Giornata contro l'omolesbobitransfobia, la comunità trans: "Siamo sotto attacco"

I dati parlano di un’Italia non così inclusiva come la immaginiamo, tutt’altro. Daniela Lourdes: “L’Italia non esprime una politica laica e i discorsi d’odio diffusi dalle istituzioni sono responsabili. Stiamo pensando di denunciare lo Stato”. Intanto si scende in piazza anche a sostegno dei bloccanti della pubertà

di ELENA MAGAGNOLI -
17 maggio 2024
Daniela Lourdes Falanga

Daniela Lourdes Falanga

“È un momento in cui le persone trans vivono un attacco serio all’affermazione di sé stesse. C’è una prevaricazione di tipo istituzionale, la più difficile da sostenere e la più violenta in assoluto, che contraddice quello che in ottica di genere si stava facendo in questi anni. Ci siamo ritrovando in una dimensione di negazione assoluta”.

Questo il clima descritto dall’attivista trans Daniela Lourdes Falanga (nella segreteria nazionale di Arcigay e nel comitato territoriale Antinoo Arcigay Napoli) per spiegare come vive la comunità trans nel paese governato dalla destra meloniana. Oggi 17 maggio ricorre la giornata internazionale contro l'omolesbobitransfobia, una giornata fondamentale per la comunità Lgbtq+. È la data in cui nel 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha cancellato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, riconoscendola come una variante naturale del comportamento sessuale umano. “Questo governo ha messo al centro dell’attenzione come destinatario di stigma e pregiudizio soprattutto la comunità trans. C’è stata un’inversione di rotta in senso negativo che sta influenzando l’opinione pubblica, anche perché la maggior parte delle persone non è a conoscenza dei nostri percorsi e delle nostre vite. Non abbiamo neppure la possibilità di entrare nelle scuole e comunicare con i ragazzi, ma i giovani rispondono in modo più che positivo e sono riusciti a liberarsi dalle catene del passato”, racconta Miki Formisano, presidente di Cest, Centro salute trans e gender variant (associazione che consente di seguire il percorso di affermazione di genere da qualunque città, anche online, grazie all’aiuto di psicologi, psicoterapeuti, sessuologi ed esperti legali).

Un’Italia che discrimina

Il report “Rainbow Map” pubblicato due giorni fa da Ilga Europe (sezione europea dell’associazione internazionale per i diritti Lgbtq+) ha confermato queste percezioni: l’Italia si posiziona al 36° posto su 48 Paesi esaminati, nella classifica basata su qualità e quantità di politiche a tutela delle persone Lgbtq+. Rispetto all’anno scorso è scesa di due posizioni: è addirittura dietro all’Ungheria di Victor Orbán e di pochissimo sopra la Georgia, che non fa neppure parte dell’Unione europea. Il report spiega che per l’Italia questa “è la dimostrazione di cosa può accadere quando non c'è una legislazione che protegge le persone Lgbt e i governi di estrema destra prendono potere”.

Il nodo sanitario

Oltre alle violenze fisiche, alle aggressioni, agli insulti, alle discriminazioni sul lavoro e negli spazi pubblici, Formisano spiega che ad essere peggiorata sensibilmente è la discriminazione sanitaria: “Per anni abbiamo avuto difficoltà ad accedere ai servizi di screening e a tutti i servizi legati al diritto alla salute. Oggi anche gli operatori sanitari stanno facendo marcia indietro, smettendo di portare avanti i percorsi di sensibilizzazione e formazione già avviati. Alcune persone che si sono presentate per fare visite o ecografie sono state cacciate in malo modo, ad altre è stato violato il diritto alla privacy”.

Daniela Lourdes Falanga
Daniela Lourdes Falanga

La responsabilità politica

Per Daniela Falanga: “I discorsi d’odio diffusi dalle istituzioni nei confronti di chiunque viene visto come diverso dalla massa sono responsabili dell’aumento dei casi di violenza, perché le persone che non hanno gli strumenti per leggere la realtà pensano di essere legittimate a usare la violenza. Aumenta anche l’ostracismo che si verifica in famiglia, perché alcuni genitori non sono nella condizione di poter comprendere i loro figli”. Un evidente arretramento nella tutela dei diritti delle persone Lgbtq+, dovuto anche al fatto che “in questa fase l’Italia non esprime una politica laica”, aggiunge Falanga. “Tutte le persone trans hanno paura. Hanno paura le famiglie con figli minori trans, perché viene toccata la parte più fragile della società. Si crea un’ostilità per cui i ragazzi e le ragazze possono sentire anche il bisogno di farla finita. Non dimentichiamo che le persone adolescenti trans sono molto più esposte all’autolesionismo e al suicidio”. Lo dicono i dati della Ong americana Trevor Project: nel 2022 circa la metà dei giovani trans e non binari ha pensato seriamente al suicidio e quasi 1 su 5 ha effettivamente tentato di suicidarsi. L’esclusione sistematica delle associazioni trans dalle aule parlamentari e dalle commissioni governative è un chiaro segnale che “se ne fregano di noi e non vogliono confrontarsi. Vogliono annientarci. Con le varie associazioni ci stiamo organizzando per dare una reazione. Ci stiamo armando, in senso buono”, confessa con una leggera risata Formisano. E Falanga va oltre: “Stiamo addirittura pensando di denunciare lo Stato italiano. Dovremmo far capo al diritto europeo, alla convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Abbiamo capisaldi di cui disporre per reggere una linea concreta e inappellabile. Ovviamente diranno il contrario, ma ciò che vale è ciò che è stato sancito”. Le contestazioni iniziano già da domani con la mobilitazione nazionale nelle piazze di tutta la comunità trans, mentre per il 23 maggio è previsto un presidio delle famiglie di giovani transgender sotto la sede dell’Aifa a sostegno dei bloccanti della pubertà. Anche se, confessa Formisano: “Si va con la paura di ricevere delle manganellate”.