Oliviero Toscani, il bacio tra suora e prete e i migranti salvati: gli scatti armi di denuncia sociale

Il fotografo, 82 anni, si è spento questa mattina all’ospedale di Cecina. Attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica mostrò il razzismo, l’Hiv, l’anoressia e altri mali del secolo, sempre radicale nelle sue posizioni

di MARIANNA GRAZI
13 gennaio 2025

“Per spiegare certe cose, semplicemente le parole non bastano. Ce l'hai insegnato tu”. Così il Gruppo Benetton saluta il celebre fotografo Oliviero Toscani, 82 anni, morto questa mattina all’ospedale di Cecina dopo aver combattuto per anni con una rara e incurabile malattia, l’amiloidosi. Con Benetton l’artista, nato a Milano ma toscano d’adozione, aveva formato un sodalizio decennale all’insegna dei suoi scatti di denuncia sociale, su temi scomodi e difficili da raccontare a parole, spesso stigmatizzati o scansati dalla società. Dalla fame al razzismo, dall’anoressia alla pena di morte, e poi l’Hiv e la religione ma anche la guerra (quella fredda e i conflitti armati) e il sesso

“E allora preferiamo salutarti con un'immagine che hai scattato per noi tanti anni fa, nel 1989. Addio Oliviero. Continua a sognare”, scrivono sui canali social del Gruppo, in omaggio a Toscani.

L’artista scomodo 

In sessant'anni di carriera ha parlato attraverso la lente della sua macchina fotografica, senza censure, radicale ma mai radical, spesso descritto come un personaggio aggressivo, arrogante e antipatico, una maschera necessaria per un artista che non ha mai avuto paura di esporsi, esprimendo le proprie opinioni con schiettezza. Proprio come in una fotografia. Gli scatti li ha sempre usati come armi di denuncia, più forti di qualsiasi slogan: “Bacio tra prete e suora" del 1999, "Tre Cuori White/Black/Yellow" del 1996, "No-Anorexia" del 2007 con la modella Isabelle Caro, 31 chili, morta pochi anni dopo. E poi tante foto per il mondo della moda, come il celebre primo piano del sedere di Donna Jordan con la scritta “Chi mi ama mi segua” per la campagna di Jesus Jeans del 1973, che gli fece conquistare il primo grande scandalo ma anche la fama internazionale.

Restituire la dignità alla gente comune

Burbero, all’apparenza inflessibile nelle sue posizioni, dietro la scorza ruvida e dura che mostrava al grande pubblico Toscani nascondeva una persona generosa, sincera e accogliente, affettuosa e leale nelle amicizie, tanto quanto imprevedibile e umorale nel suo lavoro, concentrato nel progetto del momento, che andava al di là della semplice campagna promozionale, usando la sua posizione e le ‘armi’ a sua disposizione per fare da grillo parlante della società. Schierato, sempre, da lato dei più fragili, dei deboli, della fetta più vulnerabile della popolazione, quella esclusa ed emarginata dai più, per restituire a queste persone dignità umana e libertà di essere semplicemente se stesse. 

Una vera rivoluzione nella comunicazione visiva, la sua, destinata a segnare in modo indelebile la storia. Toscani ha rotto gli schemi tradizionali della fotografia di moda, che puntavano su top model impeccabili e contesti patinati, puntando invece sull’autenticità della gente comune (la famiglia multietnica e il malato di Hiv in punto di morte, ad esempio) immortalata in contesti e pose spontanee, raccontando storie di inclusività e umanità anche attraverso temi stigmatizzati quanto ‘normali’. Impegno sociale e provocazioni, attraverso un click e l’immagine immortalata l’artista di origine milanese, che aveva scelto la Toscana come casa, ha aperto una riflessione sociale basata sull’evidenza visiva, sfidando ipocrisie e tabù.

Le campagne più note e più scomode

Amato e odiato, ma mai ignorato, Oliviero Toscani, morto a 82 anni, ha firmato campagne in grado di suscitare dibattito e critiche per crudezza o anticonformismo. Dopo aver lavorato per riviste del calibro di Vogue, L'uomo, Harper's Bazaar, negli anni '80 ha firmato una collaborazione che ha segnato per sempre la sua carriera, quella con Benetton, durata dal 1982 al 2000 e poi dal 2018 all'inizio del 2020. Per il Gruppo Toscani ha realizzato tra l'altro, nel 1992, Angelo-Diavolo, incredibile scatto che vede come protagonisti un bimbo bianco con i capelli biondi - simile a un putto - e un bimbo nero con una pettinatura che simula delle piccole corna sulla sua testa a ricordare la figura del diavolo. Il fotografo ha ammesso di aver cercato per anni i soggetti giusti per rappresentare questo forte concetto di contrapposizione, legato al tema del razzismo.

Nel 1992, il soggetto pubblicitario di un'altra campagna per Benetton è stato un omicidio di mafia. Toscani ha più volte provocatoriamente giocato con il contrasto tra bianco e nero, un rimando al tema del razzismo. Senza dimenticare i fotogrammi dello spot choc contro le stragi del sabato sera prodotti da Toscani nel 1997. E ancora i tre cuori umani con le scritte "White", "Black" e "Yellow": il tema era il razzismo e l'obiettivo trasmettere all'osservatore il concetto di unione e uguaglianza che contraddistingue senza distinzioni ogni popolo del mondo. Nel 1999, ha scelto una macchia di sangue come logo della campagna mondiale per Benetton a favore del supporto ai rifugiati del Kosovo.

Nel 2018 ha fatto discutere la sua scelta di utilizzare una foto di migranti appena salvati, sbarcati da una nave come immagine di una nuova campagna per la casa di moda: un'operazione squallida, bollò lo scatto Salvini, invitando a boicottare il marchio. Precedentemente aveva suscitato scandalo la serie di scatti, realizzati sempre per Benetton, con protagonisti alcuni condannati a morte negli Stati Uniti: Toscani fu accusato dallo Stato del Missouri di falso fraudolento per averli ritratti con l'inganno, senza specificare cioè il suo scopo. Per il settimanale Donna Moderna, Toscani ha ideato una campagna contro la violenza sulle donne con protagonisti un bambino e una bambina nudi accanto alla scritta "carnefice" e "vittima".

Nel 2009, banana e pisello erano invece i protagonisti di una campagna contro il bullismo finanziata dalla Provincia di Bolzano nel contesto di una iniziativa contro ogni forma di estremismo. Dibattito e critiche anche per i cartelloni con protagonisti preservativi usati e un neonato. Allo stile anticonvenzionale delle sue fotografie si lega un aneddoto curioso: nel 1965 Toscani era stato chiamato da Vogue per realizzare un ritratto a Carmelo Bene, che arrivò in studio fradicio per un temporale e si mise di fronte alla fotocamera con la giacca tutta storta e la patta dei pantaloni quasi aperta. Un'immagine colta dal fotografo come simbolo di una bellezza alternativa, fuori dagli schemi.