Limitare gli abusi dell’IA sui social: la lettera di 25 associazioni

L’appello è a metter in atto azioni concrete per identificare e punire meglio i contenuti “sessisti e misogini” sulle piattaforme, visto che il 90% delle vittime sono donne. A rischio anche persone trans e non binarie

4 ottobre 2024

Le deepfake sessiste sui social colpiscono in particolare donne e persone della comunità Lgbt

Più di 25 associazioni chiederanno ai principali social network di mettere in atto misure concrete per proteggere le donne e i membri della comunità Lgbt+ dagli abusi dell'intelligenza artificiale

Lo fa sapere l’AFP che ha avuto accesso ad una bozza della lettera indirizzata ai responsabili di Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp), X, YouTube, TikTok, Snapchat e Reddit. Le organizzazioni a queste aziende chiedono di identificare e punire meglio i contenuti “sessisti e misogini” sulle loro piattaforme. Una richiesta urgente e necessaria: l’appello all'azione giunge infatti in un momento in cui la disinformazione e i “deepfakes pornografici”, cioè immagini o video falsi creati dall'intelligenza artificiale, sono proliferati sulle piattaforme negli ultimi anni. Almeno il 90% delle vittime di questi contenuti creati a loro insaputa sono donne, sottolineano le associazioni, aggiungendo che queste ultime, ma anche “transgender e persone non binarie sono particolarmente a rischio di subire le conseguenze dannose di questi contenuti creati dall'intelligenza artificiale”.

Cyber Bullying Background
La lettera di 25 associazioni ai principali social network per limitare gli abusi dell'intelligenza artificiale

Di conseguenza sono proprio gli amministratori dei social network a dover intervenire perché questo fenomeno non dilaghi ancora, “devono agire subito, in modo che tutti si sentano sicuri online”, esorta Leanna Garfield, dell'associazione firmataria GLAAD. Nella loro lettera, che sarà resa pubblica oggi, le organizzazioni hanno formulato una dozzina di raccomandazioni. Tra le misure proposte vi sono la sospensione da parte dei social network dei trasgressori recidivi, l'implementazione di un sistema di rilevamento da parte di terzi e l'introduzione di un sistema di controllo per la sicurezza.

Questi contenuti “ci mettono a tacere online, violano il nostro diritto di controllare la nostra immagine e distorcono le nostre elezioni”, sottolinea Jenna Sherman, dell'organizzazione femminista americana UltraViolet. Il riferimento è al dilagare appunto di contenuti sessisti e di false accuse contro ad esempio Kamala Harris, la candidata democratica alle elezioni presidenziali statunitensi, da quando è entrata in corsa per la Casa Bianca.