"Il Giubileo del 2025 spalancherà le porte alla comunità Lgbt+”. Una notizia che a primo impatto farà pensare: che gran bella novità. Ed effettivamente lo è, visto che non è mai stato esplicitato prima. Ma con uno sguardo più polemico alla notizia, la seconda reazione potrebbe essere: che noia queste etichette.
In un momento storico in cui imperversa il perbenismo di facciata, che fa dei diritti delle mere bandiere politiche da sventolare in faccia agli avversari come ad una partita di pallone, è comprensibile che la Chiesa non voglia rimanere indietro. Apprezzabili, anzi, gli sforzi dei cattolici più progressisti di non tapparsi gli occhi di fronte alle nuove sensibilità sociali, di vivere il momento e di riappropriarsi della parola ‘inclusione’, indubbiamente inflazionata ma storicamente appartenuta alla fede. Il non lasciare indietro nessuno è un valore cristiano dopotutto.
Ma si può parlare veramente di inclusione se si continua a ragionare per etichette e comunità distinte? Tornando alla notizia, come si legge su Il Messaggero, nel calendario ufficiale dell'Anno Santo è stato inserito un momento di spiritualità speciale, previsto per il 6 settembre, quando la storica chiesa barocca del Gesù accoglierà i pellegrini Lgbt+, i loro genitori, gli operatori e tutti coloro che gravitano nelle associazioni arcobaleno, capitanate in Italia dalla Tenda di Gionata. Associazione fondata nel 2018, su volontà di don David Esposito che “sognava” che le comunità cristiane sapessero “allargare la tenda”.
Allargare appunto, non separare le entrate. E’ proprio questo il punto: è giusto che l’insieme della fede abbia dei sottoinsiemi della sessualità? Dedicare una giornata, un momento ad hoc per una specifica comunità, non è forse dividere?
Un pensiero che a quanto pare, leggendo un altro articolo sempre de Il Messaggero, è venuto anche al biblista, padre Alberto Maggi: “Si tratta certamente di un passo in avanti che aiuta all'inclusione ma io resto comunque un po perplesso – ha dichiarato al quotidiano romano – Il pensiero più immediato è che solo quando tutti noi diventeremo davvero cristiani allora forse non ci sarà più alcun bisogno di fare queste distinzioni. Nel senso che coloro che vengono a fare questo pellegrinaggio sono cristiani come gli altri. Che abbiano una sessualità in un modo o in un altro non dovrebbe essere meritoria di alcuna sigla. Ogni persona deve seguire la propria umanità. Ma so che ci arriveremo, ci vorrà solo un po' di tempo”.