Carceri: “Condizioni igieniche imbarazzanti. E non si guarda alla salute mentale”

Marco Perduca, dell’associazione Luca Coscioni, ci spiega le ragioni che hanno spinto alla diffida di 102 Direzioni Generali delle ASL delle città che ospitano i 189 istituti penitenziari italiani. Sovraffollamento e mentalità penalistica aggravano la situzione già critica

di DOMENICO GUARINO -
25 agosto 2024
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Proteste dei detenuti a Sollicciano, Firenze (Ph. Germogli)

L’Associazione Luca Coscioni, impegnata nella difesa dei diritti civili e del diritto alla salute, ha lanciato nei giorni scorsi una serie di 102 diffide alle Direzioni Generali delle ASL delle città che ospitano i 189 istituti penitenziari italiani, denunciando gravi carenze nelle condizioni igienico-sanitarie delle carceri. In Italia i detenuti sono 61.133, oltre un terzo è in carcere per reati di droga: 12.946 detenuti , pari al 34,1% del totale. Una percentuale quasi doppia rispetto alla media europea del 18%. 17.405 detenuti sono registrati come tossicodipendenti, il 28,9% del totale.

Una iniziativa, quella delle diffide, lanciata, dice l’associazione “alla luce della pressoché totale mancanza nel recente decreto carceri di misure strutturali volte a garantire il diritto alla salute nei 189 istituti di pena in Italia che tiene in considerazione il fatto che ai direttori generali delle aziende sanitarie spetta il compito di riferire al Ministero della Salute e quello della Giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare”. 

Ne abbiamo parlato con Marco Perduca, dell’associazione Coscioni. 

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Sovraffollamento carceri: l'Associazione Luca Coscioni diffida le ASL per garantire il diritto alla salute

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“È competenza della ASL non solo verificare che vengano garantiti i servizi sanitari 24h al giorno 365 giorni all’anno in carcere ma anche verificare l’idoneità dei locali in cui le persone vengono ristrette spesso per 20 ore al giorno. L’idoneità vuol dire non solo che ci siano le condizioni minime di igiene e profilassi – precisa – ma anche che esistano delle qualità ambientali per cui la vita sia vissuta in maniera degna. Ad esempio finestre che si aprano e facciano entrare aria e luce, che ci sia l’acqua sempre e non a singhiozzo, acqua sia calda che fredda, che ci sia la possibilità di sgranchirsi le gambe. Noi sappiamo che con un sovraffollamento medio in Italia del 132% – continua Perduca – i famigerati 3 metri quadri di spazio minimo per detenuto sono una chimera, considerando che in cella non solo ci si dorme, ma ci sono anche i servizi igienici e i fornelli per cucinare. Tutte queste cose dovrebbero essere verificate sistematicamente non una tantum dalle ASL”.

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Carcere minorile del Pratello (Bologna)

E non vi risulta che accada?

“A noi non risulta niente. Ma non solo a noi. Si dice che manca l’attenzione alla salute mentale, che mancano medici e infermieri. Ma di verifiche sulla salubrità dei luoghi a noi non arrivano notizie. Per questo chiediamo di verificare. Anche perché, se la situazione è quella che le cronache raccontano correntemente e che noi stessi verifichiamo quando abbiamo la possibilità di visitare le carceri, in molti penitenziari dovrebbero scattare i sigilli, date le condizioni igieniche imbarazzanti”.

Che cosa dovrebbe accadere concretamente?

“Chiediamo verifiche serie in ordine alla salubrità dei luoghi nei termini che le dicevo. Ci siamo dati 30 giorni dalla ricezione della diffida. Qualora le ispezioni non si saranno fatte allora procederemo contestando il reato di omissione di atti d’ufficio, con la denuncia conseguente nei confronti dei direttori generali. Ma anche i sindaci non possono tirarsi fuori, in quanto loro sono i responsabili primari della salute anche in carcere. Un sindaco può ordinare un trattamento sanitario obbligatorio, perché non lo firmano per i detenuti costretti nelle carceri delle loro città?”.

Molti dei problemi derivano dal sovraffollamento che accresce i problemi e la pressione su strutture spesso fatiscenti o comunque sofferenti per carenze di vario tipo. Dopo l’ultima grande amnistia la situazione continua ad essere drammatica. Come mai?

“Perché ci sono leggi che incrementano la popolazione carceraria continuamente. Solo L'articolo 73 del Testo unico sulle droghe ha causato 10.697 ingressi in carcere nel 2023, il 26,3% del totale, contribuendo in maniera significativa al sovraffollamento. Noi abbiamo presentato nel 2021 un referendum per depenalizzare la coltivazione della cannabis. Non se n’è fatto di nulla. Eppure se quel terzo di detenuti per reati di consumo di droga andasse fuori o venisse punito in altro modo, posto che sia da punire, già così troveremmo una situazione legale.

A quasi trentacinque anni dalla sua emanazione, la legge 309/90, altresì nota come Testo Unico sugli Stupefacenti, costituisce il principale strumento di carcerazione in Italia. Il controllo di un fenomeno sociale di tali proporzioni, come il mercato delle sostanze illecite, è stato affidato a una gestione che invece di inquadrarlo in un’ottica sanitaria ha optato per una criminalizzazione sempre più aggressiva nei confronti dei consumatori, minando così la tutela costituzionale del diritto alla salute. Senza contare un altro elemento: il 25% dei detenuti non ha una sentenza definitiva. Perché deve stare in carcere se a norma di Costituzione tutti sono innocenti fiocco al terzo grado di giudizio? Poi c’è un’altra questione ancora”.

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Il carcere di Opera

Quale?

“Negli ultimi anni sono stati creati 30 nuovi reati e sono state indurite le pene in maniera tale che per tanti reati per cui prima non si andava in carcere, magari in presenza di attenuanti specifiche, oggi ci si va. Si è affermata dunque una mentalità penalistica che determina inevitabilmente una ricaduta massiva sulle carceri con le conseguenze che vediamo”.

Però questo è dovuto al fatto che la gente chiede più sicurezza, soprattutto nei confronti dei reati predatori, di di strada, che generano molto allarme sociale…

“Noi però abbiamo l’obbligo di dire le cose come stanno. L’Italia non è un Paese insicuro. Anzi. Se prendiamo ad esempio, sono dati ufficiali, gli omicidi, in media sono 350 all’anno, uno al giorno, ma siamo un Paese di 60 milioni di abitanti cui se ne aggiungono annualmente altrettanti di turisti. Per cui anche in questo caso siamo ben al di sotto delle medie europee. Per essere più chiari, nel 2023 l'Italia ha registrato un numero di omicidi tre volte inferiore (330) rispetto alla Francia (1.010). Stesso dicasi per gli altri reati. Andrebbe fatta finita con questo racconto dell’Italia come un Paese pericoloso che ha bisogno di strette sulla sicurezza perché non è così. Sicuramente esiste il crimine, ma non in maniera così preponderante da rispondere con una panpenalizzazione come quella che abbiamo costruito”.