Istat e Unar lanciano un’altra
indagine sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone
Lgbt. Dopo l'annuncio degli scioccanti risultati del
precedente sondaggio statistico, circa un mese fa, ad essere interpellate questa volta saranno "le persone
omosessuali e
bisessuali maggiorenni che
non sono unite civilmente, né lo sono state in passato, e che vivono abitualmente in Italia". Si tratta di un ulteriore passo avanti nell'analisi della condizione della popolazione Lgbt italiana che l'Istituto nazionale di statistica, in collaborazione con l’
Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, vuole compiere attraverso questo tipo di indagini, rivolte a diversi target quali appunto omosessuali o bi sessuali
unit* o non unit* civilmente e
persone transgender. E visti i preoccupanti numeri emersi dalla primissima appare una mossa necessaria.
Istat e Unar portano avanti una ricerca sulle discriminazioni subite dalle persone omosessuali, bisesex e transgender in ambito lavorativo
L'importanza di un campione rappresentativo ampio
Se in molti Paesi si è già passati oltre, andando a
censire ufficialmente quante persone si riconoscano omosessuali, bisessuali, transgender o non binarie per promuovere politiche e servizi ad hoc a livello nazionale, una ricerca in più tappe come quella dei due organismi italiani può comunque dimostrarsi una
risorsa efficace nel contrasto alle discriminazioni. Per questo è fondamentale avere un
campione di partecipanti ampio, per dare uno spettro rappresentativo il più completo possibile. Nelle dichiarazioni iniziali inerenti al questionario, sulla pagina Istat dedicata, si spiega infatti che al termine di questo verrà chiesto ai partecipanti (assolutamente anonimi) di invitare persone di loro conoscenza che potrebbero essere interessate all’iniziativa, proprio per stimolare un passaparola costruttivo volto al miglioramento delle condizioni che omosessuali e bisessuali si trovano a vivere ogni giorno in ambiente lavorativo.
Cosa è emerso finora
Nella scora indagine era emerso che tra omosessuali e bisessuali unit* civilmente una persona su 3 è stata discriminata in ambito lavorativo e una su cinque ha subito aggressioni
Nella prima parte del sondaggio, rivolto come detto in questo caso a omosessuali e bisessuali non uniti civilmente l'Istituto statistico chiede di indicare informazioni relative al
coming out, all’età in cui è stato fatto e con chi è stato fatto, per poi passare alla
condizione lavorativa, alle esperienze vissute a
scuola e all’
università, all’eventuale discriminazione subita. E le previsioni, visto i risultati della prima indagine, non sono certo delle migliori. In quel caso lo studio era rivolto agli/lle unit* civilmente ed avevano aderito oltre 20mila cittadini e cittadine residenti in Italia. Ne erano emersi numeri sconcertanti:
una persona su 3 dichiara di essere stata
discriminata sul posto di lavoro,
una su 5 di aver subito un’aggressione o aver vissuto un clima ostile, il 26% delle persone occupate o ex occupate di ritenere che essere omosessuale o bisessuale abbia rappresentato
uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa; al di fuori dell'ambito occupazionale, invece, il 38,2% delle persone omosessuali o bisessuali sostiene di aver subito almeno un episodio di
discriminazione in altri contesti di vita per motivi legati al proprio orientamento sessuale.
Le manifestazioni a favore del Ddl Zan prima che questo venisse affossato in Senato. Il testo è però stato ripresentato in Aula a sei mesi di distanza
Contare per agire e agire per far contare
Analizzare le discriminazioni che subiscono gli appartenenti alla comunità Lgbt è fondamentale per
smuovere perlomeno le coscienze dei cittadini e delle istituzioni su quanto sia necessario
intervenire a livello normativo per far sì che questi possano avere una vita -
compresa quella lavorativa - serena e dignitosa, con
stesse opportunità e stessi diritti delle persone eterosessuali, come imposto dalla nostra Costituzione. Senza entrare nel merito delle misure ad oggi esistenti e in discussione - ovviamente con un richiamo obbligatorio al
Ddl Zan - è da questo tipo di studi che i legislatori possono e devono partire per agire concretamente a contrasto di una disparità di trattamento ancora troppo evidente in molti campi della realtà quotidiana.