"È difficile,
diventa sempre più dura ogni giorno. Si passano varie fasi, dall’accettazione alla rabbia e al dolore”. Una frase che rimane impressa quando a dirtela è qualcuno che lotta da molto tempo al fianco di un familiare affetto da
Sclerosi Laterale Amiotrofica, meglio conosciuta come Sla. Ogni anno, il 18 settembre, ricorre la
giornata nazionale dedicata proprio a loro. A chi continua la sua protesta dignitosa, proprio come 16 anni fa, quando un gruppo di persone affette da questa malattia che non lascia scampo scesero in piazza Bocca della Verità, in nome dei propri
diritti. Oggi molti monumenti si illumineranno in Toscana, così come sono numerose le iniziative in tutta Italia. La Sla colpisce i cosiddetti “motoneuroni”, cellule nervose cerebrali e del midollo spinale, portando alla
paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori e a rendere necessario, a volte, il respiratore meccanico. Ad oggi
non esistono terapie in grado di arrestare o rallentare la progressione della malattia. "Quello che si deve fare – dice Barbara Gonella - è
garantire una vita dignitosa, quanto più possibile fino alla fine”. Barbara è presidente
Aisla Firenze, l’unica associazione riconosciuta come rappresentante dei malati di Sla ed è tra le fondatrici dell’associazione in questo territorio. "Mio padre aveva la Sla, solo che undici anni fa qui a Firenze non c’era nessuno ad aiutarci, eravamo
soli".
I monumenti di tutta Italia si illuminano di verde per la giornata nazionale sulla Sla (Aisla)
I dati
In Italia si stimano
più di 6.000 persone affette da Sla e si prevede che ogni anno si registreranno
circa 2.000 nuovi casi secondo i forniti dall’Eurals Consortium – Consorzio Europeo Sclerosi Laterale Amiotrofica nel 2020. La fascia d’età prima si attestava
tra i 55 e i 75 anni. "Purtroppo sono aumentati i casi di quarantenni con famiglie e con figli piccoli, ma anche di ottantenni - continua Gonella -. La forbice si sta ampliando”.
Come fare dopo la diagnosi
Diagnosticare la Sla non è semplice. Spesso sono necessarie diverse indagini mediche e controlli periodici prima di riuscire a scoprire o meno la sua esistenza. "Dopo la
diagnosi – spiega Gonella – il passaggio fondamentale è proprio la
presa in carico ospedaliera del malato in una struttura dove c’è un team Sla che sia in grado di assicurare un
PTTAS (percorso diagnostico terapeutico assistenziale e sociale) con tutti i controlli necessari. Tutto ciò che viene dopo è strettamente connesso a questo, altrimenti l’assistenza diventa zoppicante. Paziente e famiglia sono più
tutelati e il tutto non è lasciato all’iniziativa del singolo”.
Barbara Gonella, presidente Aisla Firenze, si è fatta portavoce in prima persona dei diritti di queste persone
Il ruolo di Aisla
L’
associazione è nazionale, nasce nel 1983 e funziona a livello territoriale. "All’interno del percorso terapeutico ci inseriamo noi ed è fondamentale il contatto precoce con l’associazione. Ho lavorato tanto affinché gli specialisti dessero ai neo diagnosticati il contatto di Aisla. Ora funziona bene, ma questo automatismo è una cosa recente. Prima i malati arrivavano dopo un anno dalla diagnosi e nel frattempo erano soli nella gestione della malattia perché sul territorio, al di là, del medico di famiglia, non ci sono altre figure. Anche
l’assistente sociale non c’è. Nell’arco di un anno ne seguiamo circa settanta qui a Firenze, insieme ai familiari".
Gli step
I primi a contattare l’associazione sono i
familiari. "C’è un colloquio lungo la prima volta, che dura un’ora e in cui ascolto tanto e inizio a fare domande che servono per capire meglio la situazione. Dopodiché inizio a proporre
i nostri servizi (i centri clinici, il supporto psicologico, le sedute di fisioterapia e quelle psicologiche), i percorsi da seguire e do loro la sensazione di essere approdati in un porto sicuro. Questo è l’obiettivo più importante:
non sentirsi più soli". Le prime fasi sono di monitoraggio. "Mi faccio dire come sono andati i controlli, se ci sono stati ritardi in una richiesta di invalidità, o per le sedute di fisioterapia dell’Asl. In tal caso attivo le nostre. Interveniamo anche quando
le persone perdono la casa, in collaborazione con gli assistenti sociali".
La questione dell’eutanasia e le cure palliative
Per i pazienti di Sla l'eutanasia non è l'unica soluzione: in Aisla vengono proposte alternative ai malati inguaribili, attraverso un percorso condiviso di cura
"Esiste
un’alternativa all’eutanasia – dice senza mezzi termini Gonella – i malati inguaribili hanno uno strumento che si chiama
percorso condiviso di cura. Niente a che vedere con le Dat, con cui si dà disposizione nel caso in cui uno non possa più essere capace di determinarsi. I Pcs sono previsti dalla
legge sul fine vita ed è uno strumento condiviso con gli specialisti che hanno in carica il paziente inguaribile. Viene condiviso tutto a partire dalle
scelte terapeutiche, le decisioni sul fare o non fare terapie invasive, la scelta delle cure palliative fino alla
sedazione profonda”. Le
cure palliative si attivano dall’inizio della patologia ma sono legate alle scelte terapeutiche fatte dal paziente. “Nel caso della Sla se il paziente ha deciso fin dall’inizio che non fare la
tracheostomia per l’inserimento del respiratore meccanico viene preso subito in carico dalle cure palliative. Poi se al momento dell’inizio della sofferenza il malato non ritiene più degna la propria vita, insieme all’equipe medica viene decisa la sedazione profonda. Può essercene una media da cui possono risvegliarsi e che attenua il sintomo della sofferenza. Se si sveglia e continua a peggiorare la sofferenza allora si aumenta la dose. E dura un giorno.
Non c’è nessuna agonia. Dico solo che noi combattiamo per avere una vita dignitosa più che una morte dignitosa”.
Gli ostacoli e il problema dei tempi per la richiesta dell’invalidità civile
Stephen Hawking è stato uno dei più importanti astrofisici dei nostri tempi, ed era malato di Sla
"Dal momento in cui abbiamo creato la
sede di Aisla qui a
Firenze è iniziato il cambio di passo". Gli
ostacoli principali sono quelli
burocratici perché se almeno nelle grandi città si è riusciti a ottenere un livello discreto di assistenza in ospedale, purtroppo i grandi muri da abbattere sono legati alla burocrazia. "I tempi per avere
l’invalidità civile, per esempio,
superano i 6 mesi, non c’è ancora il riconoscimento immediato dell’invalidità legata alla patologia, ma esso avviene
in relazione alla situazione fisica della persona che si presenta davanti alla commissione”. Quindi non viene
mai riconosciuto subito il 100% ma i malati devono tornare di nuovo per fare richiesta di aggravamento. "Sono
umiliazioni a cui si può mettere fine solo con una legge nazionale. Pensi che in tanti sono morti mentre aspettavano di ottenere l’invalidità. Quello che possiamo fare è agire caso per caso, contattando medici dell’Asl, quelli di medicina legale per smuovere le acque". Invalidità civile significa ottenere tutta una serie di
agevolazioni a livello economico per i malati di Sla che altrimenti sono a spesa delle famiglie. "Per esempio contributi per ascensori montascale o per l’acquisto di auto attrezzate per disabili gravi con sconti".