“Ma i disabili fanno sesso?” Se non vi siete mai posti questa domanda o anche solo leggerla o sentirla vi fa storcere il naso, pensando che si tratti di qualcosa di strano, associare disabilità e sessualità, ecco allora avete bisogno intanto di questo interrogativo, ma soprattutto di della risposta. Anzi, delle risposte. "100 risposte semplici a 100 domande difficili” recita il sottotitolo del nuovo libro di Iacopo Melio, giornalista, politico e formatore, attualmente consigliere regionale della Toscana.
Questo progetto, pensato e realizzato sotto forma di Q&A nasce dalla voglia di abbattere i tabù, i pregiudizi e gli stereotipi sulle persone con disabilità. Melio risponde a quesiti scomodi, suddivisi per categorie che spaziano sui tanti campi del sociale, per buttare giù le barriere, fisiche e mentali, che separano ancora oggi le persone e dare una panoramica completa e inclusiva sul tema. L'abbiamo intervistato.
Cosa l'ha spinta a scrivere questo nuovo libro? Perché ha scelto di usare questo formato domanda-risposta?
“Dopo il mio libro ‘È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo)’ ho ricevuto tanti feedback positivi, confermando la necessità di un'educazione al linguaggio corretto (che poi forma una cultura corretta) circa la disabilità. Così ho voluto pubblicare una sorta di seconda parte ma molto più ampia: un vero e proprio ‘manuale di istruzioni’ per scardinare i principali stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni che ancora oggi gravano sulle persone con disabilità, alimentando le montagne anziché eliminare spontaneamente le differenze per raggiungere una piena parità. Ho pensato che una strada accessibile a chiunque e non pesante fosse quella di raccogliere molte delle domande apparentemente difficili (dico apparentemente perché spesso le cose ci piace complicarcele inutilmente…), per rispondere nel modo più semplice e diretto possibile, tra consigli su come comportarsi in determinati contesti, curiosità e false convinzioni”.
Quanto è importante rendere comprensibile il tema della disabilità per raggiungere un pubblico più ampio?
“È fondamentale. Restare in ambito accademico o, peggio ancora, avere un taglio medicalizzante rende la disabilità non solo noiosa ma anche spaventosa: chi vorrebbe, per esempio, entrare in contatto, fare amicizia o avere una relazione con una persona pesante e triste? Se all'inizio del mio percorso da attivista il mio comunicare la disabilità ha ottenuto buoni risultati, anche oltre l'Italia, non è perché io abbia detto qualcosa di chissà quanto innovativo ma per il come io lo abbia detto, dando una veste quasi ‘pop’ che ha spazzato via quella narrazione polverosa, fatta di pietismo e compassione, permettendo così una maggiore immedesimazione in chi vive ogni giorno certe problematiche”.
Come rispondere a chi si stupisce dell'idea che una persona disabile possa avere una vita sentimentale e sessuale soddisfacente?
“Pare che già a fine ‘500, con Giulio Cesare Croce, si sia iniziato a sostenere che ‘non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace’, ma a quanto pare non lo abbiamo ancora imparato abbastanza: le persone con le disabilità sono, appunto, ‘persone’, con pregi e difetti come chiunque, perciò non solo possono osare e ricevere amore ma puro piacere (e normalizzare questo significa anche smettere di pensare che in questi casi amore e piacere non devono per forza essere eccezionalmente collegati). Insomma, tra i tanti temi affrontati quello dell'intimità sessuo-affettiva è forse quello di cui si parla di meno nella società proprio perché porta con sé un doppio tabù. Per questo l'ho reso centrale, con la speranza di normalizzare una dimensione che ancora oggi, purtroppo, non viene data per scontata”.
Qual è la domanda più difficile o scomoda che le è stata rivolta?
“Quella più difficile in assoluto non l'ho inserito nel libro: circa sei anni fa, in una scuola,un bimbo mi chiese cosa avrei preferito avere tra due gambe per correre e due ali per volare. Mi spiazzò. È incredibile quanto le bambine e i bambini riescano a vedere più a fondo delle persone adulte. Non sapendo cosa dire gli chiesi ‘Tu?’, e lui mi rispose ‘Due ali per volare!’, allora gli ricambiai il grande sorriso e replicai: ‘Allora anche io’”.
C'è una domanda che nessuno le ha mai fatto ma che vorrebbe ricevere (sempre sul tema)? “In realtà, una domanda che avrei voluto molto ricevere mi è stata fatta qualche mese fa: ‘Sei monogamo o credi nelle non-monogamie-etiche e/o nel poliamore?’. Al di là di quale sia la mia risposta, concepire che una persona con disabilità possa addirittura vivere una sessualità ‘non conforme’ a quella stereotipata dalla società è oggi (purtroppo) quasi rivoluzionaria: è proprio qui che dobbiamo arrivare, al non dare nulla per scontato e nel vedere in chi abbiamo davanti le nostre stesse possibilità, anzi, a volte perfino di più anche se non sembra”.
La figura dell'operatore all'emotività, affettività e sessualità è una novità. In Toscana è stata introdotta grazie a una sua mozione. Quali sono, secondo lei, gli impatti concreti che questa nuova figura può avere sulle vite delle persone con disabilità e delle loro famiglie? “Riconoscere la figura dell'OEAS, istituzionalizzandola, porterebbe finalmente a una corretta gestione di un'esigenza umana che, se non affrontata in modo corretto, non solo crea grossi problemi in chi la vive ma anche traumi per le famiglie e le persone vicine. Queste a oggi non hanno gli strumenti adeguati per vivere serenamente la dimensione intima, e quindi si sentono comprensibilmente abbandonate dalle Istituzioni. Ma nascondere la sotto polvere al tappeto non è mai la soluzione, tantomeno quando lo si fa per imbarazzi inconcepibili nel 2025 (e questo vale per l'assenza di un'educazione sessuo-affettiva qualificata generale, a partire nelle scuole, con conseguenze tremende che dovremmo ben conoscere)”.
A qualche mese dall'approvazione, quali riscontri ha ricevuto sul territorio? Ci sono già segnali concreti di cambiamento o sviluppi nell'attuazione pratica della figura dell'operatore?
“Sicuramente ha creato molte occasioni di dibattito, ha permesso riflessioni documentate liberandole dai pregiudizi (facendo cambiare idea a molte persone, in positivo) e ha permesso di tenere accesa l'attenzione sul tema. Sono però realista: finché avremo un governo di destra, con stampo ultra conservatore, non raggiungeremo mai il traguardo a livello istituzionale. Noi però non molliamo e continueremo a ricordare che il diritto alla sessualità, e quindi alla scoperta ed esplorazione del proprio corpo, abile o disabilzzato che sia, rientra tra i diritti fondamentali in quanto garantisce benessere psicofisico: e lo dice l'Onu, non Iacopo Melio”.