La lingua come “luogo di lotta”: perché vietare schwa e asterischi non è (solo) una questione grammaticale

La decisione del Ministero dell'Istruzione ha riacceso il dibattito sul linguaggio inclusivo e sul suo ruolo politico e di resistenza contro le norme escludenti

di CLARA LATORRACA
24 marzo 2025
"Il linguaggio è anche un luogo di lotta", scrive l’autrice femminista e antirazzista statunitense bell hooks

"Il linguaggio è anche un luogo di lotta", scrive l’autrice femminista e antirazzista statunitense bell hooks

È di pochi giorni fa la notizia della circolare del ministero dell’Istruzione e del Merito che ha vietato l’uso dello schwa e dell’asterisco nelle comunicazioni ufficiali scolastiche. Una comunicazione inviata alle scuole sottolinea che tali segni non sono conformi alle norme linguistiche e possono compromettere la chiarezza della comunicazione istituzionale. Il ministero richiama il parere dell’Accademia della Crusca, che considera queste pratiche grammaticalmente scorrette e dannose per la leggibilità. “L'uso arbitrario di questi simboli – si legge nel documento – introduce elementi di ambiguità e disomogeneità, rendendo la comunicazione meno comprensibile e meno efficace”.

Il linguaggio è potere

Isa Borrelli, attivista trans* e autor* del saggio Gender is over (Feltrinelli, 2024) ha commentato la notizia della circolare del Mim scrivendo sul suo profilo Instagram: “Il linguaggio è potere, tramanda potere, ma soprattutto trasforma le relazioni di potere”.

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L'asterisco e lo schwa vietati nelle comunicazioni scolastiche, il Ministero: “Introducono ambiguità”

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Commentando le parole di Rossano Sasso, deputato della Lega e Membro della 7ª Commissione Cultura, scienza e istruzione, che ha gioito sui suoi canali social della decisione del Ministero, Borrelli spiega: “Il tema della schwa e dell’asterisco viene trattato al pari di un’emergenza” e questo secondo l’attivista nasconde una paura: “La paura che le pratiche di disobbedienza linguistica si diffondano”. Ma perché la disobbedienza e la resistenza linguistica fanno così paura?

La scelta del ministero decide di ignorare il potenziale trasformativo del linguaggio e la sua importanza a livello di inclusione e riconoscimento. “Gli oppressi lottano con la lingua per riprendere possesso di sé stessi, per riconoscersi, per riunirsi, per ricominciare. (...) Il linguaggio è anche un luogo di lotta”, scrive l’autrice femminista e antirazzista statunitense bell hooks (che va riportato in minuscolo per scela della scrittrice) in Elogio al margine.

bell hooks, pseudonimo di Gloria Jean Watkins, scrittrice, attivista e femminista statunitense morta nel 2021. Lo pseudonimo secondo la scrittrice va riportato in minuscolo
bell hooks, pseudonimo di Gloria Jean Watkins, scrittrice, attivista e femminista statunitense morta nel 2021. Lo pseudonimo secondo la scrittrice va riportato in minuscolo

Oppressione o resistenza

Il linguaggio, per hooks, può diventare sia strumento di oppressione che di resistenza: l'inglese standard, a cui fa riferimento l’autrice nel testo, è stato storicamente utilizzato per escludere le minoranze razziali, ma è stato anche riappropriato e trasformato attraverso il vernacolo nero. Allo stesso modo, le pratiche linguistiche innovative, come l'uso dello schwa, possono rappresentare un tentativo di sovvertire le norme linguistiche escludenti e di dare visibilità a identità diverse da quella esclusivamente maschile o femminile.

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La lingua è uno spazio politico in cui ci muoviamo ogni giorno senza (spesso) rendercene conto. Scegliere di dire “Buongiorno a tutti e tutte”, oppure “Buongiorno a tutti”, o ancora “Buongiorno a tutt*”, è una decisione che porta con sé un messaggio ulteriore rispetto a un semplice saluto: si decide chi si vuole vedere. Un linguaggio inclusivo permette il riconoscimento dell’esistenza sulla scena pubblica di categorie che in precedenza ne erano completamente escluse, come le persone di genere femminile o le persone appartenenti all’universo queer.

Essere visibili

Come nota la linguista Vera Gheno nel saggio Femminili singolari, “ciò che non viene nominato tende ad essere meno visibile agli occhi delle persone”. E lo riafferma, con ancora più forza, l’attivista transfemminista Filo Sottile in Mostruositrans. Per un’alleanza transfemminista tra persone mostre: “Ci sono parole che ci cancellano e altre che ci manifestano”, scrive. Il linguaggio non è mai neutrale, ma riflette e riproduce precise dinamiche di potere.

Scegliere cosa nominare e come nominarlo significa anche decidere chi può esistere nello spazio pubblico e chi resta ai margini.La decisione ministeriale appare allora come un tentativo di preservare un'egemonia linguistica che esclude e cancella.

Seregno Tambourine sociolinguista Vera Gheno
La nota sociolinguista Vera Gheno

Se il linguaggio è davvero un “luogo di lotta”, allora la resistenza passa anche attraverso l'adozione di nuove forme espressive che possano accogliere la pluralità delle esperienze umane. Impedire l'uso di simboli come lo schwa non è solo una scelta normativa, ma un atto politico che definisce chi ha diritto alla visibilità linguistica e chi no. Invece di ostacolare l'evoluzione del linguaggio, dovremmo chiederci come possiamo renderlo più rappresentativo delle realtà che oggi vengono marginalizzate.