva ancora il papà di Roberta – anzi proprio con l'approvazione del progetto di vita, del quale è regista ma anche referente e responsabile, diventa protagonista in questo caso chiaramente in negativo. Quindi da un lato abbiamo la solita narrazione fantasiosa di ministri, sindaci, assessori di ogni colore e livello che parlano di disabilità e inclusione senza cognizione di causa – accusa l’uomo –, dall'altra abbiamo il mondo reale che racconta di diritti incomprimibili negati, di esclusione, emarginazione e discriminazione”.

Secondo i genitori della piccola, che rappresentano poi solo uno dei tanti casi di questo genere, “è ora di smetterla di fare propaganda sulla pelle viva delle persone e delle famiglie con disabilità. Ricoprire cariche pubbliche di un certo livello è innanzitutto un onere, che significa assumersi le responsabilità delle scelte”.

L’amarezza nelle parole di questo padre è quella di chi, ogni giorno, si trova a ricostruire mattoncino su mattoncino un percorso di vita per la propria figlia che viene costantemente eroso da politiche inefficienti, non basate sulle vere esigenze di queste persone che fin da piccole, molte già alla nascita, devono fare i conti con disabilità e malattie.

“La politica tutta ha deciso da tempo che la disabilità, e non solo questa purtroppo, non è una priorità per questo Paese – incalza Fortunato Nicoletti all’Adnkronos Salute – ma solo una gran rottura. Da risolvere con un ministero dedicato senza portafoglio, con osservatori, esperti e tavoli tecnici di lavoro di ogni tipo che non fanno altro che confondere le acque. Mediaticamente funziona, politicamente pure, forse. Ma la vita quotidiana fa emergere una situazione assolutamente capovolta rispetto alla narrazione della fantasia e alla fine i conti non torneranno nemmeno per la politica. Perché quelli che sono i mancati investimenti di oggi – investimenti non costi – saranno spese moltiplicate a dismisura nei prossimi anni”, conclude.