Rifiuta le nozze combinate, il pm: “Genitori la trattano da principessa”. Ma il Gip ordina l’imputazione coatta

Una diciottenne pakistana cresciuta in provincia di Monza aveva chiesto aiuto per evitare il matrimonio con un uomo scelto dalla famiglia.

9 maggio 2024
Zain, 18enne pakistana, rifiuta matrimonio combinato

Zain, 18enne pakistana, rifiuta matrimonio combinato

Zain (nome di fantasia per tutelarne la privacy) voleva solo evitare il matrimonio combinato dalla famiglia. La diciottenne pakistana, cresciuta a Seregno (Monza), ha chiesto aiuto per non andare in sposa all’uomo scelto dai suoi genitori per diventare suo marito, per non sottostare a quelle nozze imposte dalla tradizione.

Peccato però che quando il suo caso è arrivato sul tavolo del magistrato (in Italia, non in Pakistan!), questi ha ritenuto che “il fattore culturale” e l’idea di darle una vita da “principessa” avessero spinto l’agire dei familiari e che non vi fosse alcuna costrizione. Che poi, visti i precedenti (tra i quali Saman spicca su tutti per la sua brutalità), c’è da chiedersi quale futuro da ‘principessa’ potesse mai aspettare la ragazza...

Il gip di Monza, per fortuna, ha ordinato l'imputazione coatta e ora il padre e la madre di Zain, insieme al fratello maggiore, dovranno rispondere di tentata induzione a contrarre matrimonio. 

La vicenda della pakistana 

Aveva appena 13 anni quando la giovane sentì parlare per la prima volta delle sue future nozze con un cugino scelto dalla famiglia. Zain, però, voleva studiare, decidere il suo futuro lavoro, e soprattutto vivere un amore vero, libero. “Potrai fare ciò che vorrai, continuare gli studi, ma solo se sposerai lui”, fu la risposta secca dei genitori.

Pensate alla paura, al senso di oppressione, come costantemente braccata, all’impotenza di fronte a un destino che sembrava inevitabile che deve aver provato negli anni successivi la ragazza. Emozioni negative, sentimenti quasi di disperazione che l’hanno portata alla fine a farsi del male da sola. I primi a notare i segni del suo malessere, ben visibili sul suo corpo nonostante per vergogna abbia sicuramente cercato di nasconderli, sono stati gli insegnanti della scuola superiore che frequentava, che hanno allertato i servizi sociali.

Ma l’intera comunità supportava il piano della famiglia della giovanissima pakistana, lasciando Zain senza punti di riferimento vicini che la supportassero nella sua lotta di libertà e autodeterminazione. Una battaglia che è durata fino a poco prima che diventasse maggiorenne:  quando a casa è arrivato il suo abito da sposa, la ragazza ha compreso di non avere più scampo.

“Non sarei riuscita a sottrarmi, avevo tutti contro”, ha raccontato agli assistenti sociali e al suo avvocato, chiedendo di essere trasferita in una comunità protetta e dando il via all'inchiesta sui suoi familiari.

L’inchiesta: il pm archivia, il giudice condanna 

Al termine delle indagini, come detto, il pm Alessio Rinaldi ha però chiesto l’archiviazione del caso, sostenendo che “la scelta della famiglia di organizzare il suo matrimonio” non fosse “mai stata caratterizzata da metodi costrittivi o minatori”. Questo nonostante la ragazza abbia “sempre sentito le scelte familiari frutto della loro appartenenza culturale come lesive della sua libertà”, ma per il procuratore dai suoi racconti sarebbe invece emerso che i suoi genitori volessero “trattarla come una ‘principessa’ e darle un futuro migliore”.

Il gip di Monza – ribadiamo, per fortuna! – ha invece respinto la richiesta di archiviazione e disposto per i familiari della ragazza l'imputazione coatta. “Sono contenta che il giudice abbia manifestato sensibilità per questi temi – ha detto l’avvocata Lucilla Tassi –. Lei ora è in una località protetta, dopo aver ricevuto ampio sostegno dai servizi sociali, ora si merita il futuro che desidera”. Zain sta recuperando la sua libertà, il futuro se lo sta costruendo da sola continuando a studiare, lontana da una famiglia che non desidera più rivedere.