O maschio o femmina: per servire lo Stato non sono ammesse vie di mezzo. Lo scorso 16 maggio è stato pubblicato il
bando del ministero dell'Interno con cui si cercano
1.381 nuovi agenti, che però ha sollevato un polverone di polemiche: nel regolamento sull'idoneità dei candidati, infatti, sono elencate tutta una serie di problematiche e cause che portano all'esclusione diretta, tra i quali "ansia", "tic", "schizofrenia", "disturbi alimentari" e, per concludere, "
disturbi sessuali e disturbi dell'identità di genere, attuali o pregressi". Insomma la ricerca della propria individualità sessuale, per i futuri difensori della nostra nazione, per le forze dell'ordine, è paragonata a una malattia mentale o a un tumore. Inevitabile che il regolamento suscitasse scandalo.
Il nuovo altolà discriminante
Polizia locale. Il ministero dell'Interno cerca 1381 nuovi agenti: il bando è stato pubblicato lo scorso 16 maggio, ma il regolamento ha scatenato le polemiche
Qualcosa del genere era successa, qualche settimana fa, con il
concorso per vigili urbani. In quell'occasione l'assurda richiesta era:
test di gravidanza negativo per le aspiranti vigilesse. Questa volta invece si torna a parlare di genere, e non è certo l'ennesima provocazione della propaganda omotransfobica da parte di estremisti dell'eteronormatività o di qualche politico bigotto. Si tratta di un bando pubblico. Di quel corpo di difesa nazionale che, qualche mese fa, aveva polemizzato persino sulle
mascherine Ffp2 in dotazione agli agenti, perché di un colore - il rosa - non consono al decoro della divisa. Il nuovo No! è rivolto invece alle persone in transizione di genere o che di identificano in un genere diverso da quello assegnato alla nascita: carta canta, lo si legge nel testo uscito niente meno che dal Viminale stesso.
Il regolamento del concorso di polizia
Sette pagine dettagliate di "Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato". Vi si leggono le procedure da seguire per partecipare, i tempi e i requisiti richiesti. Ci sono poi elencate le prove fisiche a cui saranno sottoposti gli/le aspiranti agenti e si ricorda che
non sono ammessi i tatuaggi, ma anche che il loro corpo deve essere 'armonioso e bello', privo di imperfezioni deturpanti o che ne compromettano la massima efficienza. Così come 'perfetta' deve essere la salute mentale e psichica, priva di turbe o malattie, priva di
disturbi - eccoci qua- dell'identità di genere. Un'ultima precisazione, nell’elenco di tutte le psicopatologie che escludono in automatico i candidati dal concorso, associata a "schizofrenia, disturbi dell’umore attuali o pregressi, disturbi dissociativi attuali o pregressi, disturbi d’ansia attuali o pregressi, disturbi somatoformi, disturbi da tic, disturbi della condotta alimentare attuali o pregressi, disturbi sessuali". Perché si sa, no?
Identificarsi in un genere diverso da quello biologico/assegnato alla nascita
è una malattia... O meglio, è
considerato come tale, se non apertamente perlomeno implicitamente. Tanto che destò non poco scalpore la notizia, ormai datata, della
prima poliziotta transessuale d'Italia, Stefania Pecchini, allora sovraintendente di polizia a San Donato Milanese. Ma da quel 2016 ad oggi, cosa è cambiato? Nulla, anzi, le cose appaiono peggiorate.
L'aspirante poliziotto umiliato. Il legale: "Riferimento sbagliato"
Polis Aperta, l'associazione Lgbtq+ delle forze dell'ordine
A scoprire questo dettaglio omofobo nel bando, è stato un aspirante poliziotto, che si è imbattuto nel riferimento ed h approvato un profondo
senso di umiliazione, si è sentito offeso, e per questo ha deciso di rivolgersi all’avvocato Gian Maria Mosca: "Sono andato a guardare - commenta dalle pagine de
La Stampa il legale -. Ho fatto gli screenshot dei link, anche a me ha molto colpito. Mi sembra
un riferimento sbagliato in un contesto sbagliato. Perché lo pubblicano sui sito del ministero Interno?". Mosca ha quindi presentato un’istanza alla
ministra Luciana Lamorgese e al capo della polizia
Lamberto Giannini, chiedendo la revoca della dicitura. "Non risulta peraltro che il
diritto all’identità di genere – espressione di libertà fondamentale – possa essere contemplato come
disturbo mentale, alla stregua di schizofrenia, ritardo mentale o disturbi da tic (per fare solo alcuni esempi) - conclude l'avvocato -. Si aggiunga il fatto che la norma in questione richiama l’asserito 'disturbo' in questione come ostativo anche se 'pregresso'". Quindi anche se oggi una persona ha visto riconosciuta l'identità di genere scelta e non più quella assegnata sarebbe comunque da escludere perché affetta da "disturbi". Qualcosa da non credere. Assurdo! Prova provata ne è il fatto che
Alessio Avellino, agente transgender e presidente di
Polis Aperta, associazione Lgbtq+ delle forze dell'ordine, è entrato nel corpo di polizia quando ancora aveva i documenti femminili. Allora aveva però ottenuto il permesso di giurare con la divisa maschile e solo a 40 anni, dopo 15 di servizio, ha avviato il suo percorso di transizione. Oggi è sovrintendente nella polizia locale di San Donato Milanese. Ed è tutt'altro che 'disturbato', ma si batte invece perché i problemi di mentalità che ancora affliggono la nostra società e soprattutto la politica, vengano finalmente curati. Come? Imparando ad accettare, ad includere gli/le altri/e senza discriminazioni.