Disabilità, il Comune taglia i fondi. La rabbia di due famiglie: “Dobbiamo cambiare paese?”

L’amministrazione comunale di Aicurzio, in provincia di Monza, a corto di risorse ha ridotto al 30% il contributo sulle spese. La retta dei centri resta al 70% a carico dei genitori, che si sono rivolti a un’avvocata

di GIAMBATTISTA ANASTASIO -
17 ottobre 2024
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Il caso di Aicurzio, piccolo Comune in provincia di Monza: due famiglie stanno cercando di iscrivere i figli al Centro Socio Educativo (CSE) e al Servizio di Formazione all’Autonomia

Quando si tratta di disabilità l’unica certezza è che tutto può diventare incerto. Può bastare questo o quel sindaco per rendere discrezionali diritti, leggi e norme attuative. La segnalazione questa volta arriva da Aicurzio, piccolo Comune in provincia di Monza. Qui due famiglie stanno cercando di iscrivere i rispettivi figli al Centro Socio Educativo (CSE), in un caso, e al Servizio di Formazione all’Autonomia (SFA) in un altro. A dover coprire la totalità o la gran parte dei costi di questi servizi è il Comune nel quale risiede la persona con disabilità. A quest’ultima può essere chiesto di compartecipare alla spesa ma in una misura minoritaria rispetto a quella del Comune, altrimenti viene meno il concetto stesso di compartecipazione. E il contributo dovrebbe essere definito non in base all’Isee ordinario, che unisce i redditi della famiglia, ma all’Isee sociosanitario, relativo alla persona con disabilità.

La Giunta comunale di Aicurzio ha però approvato una delibera che limita il contributo comunale al 30% della spesa, lasciando alle persone con disabilità e alle loro famiglie l’onere di pagare di tasca propria il 70% della retta del CSE e dello SFA. Detto altrimenti: ad Aicurzio non sono più le famiglie a compartecipare alla spesa del Comune ma il Comune a compartecipare alla spesa delle famiglie. Un ribaltamento pericoloso, se visto in prospettiva, e quantomeno discutibile se si considera che il Comune non sembra aver tenuto conto dell’Isee sociosanitario, pari o poco superiore a zero nel caso dei due ragazzi.

Da qui la rabbia dei genitori, che si sono rivolti all’avvocata Laura Andrao, specializzata nella tutela dei diritti delle persone con disabilità.

ANDRAO
L'avvocata Laura Andrao

“Non è corretto chiedere un contributo alle famiglie, l’unico contributo che può esserci, in questi casi, è quello della persona con disabilità, ma non a fronte di un Isee sociosanitario vicino allo zero – rimarca Andrao –. Il Comune di Aicurzio si sta rendendo protagonista della mancata presa in carico di questi due ragazzi”.

Dal canto suo, il sindaco Matteo Baraggia ritiene di non poter e non dover andare oltre quel 30% perché i soldi del Comune sono pochi e il sociale – dice – ne ha assorbiti la gran parte. “Dobbiamo cambiare Comune di residenza per veder riconosciuti i diritti dei nostri figli? Questo pensiero ci attraversa, per quanto inaccettabile”, confessano Daniele Ciceri e Luigi Brambilla, i papà dei ragazzi. Torna in mente il caso di quest’estate, quello di Montescudo-Monte Colombo (Rimini), dove la Giunta ha dimezzato le ore di assistenza scolastica ad un alunno con disabilità per asserita mancanza di soldi. Oggi Aicurzio, ieri Montescudo. Due piccoli Comuni, stesso allarme: il diritto all’inclusione delle persone con disabilità può essere subordinato alle esigenze di cassa di questo o quel sindaco?

Il decreto 150 del 2013 stabilisce che l’Isee debba essere il criterio per definire la quota di compartecipazione ai servizi per la disabilità. L’Isee agevolato, per l’esattezza, non quello ordinario. Un orientamento confermato dalle sentenze del Tar o del Consiglio di Stato, che hanno quasi sempre rigettato i regolamenti redatti dai Comuni per riadattare il criterio Isee. Che lo SFA e il CSE debbano essere perlopiù a carico dei Comuni lo ricorda, invece, la Regione in almeno due delibere di Giunta (2015 e 2017) e negli allegati del Programma Operativo per la Gravissima Disabilità del 2021.

“Mio figlio ha 27 anni e convive con una disabilità cognitiva. Ma si è visto riconoscere l’abilitazione al lavoro e ha delle autonomie che deve poter consolidare e sviluppare. Ha il diritto di potersi rendere il più possibile autonomo e intraprendere un percorso formativo che gli consenta di inserirsi nella società e svolgere un lavoro: non posso accettare che sia costretto a restare indietro. Chiediamo sia accolto allo SFA di Concorezzo – spiega Daniele Ciceri, il padre di Riccardo –: il Comune glielo aveva promesso ma mio figlio sta ancora aspettando e questa attesa non gli fa bene perché gli manca il contatto con i coetanei. L’unico atto del Comune è stata quella delibera con la quale si impegna a coprire ogni mese il 30% della retta dello SFA: 270 euro su 900. Nel frattempo abbiamo chiesto allo stesso Comune la redazione del Progetto Individualizzato ma anche qui siamo in stallo”.

“Per noi ogni cosa finisce per essere una battaglia” spiega Cinzia Brambilla. Lei e il marito Luigi vorrebbero iscrivere il figlio Daniele, 20 anni, al Centro Socio Educativo di Muggiò, ma anche loro sono alle prese con la delibera: “Eppure deve essere la famiglia a compartecipare, non il Comune – sottolineano –. Anzi, la compartecipazione dovrebbe essere sul progetto di vita non solo sul CSE. Ma il Comune non ha ancora avviato la stesura del Progetto di Vita, chiesto a luglio”.

Matteo Baraggia
Il sindaco Matteo Baraggia

Il sindaco Baraggia ne fa una questione di soldi: “Negli ultimi 10 anni la spesa del Comune per l’educativa scolastica è passata da 70mila a 270mila euro all’anno. Abbiamo dovuto supplire ai tagli al sostegno apportati dallo Stato, che se ne lava le mani. Di fronte allo smisurato aumento della spesa abbiamo dovuto mettere freni non solo ad alcuni servizi sociali ma anche ad altro: abbiamo azzerato le manutenzioni ordinarie. In questo contesto alcune richieste non possono essere soddisfatte oltre il 30% già deliberato. Sullo SFA ci sono, poi, problemi a contrattualizzare”.