Venti anni dopo l’istituzione della prima Giornata internazionale contro l'omolesbobitransfobia sono ancora tante le discriminazioni, i pericoli e le difficoltà che le persone lgbtq+ si trovano a dover affrontare quotidianamente.
Si tratta di temi che stanno entrando sempre più nel dibattito pubblico, ma secondo molti non a sufficienza, o comunque nel modo sbagliato; ne è la dimostrazione la fioritura dei cosiddetti Pride antagonisti. “Il Pride non nasce come una festa, nasce come una rivolta, come una protesta. Per noi liberazione intersezionale è liberazione di tutto e tutti – ha spiegato l’attivista Francesca Parri, che con questo spirito ha dato vita insieme ad altri collettivi a ‘La Mostruos3 Pride’, collettiva nata a Siena, che già nella scelta dell’articolo determinativo femminile per definirsi si configura in una posizione radicale.
I Pride antagonisti, la necessità di una riflessione
Parri ha raccontato i motivi che hanno portato alla decisione di distaccarsi dai Pride ufficiali per rifondarne di alternativi. “Alcuni di noi l’anno scorso hanno partecipato al Toscana Pride, ci sono stati scontri perché le realtà e collettive transfemministe e queer autonome avevano richiesto uno spazio al comitato Toscana Pride, chiedendo la testa del corteo – ha detto Parri -. Hanno spiegato che per loro non era giusto che alla testa ci fossero le istituzioni. Il comitato Toscana Pride rifiutò e il corteo decise di fare uno spezzone autonomo per prendersi la testa del Pride, creando frizioni che sono sfociate cariche della polizia”.
Dall’episodio è nata una frattura allargata a tante altre realtà di Italia, non solo quella toscana, e la conseguente creazione di frange radicali. “Sono nati tantissimi Pride che a livello mediatico vengono definiti ‘antagonisti’, e per noi è un complimento – ha detto Parri -, ma in realtà sono Pride soprattutto anticapitalisti, che vanno a leggere le contraddizioni e le matrici di oppressione che si creano a livello sistemico”.
Questi Pride si pongono ora in contrapposizione a quelli istituzionali, per rappresentare una parte del movimento lgbtq+ preoccupato del fatto che certi eventi possano essere usati come passerelle per i politici e le istituzioni (specialmente durante periodi di elezioni come questo).
“Nei Pride istituzionali si finisce per non analizzare in modo veramente radicale e politicizzato quali sono le matrici di oppressione – è l’accusa di Parri -, si tende piuttosto a dare la colpa ad un governo, al politico di turno, come può essere in questo momento Vannacci o Pillon qualche anno fa. Noi invece prendiamo a riferimento matrici che a livello strutturale vedono un’intersezione di oppressione, fra cui la questione di genere, la questione di classe e la questione razziale, andando ad analizzare un sistema che in base ad una pace inesistente ci opprime”.
La pace inesistente
“Per noi liberazione intersezionale è liberazione di tutto e tutti – è l’affondo di Parri -: il Pride non nasce come una festa, nasce come una rivolta, come una protesta. Non nasce da un’azienda che ha messo fondi a disposizione per creare un carro: non deve essere una festa, ma un rinnovo della protesta”.
Da qui le necessità di cavalcare il Pride per portare all’attenzione le reali sfide e problematiche che la comunità lgbtq+ si trova a dover far fronte, piuttosto che celebrare i diritti già conquistati. “In Italia si parla di conquista di diritti solo perché ci sono le unioni civili, e intanto due persone omosessuali che si tengono per mano o una persona trans non sono sicure ad uscire la sera da sole per strada – ha ricordato Parri -. Il fatto poi di aver conquistato determinati diritti in Europa non significa che ci sia stata una liberazione a livello intersezionale globale”.
Un pensiero condiviso da chi quest’anno non parteciperà ai Pride istituzionali ma ne fonderà di autonomi. “Stiamo ricevendo tantissime adesioni a livello nazionale: Roma, Torino, Bologna, Firenze, Val d’Arno e da tanti altri collettivi transfemministi e queer di tutta Italia – ha detto Parri -. I Pride antagonisti saranno portati avanti in modo autogestito e autofinanziato, saranno manifestazioni. Ci sarà la musica ma soprattutto il contenuto politico: gli interventi delle persone che vivono in una condizione di oppressione”.