Suicidio Assistito, nuovo no dell’Asl a Martina Oppelli. “Non voglio subire una tortura di Stato”

La triestina 49enne affetta da sclerosi multipla progressiva chiede di poter accedere alla procedura di fine vita ma l’Asugi per due volte ha rifiutato la sua richiesta sostenendo che le cure che riceve non siano considearbili un trattamento di sostegno vitale. Gallo: “Insulto alla sofferenza”

di Redazione Luce!
28 agosto 2024
Martina Oppelli, l'architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla progressiva (Ansa)

Martina Oppelli, l'architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla progressiva (Ansa)

Un nuovo no al suicidio assistito per Martina Oppelli. L'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina ha "nuovamente respinto" la richiesta avanzata dall'architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla progressiva. Lo rende noto l'associazione Luca Coscioni, sottolineando che “nonostante un peggioramento delle sue condizioni e un’ordinanza del Tribunale di Trieste che imponeva una nuova valutazione medica, Asugi ha negato l'accesso alla morte volontaria, ignorando la sentenza 135 del 2024 della Corte costituzionale” [...] "che ha chiarito la nozione di trattamenti di sostegno vitale", e "condannando Martina a proseguire in una sofferenza senza fine".

“L’Asl nega l’evidenza”

"L'Asugi, nella relazione medica contenente il diniego in merito alla mia richiesta di aiuto alla morte volontaria, tra l'altro pervenuta il 13 agosto, quando io cerco di sopperire al caldo asfissiante, nega l'evidenza: che io sia in una situazione di totale dipendenza vitale da persone, farmaci e macchinari" afferma in una nota la stessa Oppelli. “Rimango perplessa per come viene descritta la mia condizione fisica e clinica, nota da anni agli stessi medici. Basita – aggiunge –, poiché la sclerosi multipla mi ha privata di qualsiasi movimento lasciando intatta solo la capacità di pensare, parlare e di autodeterminarmi”. Un’autodeterminazione che si ferma però alla vita: Martina non può scegliere di morire, non può sciogliere quelle catene di sofferenza che la attanagliano da troppo tempo. 

"Secondo i medici dovrei assumere ulteriori farmaci che potrebbero, o forse no, attenuare il dolore ma privandomi della lucidità e, dunque, della capacità di decidere. E di lavorare anche, per conservare una parvenza di esistenza 'normale'. Dovrei sottopormi a ulteriori esami diagnostici ed, eventualmente, permettere che il mio corpo sia violato da tubi, sonde o quant'altro. Non posso, non voglio, subire una tortura di Stato. Ho sempre pensato che tutte le battaglie fossero inutili: infatti, non siamo in guerra. Questo è un doveroso percorso giudiziario nel pieno della legalità per far valere il diritto di accesso al suicidio medicalmente assistito".

Il nuovo rifiuto: non c’è trattamento di sostegno vitale

Inizialmente, ricostruisce l'associazione, Asugi aveva negato alla donna l'accesso alla morte assistita sostenendo nella prima relazione che “la terapia antalgica, anticoagulante, antitrombotica, l'assistenza continuativa di terze persone per svolgere qualsiasi tipo di attività inclusa alimentazione e idratazione e il ricorso a farmaci broncodilatatori non costituivano trattamenti di sostegno vitale”, uno dei quattro requisiti indispensabili fissati dalla Consulta nella sentenza  per l’accesso alla procedura di fine vita. Visto il "peggioramento delle condizioni di Martina, il Tribunale di Trieste aveva ordinato ad Asugi di rivalutare entro 30 giorni le condizioni di Oppelli, che nel frattempo era diventata dipendente dalla cosiddetta macchina della tosse". Ma Asugi ha "confermato il suo rifiuto, basandosi su una relazione che sminuisce il ruolo dei trattamenti da cui Martina dipende quotidianamente".

"Questa relazione è un insulto alla sofferenza di Martina – afferma filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni –. Per questo motivo, oltre a procedere contro la valutazione attiveremo le vie che il caso consiglia anche in relazione alle responsabilità che determinano conseguenze gravi per Oppelli".