“Mia figlia era anoressica. Chi soffre non se ne rende conto, sta a noi genitori cogliere i segnali”

Nella Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla la testimonianza di Antonella, una mamma che ha assistito la figlia allora adolescente: “Le persone con disturbi alimentari non capiscono subito. La famiglia e chi sta loro intorno devono avere il coraggio di chiedere aiuto”

di CATERINA CECCUTI
15 marzo 2024
Adolescente con disturbi dell'alimentazione

Adolescente con disturbi dell'alimentazione

Letizia è una ragazza di vent’anni. Ama cantare, è sempre stata brava a scuola. Da ragazzina il suo problema – o almeno quello che lei percepiva come tale – è rappresentato da quei chili di troppo che la fanno sentire insicura. Alla mamma dice di voler dimagrire un po’ e comincia a ridurre carboidrati e dolci nella sua dieta. Ma Antonella è una madre molto attenta e ci mette poco a capire che Letizia, al tempo appena quattordicenne, potrebbe trovarsi all’esordio di un disturbo alimentare. La porta subito da una nutrizionista: “Purtroppo però mia figlia inizia ad ignorare le indicazioni della professionista e nel giro di 2 mesi perde sempre più peso, contrapponendo molta attività fisica ad una sempre maggiore restrizione alimentare”.

Letizia è anoressica, anche se all’epoca ancora non lo sa. “Una persona con disturbi alimentari non capisce subito cosa le sta succedendo, ma chi le sta intorno invece deve cercare di captare i segnali il prima possibile perché, come nel caso di Letizia, spesso il tutto si consuma in pochissimi mesi. La sua autostima era scarsissima ed era costretta a lavorare su una ‘fame d’amore’ che la sprona alla continua ricerca di approvazione da parte della famiglia e della scuola”. Su consiglio del medico di famiglia Antonella contattata l’Ospedale pediatrico Meyer “perché mia figlia aveva bisogno di rompere uno schema che la stava trascinando verso il basso”. Il passo successivo è la presa in carico nel Centro Disturbi Alimentari di Empoli, dove un neuro psichiatra aiuta Letizia a comprendere di avere un disturbo alimentare. “Al Centro mia figlia è stata seguita da un’equipe composta anche da una psicologa e da una nutrizionista, che l’ha guidata passo passo in un percorso di rieducazione psicologia e alimentare”.  

Letizia è stata ricoverata?

“No. Per fortuna non ne ha mai avuto bisogno. Era anoressica ma non bulimica, dunque non vomitava il cibo, semplicemente non mangiava a sufficienza. Però, una volta presa coscienza del proprio disturbo, ha subito voluto reagire, seguendo alla lettera le indicazioni della nutrizionista. Mangiava a dovere, noi genitori ne eravamo testimoni, eppure purtroppo non riusciva a recuperare peso. Dopo appena quattro mesi dall’esordio del disturbo, era arrivata a pesare 40 chilogrammi. I medici ci spiegarono che il fenomeno dipendeva dal fatto che il suo fisico non reagiva, in quanto l’equilibrio generale era stato rotto e il corpo aveva perso le sue funzioni.

Grazie però all’impegno dei professionisti del Centro di Empoli, al supporto costante di noi familiari e, soprattutto, alla forza di volontà di Letizia ne siamo usciti. Anche noi genitori abbiamo dovuto fare dei corsi per la gestione della situazione, e in questo il ruolo di un centro specializzato è imprescindibile per il processo di guarigione. Consiglio a tutti i genitori che si trovano per la prima volta ad affrontare il problema di rivolgersi a strutture specializzate, come per esempio il Centro Disturbi alimentari di Palagi, a Firenze, erede oggi del centro empolese, dove è presente un’equipe a tutto tondo”.

Ora come sta sua figlia? “Siamo fortunati, perché possiamo dire che rientra tra i casi di guarigione completa. Ha recuperato il suo peso e ha scoperto nel canto e nella musica un motivo di soddisfazione. Purtroppo, come la maggior parte delle ragazze con disturbi alimentari, si porta ancora addosso qualche segno legato a stati di ansia e insicurezza. Chi ha disturbi alimentari tocca il fondo ma, se è fortunato, rinasce. E quando torna alla vita diventa una persona nuova, che chiede al mondo circostante di adattarsi al suo cambiamento. In questo la famiglia gioca un ruolo fondamentale, dal quale non può e non deve tirarsi indietro”.