
Le tre donne cristiane sono state arrestate "senza accusa" (Facebook)
In Iran tre donne cristiane arrestate senza accusa: il 2 luglio saranno processate. Nel paese dell’Asia sud-occidentale, la condizione femminile è sempre più sotto attacco, che si tratti di diritti civili o liberà religiose.
Nonostante ciò è proprio la popolazione femminile, soprattutto le più giovani, a portare avanti la "disobbedienza civile" che va avanti da oltre nove mesi, cioè da quando è morta la ventiduenne Mahsa Amini, deceduta mentre era in custodia statale dopo essere stata arrestata a Teheran per avere indossato male l’hijab. Se da un lato, il regime di Teheran prova a ‘fare passi in avanti’, come concedere (in un futuro non ben specificato), la possibilità di andare allo stadio per seguire eventi sportivi, dall’altro si registra – ancora una volta – una situazione di diritti negati.
Secondo quanto denuncia un'organizzazione cristiana con sede negli Stati Uniti (Middle East Heritage Reformed Mehr Ministries) la vita di tre cristiane è a rischio. Come riporta “Article18”, sito specializzato nel documentare le repressioni in atto nella Repubblica islamica contro le minoranze religiose, soprattutto quella cristiana, tre iraniane il 2 luglio dovranno affrontare un’udienza in tribunale con accuse sconosciute. Si tratta di tre signore convertite al cristianesimo, fermate il mese scorso e tenute in isolamento nella prigione di Evin a Teheran per 40 giorni. Il rinvio a processo senza formalizzazione dell'incriminazione non è una rarità nell'ex Persia, così come l'arresto di cristiani che in più di una occasione sono finiti nel mirino delle autorità solo per essersi riuniti in una abitazione privata a pregare.
Da allora hanno potuto vedere le loro famiglie, ma si sono viste negare - anche qui senza spiegazione - l'assistenza di un avvocato. Hamid Hatami, presidente di Mehr Ministries, ha dichiarato a “Voice of America” (Voa) in lingua farsi che, dopo averle incontrare, i parenti hanno detto che le tre “non erano in buone condizioni fisiche e di salute”. Nei giorni scorsi la stessa fonte ha riferito che due di loro - Shilan e Zahra - sono state rilasciate su cauzione in attesa del processo, mentre Maral rimane in custodia. Tutte e tre il 2 luglio dovranno comparire davanti alla 28esima sezione del tribunale rivoluzionario di Teheran.
Stime ufficiali riferiscono che in Iran ci sono circa 22mila cattolici (circa 500mila i cristiani) su un totale di quasi 84 milioni di abitanti, in larga maggioranza musulmani sciiti (90%, i sunniti sono poco più del 5%). Fra le varie Chiese vi sono caldei, armeni e comunità di rito latino, che si sommano a europei e latino-americani. Secondo la Costituzione iraniana (art. 13) cristiani, zoroastriani ed ebrei sono liberi di praticare il culto “nel rispetto” delle leggi ispirate alla fede musulmana.

La cattedrale cattolica di rito latino a Teheran (Foto: Wikipedia)

Nel Paese è in atto una "netta regressione" della situazione in tema di libertà religiosa, in linea con la crescente repressione delle autorità legata alle proteste divampate in seguito alla morte di Mahsa Amini

Cristiane a processo: irruzione nelle case e detenzione
Shilan Oraminejad, Razieh (Maral) Kohzady e Zahra (Yalda) Heidary sono state fermate mentre si trovavano nelle loro abitazioni nelle prime ore della mattina del 9 maggio scorso. Sono state prelevate da alcuni agenti del ministero iraniano dell'Intelligence. Secondo Mehr Ministries, riferisce AsiaNews, le forze di sicurezza hanno dichiarato di avere i regolari mandati di perquisizione, per poi procedere con la confisca di effetti personali tra cui telefoni cellulari, computer portatili, libri e opuscoli "senza fornire alcuna spiegazione". Le tre cristiane sarebbero state portate in una località sconosciuta e tenute in isolamento per 40 giorni, prima di poter chiamare le loro famiglie per informarle che erano detenute nella prigione di Evin dove sono state trasferite in un secondo momento.

Libertà religiosa in “netta regressione”
Questa vicenda di cronaca conferma che nel Paese è in atto una "netta regressione" della situazione in tema di libertà religiosa, in linea con la crescente repressione delle autorità legata alle proteste divampate in seguito alla morte di Mahsa Amini per mano della polizia della morale. Un dato emerso anche nel rapporto 2023 della US Commission on International Religious Freedom, pubblicato a maggio, che invita a riclassificare la Repubblica islamica come “nazione di particolare preoccupazione (Cpc)” per le sue “violazioni sistematiche ed eclatanti”.
Una chiesa cristiana in Iran (Foto d'archivio)