Culle vuote, Rsa e centri anziani pieni. Non è un eufemismo ma la realtà dei fatti in Italia, che sta diventando ormai da anni un Paese sempre più vecchio e senza ricambio generazionale. Un Paese senza futuro, insomma. A meno che non si ampli lo sguardo ad includere anche chi, cittadino italiano, è destinato a diventarlo, ma è nato da genitori di un’altra nazionalità.
Culle bilingue
Ci perdonino i più conservatori (per non dire razzisti), ma non è il colore della pelle a determinare l’italianità, a maggior ragione in periodi di crisi come questi. Ne sanno qualcosa i commercianti di Mestre, da tempo in difficoltà perché le culle 'italiane' sono diventate una cosa assai rara. Sono soprattutto le mamme bengalesi, o indiane, quelle che incrementano la popolazione della terraferma veneziana. Così anche “Cecchetto”, storico negozio di passeggini e vestitini nel centro cittadino, ha deciso di evolversi, mettendo per la prima volta in vetrine le targhette dei prezzi bilingue, in italiano e nella lingua dello Stato affacciato sul Golfo del Bengala.
“Basta guardarsi in giro per vedere quante mamme bengalesi ci sono in giro. Il mondo è cambiato e di conseguenza sono cambiate anche le città, Mestre non è da meno", dice il titolare, Andrea Cecchetto. "Quella di mettere i cartellini anche in bengali è un'idea che avevamo da un po' di tempo - aggiunge - e l'abbiamo messa in pratica. Cosa c'è scritto? Che quei passeggini vengono venduti in accoppiata con il seggiolino per l'auto, oppure che si tratta di un 'ultimo pezzo'". A giustificare la scelta del cartellino in lingua straniera anche la difficoltà di spiegare le caratteristiche del prodotto in vendita.
I dati Istat sulla denatalità
Un modo originale ma probabilmente efficace per far fronte – perlomeno dal lato dei commercianti di prodotti per l’infanzia – alla denatalità.
Che è “una tendenza inarrestabile nel nostro Paese e su cui – forse – non c'è più nulla da fare perché nella responsabilità si mescolano tanti fattori”. A dirlo, commentando gli ultimi dati Istat che certificano il calo delle nascite in Italia è Luigi Orfeo, presidente della Sin, la Società italiana di neonatologia, che parla all’Adnkronos.
Che ci siano meno nati è ormai un dato di fatto: gli indicatori demografici sull’anno 2023 pubblicati ieri dall'Istat parlano infatti di 379mila nascite, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione rispetto all’anno precedente è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). Il numero medio di figli per donna scende così da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi di molto al minimo storico di 1,19 figli registrato nel lontano 1995.
Ma che la tendenza al ribasso non solo sia costante ma anche inarrestabile è un fattore che finora non era stato preso in considerazione e che adesso obbliga a opportuni interventi quantomeno per limitare i danni.
Un Paese senza futuro
“Dal 1995 c'è stato un continuo calo della natalità – prosegue Orfeo, direttore Uoc di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale, ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina-Gemelli Isola di Roma – preoccupa anche il tasso di fertilità delle donne sempre più basso, con un età media del primo figlio che si alza a 32-33 anni. Siamo in grave ritardo rispetto alla possibilità di invertire questa rotta e comunque i risultati sarebbero visibili tra 10-20 anni”. Un allarme condiviso anche da Adriano Bordignon, presidente del Forum Nazionale delle Associazioni Familiari, che dice: “Grave. Anzi gravissima la situazione italiana. Questo crollo demografico ci sta condannando a un futuro insostenibile dove non saremo in grado di far fronte a una spesa sanitaria crescente perché la popolazione attiva continua a calare. Ma anche la tenuta del sistema previdenziale è compromessa”. Sulla stessa scia il presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo: “L'Istat oggi ha confermato l'ormai rapido e inesorabile declino al quale è destinato il nostro Paese se non saranno attuate rapidamente delle politiche familiari ed economiche serie contro l'inverno demografico” afferma. Secondo De Palo, “non c'è più tempo da perdere: senza un obiettivo concreto si naviga a vista e si va a sbattere contro un muro”.
Nel 2225 l’ultimo nato italiano
Un muro concreto è già visibile all’orizzonte: le proiezioni che abbiamo ci dicono che, se il trend continuerà, nel 2225 nascerà l'ultimo italiano. Quello delle poche nascite non è certo solo un problema nostro, ma in Europa abbiamo i numeri più bassi. C'è un grosso problema di welfare che non permette alle donne in età fertile di avere un figlio, ma sono costrette a rimandare la maternità con tutte le conseguenze che si conoscono. C'è anche il problema della precarietà che influisce sulla scelta di avere un figlio. Insomma, è chiaro che dobbiamo aiutare di più i giovani perché una gravidanza proiettata troppo in là nel tempo abbassa la possibilità del concepimento”.
Come fare per frenare il calo demografico
Rispetto a cosa il Governo dovrebbe fare per fermare questo inverno demografico torna a parlare Luigi Orfeo, che prova a dare alcuni suggerimenti: “Sicuramente aiutare chi vuole avere figli, ma non solo dal punto di vista economico, servono politiche innovative per far conciliare alla donne il lavoro con la maternità – chiosa Orfeo – allungare il congedo parentale degli uomini così che possano aiutare le compagne. Più asili nido, ancora troppo pochi; aiutare le giovani a non procrastinare una maternità perché impaurite dalla precarietà lavorativa mentre andrebbero supportate. In Francia c'è una forte detassazione per chi fa figli, potrebbe essere una strada”.