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Home » Attualità » Bologna, scontro sui manifesti anti-gender. Discriminazione? Per i Pro Vita “impostazione totalitaria”

Bologna, scontro sui manifesti anti-gender. Discriminazione? Per i Pro Vita “impostazione totalitaria”

Per il sindaco Matteo Lepore i manifesti vanno rimossi al più presto. Ma le "minacce" del primo cittadino non vanno giù a Jacopo Coghe che accusa: " È una limitazione della liberà d’espressione"

Edoardo Martini
13 Ottobre 2022
Manifesti anti-gender di ProVita & Famiglia

Manifesti anti-gender di ProVita & Famiglia

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Sono finite tra le risate degli anti-gender le minacce del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, di rimuovere i manifesti contestati dai muri della città. Le sanzioni a cui sta pensando il primo cittadino emiliano, secondo Jacopo Coghe, portavoce nazionale dell’associazione Pro Vita & Famiglia, sono fondate sul nulla.

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore

Il botta e risposta tra Lepore e Coghe

Sui cartelloni dell’associazione, che porta avanti la battaglia per la famiglia tradizionale e sostiene la priorità educativa dei genitori, si legge: “Basta confondere l‘identità sessuale dei bambini. #stopgender”. Secondo ProVita & Famiglia “si tratta solo di una raccolta firme affinché le famiglie possano scegliere cosa si insegna ai figli in tema di educazione sessuale” Ma il sindaco Lepore, non ne vuole sapere: “È discriminante e strumentalizza i bambini per portare avanti idee sciocche come la presunta teoria gender”. La risposta alle parole del sindaco è arrivata via social. In un post pubblicato su Facebook (“Bologna fascista“), Coghe ha evidenziato come la campagna affissioni contro l’ideologia gender nelle scuole sia finita sui media nazionali proprio a causa della polemica bolognese, partita da una denuncia da parte della stessa associazione. A Bologna, infatti, “tutti i nostri manifesti, regolarmente affissi, sono stati strappati e vandalizzati“, evidenzia il portavoce. Ma questo è solo l’inizio. Francesco Perboni, anche lui dell’associazione Pro Vita, la ritiene una limitazione della liberà d’espressione: “Le associazioni Lgbt possono entrare nelle scuole con progetti su bullismo o discriminazione. Cose sacrosante, se non insegnassero anche la teoria di genere, cioè che il genere è scollegato dal sesso biologico. La libertà educativa dei genitori in Italia è già compromessa in centinaia di casi, il principio del loro consenso informato viene surclassato”.

“Questa è un’impostazione totalitaria”, l’accusa del consigliere leghista

Motivazioni che secondo Lepore non stanno né in cielo né in terra: “Mostrare un bambino con un fiocchetto rosa, dicendo implicitamente che così non sarebbe una persona a posto, significa discriminare”. Dopo di questa dichiarazione, il consigliere comunale leghista Matteo Di Benedetto rincara la dose: “Anche il Sindaco Lepore si schiera contro la libertà di espressione e vuole condizionare la libertà di pensiero? Lo trovo assurdo. Questa è un’impostazione totalitaria e da dittatura del pensiero unico. Voler mettere un filtro politico sui manifesti che si possono affiggere a Bologna è un’idea pericolosa per la democrazia e contraria al concetto di pluralismo. Tra l’altro si tratta di manifesti che esprimono una preoccupazione manifestata più volte anche dal Papa. Mi chiedo: Lepore censurerebbe anche il Santo Padre? Consiglio al Sindaco un nuovo slogan: ‘Non sono d’accordo con quello che dici, ma farò di tutto perché tu non possa dirlo’. Si adatta bene alla sua battaglia contro la libertà”.

I volantini a Prato

Nel frattempo, dopo Pontedera, anche in Toscana tornano ad apparire immagini di gruppi estremisti anti-aborto, anti-gender, anti-Lgbt. Questa volta a Prato, dove un gruppo studentesco di estrema destra ha affisso volantini fuori da una scuola media e da una superiore. In questi si legge: “Fiamme eterne alle scuole moderne” e su Facebook i militanti spiegano il significato della criptica frase: “Lo scopo è di sensibilizzare sui veri temi importanti della vita scolastica. Le priorità sono la lotta contro gli edifici fatiscenti, contro la scuola/azienda, la scolarizzazione di massa che ha abbrutito la qualità dell’insegnamento” e fin qui tutto bene, all’apparenza. Ma poi il post continua: “Non certo le strampalate idee del gender ed il femminismo, visto che a scuola si viene discriminati perché l’offerta formativa è uniformemente scadente e non certo sulla base del genere sessuale. Per questo – concludono – auspichiamo, simbolicamente, che il concetto di scuola “moderna” bruci e si torni finalmente alla scuola tradizionale”.

La preside del liceo Livi, dove i deliranti volantini sono apparsi questa mattina, ha chiamato le forze dell’ordine e la Digos è intervenuta per rimuoverli. Intanto dall’Arcigay è stato lanciato l’ennesimo allarme, condannando queste violente prese di posizione contro i diritti e le libertà delle persone, anche più giovani, Lgbtq+.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Sono finite tra le risate degli anti-gender le minacce del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, di rimuovere i manifesti contestati dai muri della città. Le sanzioni a cui sta pensando il primo cittadino emiliano, secondo Jacopo Coghe, portavoce nazionale dell'associazione Pro Vita & Famiglia, sono fondate sul nulla.
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore

Il botta e risposta tra Lepore e Coghe

Sui cartelloni dell'associazione, che porta avanti la battaglia per la famiglia tradizionale e sostiene la priorità educativa dei genitori, si legge: "Basta confondere l'identità sessuale dei bambini. #stopgender". Secondo ProVita & Famiglia "si tratta solo di una raccolta firme affinché le famiglie possano scegliere cosa si insegna ai figli in tema di educazione sessuale" Ma il sindaco Lepore, non ne vuole sapere: "È discriminante e strumentalizza i bambini per portare avanti idee sciocche come la presunta teoria gender". La risposta alle parole del sindaco è arrivata via social. In un post pubblicato su Facebook ("Bologna fascista"), Coghe ha evidenziato come la campagna affissioni contro l'ideologia gender nelle scuole sia finita sui media nazionali proprio a causa della polemica bolognese, partita da una denuncia da parte della stessa associazione. A Bologna, infatti, "tutti i nostri manifesti, regolarmente affissi, sono stati strappati e vandalizzati", evidenzia il portavoce. Ma questo è solo l'inizio. Francesco Perboni, anche lui dell’associazione Pro Vita, la ritiene una limitazione della liberà d’espressione: "Le associazioni Lgbt possono entrare nelle scuole con progetti su bullismo o discriminazione. Cose sacrosante, se non insegnassero anche la teoria di genere, cioè che il genere è scollegato dal sesso biologico. La libertà educativa dei genitori in Italia è già compromessa in centinaia di casi, il principio del loro consenso informato viene surclassato".

"Questa è un'impostazione totalitaria", l'accusa del consigliere leghista

Motivazioni che secondo Lepore non stanno né in cielo né in terra: "Mostrare un bambino con un fiocchetto rosa, dicendo implicitamente che così non sarebbe una persona a posto, significa discriminare". Dopo di questa dichiarazione, il consigliere comunale leghista Matteo Di Benedetto rincara la dose: “Anche il Sindaco Lepore si schiera contro la libertà di espressione e vuole condizionare la libertà di pensiero? Lo trovo assurdo. Questa è un’impostazione totalitaria e da dittatura del pensiero unico. Voler mettere un filtro politico sui manifesti che si possono affiggere a Bologna è un’idea pericolosa per la democrazia e contraria al concetto di pluralismo. Tra l’altro si tratta di manifesti che esprimono una preoccupazione manifestata più volte anche dal Papa. Mi chiedo: Lepore censurerebbe anche il Santo Padre? Consiglio al Sindaco un nuovo slogan: 'Non sono d’accordo con quello che dici, ma farò di tutto perché tu non possa dirlo’. Si adatta bene alla sua battaglia contro la libertà”.

I volantini a Prato

Nel frattempo, dopo Pontedera, anche in Toscana tornano ad apparire immagini di gruppi estremisti anti-aborto, anti-gender, anti-Lgbt. Questa volta a Prato, dove un gruppo studentesco di estrema destra ha affisso volantini fuori da una scuola media e da una superiore. In questi si legge: "Fiamme eterne alle scuole moderne" e su Facebook i militanti spiegano il significato della criptica frase: "Lo scopo è di sensibilizzare sui veri temi importanti della vita scolastica. Le priorità sono la lotta contro gli edifici fatiscenti, contro la scuola/azienda, la scolarizzazione di massa che ha abbrutito la qualità dell'insegnamento" e fin qui tutto bene, all'apparenza. Ma poi il post continua: "Non certo le strampalate idee del gender ed il femminismo, visto che a scuola si viene discriminati perché l'offerta formativa è uniformemente scadente e non certo sulla base del genere sessuale. Per questo - concludono - auspichiamo, simbolicamente, che il concetto di scuola "moderna" bruci e si torni finalmente alla scuola tradizionale". La preside del liceo Livi, dove i deliranti volantini sono apparsi questa mattina, ha chiamato le forze dell'ordine e la Digos è intervenuta per rimuoverli. Intanto dall'Arcigay è stato lanciato l'ennesimo allarme, condannando queste violente prese di posizione contro i diritti e le libertà delle persone, anche più giovani, Lgbtq+.
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