Perdere un genitore, soprattutto quando il legame è molto stretto, è un dolore immenso: Marco Mengoni ieri ha perso la sua Luce (come il titolo del brano che le aveva dedicato), quando sua mamma Nadia Ferrari è morta a causa di una lunga malattia.
La donna, originaria e residente a Ronciglione, nel viterbese, dove gestiva una tabaccheria-cartolibreria, era molto amata dalla comunità cittadina per la sua gentilezza e dolcezza nei modi. E quando domenica 22 settembre si è spenta Policlinico Gemelli di Roma, tra i primi a darne notizia sono stati proprio i fan sulla pagina Facebook ‘Ronciglione per Marco’, stringendosi alla famiglia con messaggi di cordoglio e vicinanza. Oltre al figlio 36enne, lascia il marito Maurizio, il fratello, la sorella e i suoi nipoti.
I funerali si svolgeranno domani, alle ore 11, al Duomo di Ronciglione, come riporta il sito Tuscia News.
La madre sempre presente, lontana dai riflettori
Una donna, una madre, affettuosa ma rigorosa, dedita al suo lavoro, umile e rispettosa dell’altro. Valori che ha trasmesso al figlio, che così ne ha parlato nelle pochissime occasioni in cui si è aperto in merito alla sua famiglia. Lei era la protagonista di queste rare testimonianze, e dalle parole di Mengoni – piene di amore – si capiva che il loro rapporto era speciale, fortissimo, indistruttibile. Sempre presente nella sua vita, è stata Ferrari a sostenere il figlio fin dagli esordi della sua carriera. Pur restando lontana dai riflettori gli ha trasmesso la passione per la musica, facendogli ascoltare da piccolo i grandi cantautori italiani, accompagnandolo poi alle audizioni, ai provini, sostenendolo in ogni passaggio del suo percorso. A lei l’artista aveva dedicato la vittoria (la seconda) al Festival di Sanremo 2023 col brano “Due vite”, “alla donna che mi ha messo al mondo”.
Il dismorfismo, “un problema di famiglia”
Ma cosa sappiamo di Nadia Ferrari? Poco in realtà, vista l’assoluta riservatezza sempre mantenuta da Mengoni sulla sua privacy e sulla famiglia. In passato ha raccontato di essere cresciuto in una famiglia matriarcale guidata dalla nonna e in un’intervista al magazine del Corriere della Sera 7 aveva svelato anche un segreto ereditato proprio dalle donne di casa: “Nonna Iolanda è rimasta vedova presto e ha fatto la mamma, la nonna e la manager del negozio di famiglia a Ronciglione. Ci teneva all’apparenza, sempre precisa nel trucco e nei capelli, quasi caricaturale. Lei, mamma e zia erano donne bellissime che però nell’intimità soffrivano vedendosi piene di difetti. Si buttavano giù”, aveva spiegato Marco, rivelando quindi che soffrivano di una sorta di dismorfismo.
Si tratta di un disturbo che porta le persone a concentrarsi molto sul proprio aspetto fisico esteriore, arrivando a disprezzarlo, odiandolo, non piacendosi. “Quante volte le ho sentite dire ‘quanto so’ brutta’. Mamma ha delle bellissime gambe e non si è mai messa la gonna, per vergogna…”, ha raccontato.
Un disturbo che lui ha ereditato, di cui ha sofferto a sua volta, come ha ammesso dopo anni in cui si è visto descrivere come bellissimo, un sex symbol della canzone italiana: “È un atteggiamento figlio della mia storia psicologica… Tutta colpa del dismorfismo, un problema di famiglia”.
“Non pensavo proprio di poter avere appeal Pesavo quei 106 chili, avevo i capelli lunghi che mi coprivano gli occhi quasi a non voler far individuare il mio stato d’animo. Più avanti ho fatto fatica a capire il confine fra bellezza oggettiva e soggettiva proprio per il dismorfismo, che è una patologia, e così ho iniziato a lavorare su me stesso”, ha aggiunto il cantante. “È stato difficile accettare che gli altri mi vedessero bello e anche nel mio percorso di analisi e terapia ci siamo incagliati su questo – spiega –. Alla fine fa piacere sentirselo dire, però penso che la bellezza sia quel condimento in più in un piatto che deve essere già buono”.