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Home » Attualità » I malati devono avere una vita dignitosa: contro la Sla si vince se “non si lascia solo nessuno”

I malati devono avere una vita dignitosa: contro la Sla si vince se “non si lascia solo nessuno”

Nella giornata nazionale Barbara Gonella, presidente di Aisla Firenze, torna a ribadire l'importanza di garantire il supporto tempestivo e costante a malati e familiari

Ludovica Criscitiello
18 Settembre 2022
malato sla

Giornata nazionale Sla

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“È difficile, diventa sempre più dura ogni giorno. Si passano varie fasi, dall’accettazione alla rabbia e al dolore”. Una frase che rimane impressa quando a dirtela è qualcuno che lotta da molto tempo al fianco di un familiare affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, meglio conosciuta come Sla. Ogni anno, il 18 settembre, ricorre la giornata nazionale dedicata proprio a loro. A chi continua la sua protesta dignitosa, proprio come 16 anni fa, quando un gruppo di persone affette da questa malattia che non lascia scampo scesero in piazza Bocca della Verità, in nome dei propri diritti.

Oggi molti monumenti si illumineranno in Toscana, così come sono numerose le iniziative in tutta Italia. La Sla colpisce i cosiddetti “motoneuroni”, cellule nervose cerebrali e del midollo spinale, portando alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori e a rendere necessario, a volte, il respiratore meccanico. Ad oggi non esistono terapie in grado di arrestare o rallentare la progressione della malattia. “Quello che si deve fare – dice Barbara Gonella – è garantire una vita dignitosa, quanto più possibile fino alla fine”. Barbara è presidente Aisla Firenze, l’unica associazione riconosciuta come rappresentante dei malati di Sla ed è tra le fondatrici dell’associazione in questo territorio. “Mio padre aveva la Sla, solo che undici anni fa qui a Firenze non c’era nessuno ad aiutarci, eravamo soli“.

Giornata Sla Firenze
I monumenti di tutta Italia si illuminano di verde per la giornata nazionale sulla Sla (Aisla)

I dati

In Italia si stimano più di 6.000 persone affette da Sla e si prevede che ogni anno si registreranno circa 2.000 nuovi casi secondo i forniti dall’Eurals Consortium – Consorzio Europeo Sclerosi Laterale Amiotrofica nel 2020. La fascia d’età prima si attestava tra i 55 e i 75 anni. “Purtroppo sono aumentati i casi di quarantenni con famiglie e con figli piccoli, ma anche di ottantenni – continua Gonella -. La forbice si sta ampliando”.

Come fare dopo la diagnosi

Diagnosticare la Sla non è semplice. Spesso sono necessarie diverse indagini mediche e controlli periodici prima di riuscire a scoprire o meno la sua esistenza. “Dopo la diagnosi – spiega Gonella – il passaggio fondamentale è proprio la presa in carico ospedaliera del malato in una struttura dove c’è un team Sla che sia in grado di assicurare un PTTAS (percorso diagnostico terapeutico assistenziale e sociale) con tutti i controlli necessari. Tutto ciò che viene dopo è strettamente connesso a questo, altrimenti l’assistenza diventa zoppicante. Paziente e famiglia sono più tutelati e il tutto non è lasciato all’iniziativa del singolo”.

presidente-aisla-firenze-barbara-gonella
Barbara Gonella, presidente Aisla Firenze, si è fatta portavoce in prima persona dei diritti di queste persone

Il ruolo di Aisla

L’associazione è nazionale, nasce nel 1983 e funziona a livello territoriale. “All’interno del percorso terapeutico ci inseriamo noi ed è fondamentale il contatto precoce con l’associazione. Ho lavorato tanto affinché gli specialisti dessero ai neo diagnosticati il contatto di Aisla. Ora funziona bene, ma questo automatismo è una cosa recente. Prima i malati arrivavano dopo un anno dalla diagnosi e nel frattempo erano soli nella gestione della malattia perché sul territorio, al di là, del medico di famiglia, non ci sono altre figure. Anche l’assistente sociale non c’è. Nell’arco di un anno ne seguiamo circa settanta qui a Firenze, insieme ai familiari”.

Gli step

I primi a contattare l’associazione sono i familiari. “C’è un colloquio lungo la prima volta, che dura un’ora e in cui ascolto tanto e inizio a fare domande che servono per capire meglio la situazione. Dopodiché inizio a proporre i nostri servizi (i centri clinici, il supporto psicologico, le sedute di fisioterapia e quelle psicologiche), i percorsi da seguire e do loro la sensazione di essere approdati in un porto sicuro. Questo è l’obiettivo più importante: non sentirsi più soli“.  Le prime fasi sono di monitoraggio. “Mi faccio dire come sono andati i controlli, se ci sono stati ritardi in una richiesta di invalidità, o per le sedute di fisioterapia dell’Asl. In tal caso attivo le nostre. Interveniamo anche quando le persone perdono la casa, in collaborazione con gli assistenti sociali”.

La questione dell’eutanasia e le cure palliative

SLA-assistenza
Per i pazienti di Sla l’eutanasia non è l’unica soluzione: in Aisla vengono proposte alternative ai malati inguaribili, attraverso un percorso condiviso di cura

“Esiste un’alternativa all’eutanasia – dice senza mezzi termini Gonella – i malati inguaribili hanno uno strumento che si chiama percorso condiviso di cura. Niente a che vedere con le Dat, con cui si dà disposizione nel caso in cui uno non possa più essere capace di determinarsi. I Pcs sono previsti dalla legge sul fine vita ed è uno strumento condiviso con gli specialisti che hanno in carica il paziente inguaribile. Viene condiviso tutto a partire dalle scelte terapeutiche, le decisioni sul fare o non fare terapie invasive, la scelta delle cure palliative fino alla sedazione profonda”.

Le cure palliative si attivano dall’inizio della patologia ma sono legate alle scelte terapeutiche fatte dal paziente. “Nel caso della Sla se il paziente ha deciso fin dall’inizio che non fare la tracheostomia per l’inserimento del respiratore meccanico viene preso subito in carico dalle cure palliative. Poi se al momento dell’inizio della sofferenza il malato non ritiene più degna la propria vita, insieme all’equipe medica viene decisa la sedazione profonda. Può essercene una media da cui possono risvegliarsi e che attenua il sintomo della sofferenza. Se si sveglia e continua a peggiorare la sofferenza allora si aumenta la dose. E dura un giorno. Non c’è nessuna agonia. Dico solo che noi combattiamo per avere una vita dignitosa più che una morte dignitosa”.

Gli ostacoli e il problema dei tempi per la richiesta dell’invalidità civile

Stephen Hawking è stato uno dei più importanti astrofisici dei nostri tempi, ed era malato di Sla

“Dal momento in cui abbiamo creato la sede di Aisla qui a Firenze è iniziato il cambio di passo”. Gli ostacoli principali sono quelli burocratici perché se almeno nelle grandi città si è riusciti a ottenere un livello discreto di assistenza in ospedale, purtroppo i grandi muri da abbattere sono legati alla burocrazia. “I tempi per avere l’invalidità civile, per esempio, superano i 6 mesi, non c’è ancora il riconoscimento immediato dell’invalidità legata alla patologia, ma esso avviene in relazione alla situazione fisica della persona che si presenta davanti alla commissione”. Quindi non viene mai riconosciuto subito il 100% ma i malati devono tornare di nuovo per fare richiesta di aggravamento. “Sono umiliazioni a cui si può mettere fine solo con una legge nazionale. Pensi che in tanti sono morti mentre aspettavano di ottenere l’invalidità. Quello che possiamo fare è agire caso per caso, contattando medici dell’Asl, quelli di medicina legale per smuovere le acque”. Invalidità civile significa ottenere tutta una serie di agevolazioni a livello economico per i malati di Sla che altrimenti sono a spesa delle famiglie. “Per esempio contributi per ascensori montascale o per l’acquisto di auto attrezzate per disabili gravi con sconti”.

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Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

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 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
"È difficile, diventa sempre più dura ogni giorno. Si passano varie fasi, dall’accettazione alla rabbia e al dolore”. Una frase che rimane impressa quando a dirtela è qualcuno che lotta da molto tempo al fianco di un familiare affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, meglio conosciuta come Sla. Ogni anno, il 18 settembre, ricorre la giornata nazionale dedicata proprio a loro. A chi continua la sua protesta dignitosa, proprio come 16 anni fa, quando un gruppo di persone affette da questa malattia che non lascia scampo scesero in piazza Bocca della Verità, in nome dei propri diritti. Oggi molti monumenti si illumineranno in Toscana, così come sono numerose le iniziative in tutta Italia. La Sla colpisce i cosiddetti “motoneuroni”, cellule nervose cerebrali e del midollo spinale, portando alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori e a rendere necessario, a volte, il respiratore meccanico. Ad oggi non esistono terapie in grado di arrestare o rallentare la progressione della malattia. "Quello che si deve fare – dice Barbara Gonella - è garantire una vita dignitosa, quanto più possibile fino alla fine”. Barbara è presidente Aisla Firenze, l’unica associazione riconosciuta come rappresentante dei malati di Sla ed è tra le fondatrici dell’associazione in questo territorio. "Mio padre aveva la Sla, solo che undici anni fa qui a Firenze non c’era nessuno ad aiutarci, eravamo soli".
Giornata Sla Firenze
I monumenti di tutta Italia si illuminano di verde per la giornata nazionale sulla Sla (Aisla)

I dati

In Italia si stimano più di 6.000 persone affette da Sla e si prevede che ogni anno si registreranno circa 2.000 nuovi casi secondo i forniti dall’Eurals Consortium – Consorzio Europeo Sclerosi Laterale Amiotrofica nel 2020. La fascia d’età prima si attestava tra i 55 e i 75 anni. "Purtroppo sono aumentati i casi di quarantenni con famiglie e con figli piccoli, ma anche di ottantenni - continua Gonella -. La forbice si sta ampliando”.

Come fare dopo la diagnosi

Diagnosticare la Sla non è semplice. Spesso sono necessarie diverse indagini mediche e controlli periodici prima di riuscire a scoprire o meno la sua esistenza. "Dopo la diagnosi – spiega Gonella – il passaggio fondamentale è proprio la presa in carico ospedaliera del malato in una struttura dove c’è un team Sla che sia in grado di assicurare un PTTAS (percorso diagnostico terapeutico assistenziale e sociale) con tutti i controlli necessari. Tutto ciò che viene dopo è strettamente connesso a questo, altrimenti l’assistenza diventa zoppicante. Paziente e famiglia sono più tutelati e il tutto non è lasciato all’iniziativa del singolo”.
presidente-aisla-firenze-barbara-gonella
Barbara Gonella, presidente Aisla Firenze, si è fatta portavoce in prima persona dei diritti di queste persone

Il ruolo di Aisla

L’associazione è nazionale, nasce nel 1983 e funziona a livello territoriale. "All’interno del percorso terapeutico ci inseriamo noi ed è fondamentale il contatto precoce con l’associazione. Ho lavorato tanto affinché gli specialisti dessero ai neo diagnosticati il contatto di Aisla. Ora funziona bene, ma questo automatismo è una cosa recente. Prima i malati arrivavano dopo un anno dalla diagnosi e nel frattempo erano soli nella gestione della malattia perché sul territorio, al di là, del medico di famiglia, non ci sono altre figure. Anche l’assistente sociale non c’è. Nell’arco di un anno ne seguiamo circa settanta qui a Firenze, insieme ai familiari".

Gli step

I primi a contattare l’associazione sono i familiari. "C’è un colloquio lungo la prima volta, che dura un’ora e in cui ascolto tanto e inizio a fare domande che servono per capire meglio la situazione. Dopodiché inizio a proporre i nostri servizi (i centri clinici, il supporto psicologico, le sedute di fisioterapia e quelle psicologiche), i percorsi da seguire e do loro la sensazione di essere approdati in un porto sicuro. Questo è l’obiettivo più importante: non sentirsi più soli".  Le prime fasi sono di monitoraggio. "Mi faccio dire come sono andati i controlli, se ci sono stati ritardi in una richiesta di invalidità, o per le sedute di fisioterapia dell’Asl. In tal caso attivo le nostre. Interveniamo anche quando le persone perdono la casa, in collaborazione con gli assistenti sociali".

La questione dell’eutanasia e le cure palliative

SLA-assistenza
Per i pazienti di Sla l'eutanasia non è l'unica soluzione: in Aisla vengono proposte alternative ai malati inguaribili, attraverso un percorso condiviso di cura
"Esiste un’alternativa all’eutanasia – dice senza mezzi termini Gonella – i malati inguaribili hanno uno strumento che si chiama percorso condiviso di cura. Niente a che vedere con le Dat, con cui si dà disposizione nel caso in cui uno non possa più essere capace di determinarsi. I Pcs sono previsti dalla legge sul fine vita ed è uno strumento condiviso con gli specialisti che hanno in carica il paziente inguaribile. Viene condiviso tutto a partire dalle scelte terapeutiche, le decisioni sul fare o non fare terapie invasive, la scelta delle cure palliative fino alla sedazione profonda”. Le cure palliative si attivano dall’inizio della patologia ma sono legate alle scelte terapeutiche fatte dal paziente. “Nel caso della Sla se il paziente ha deciso fin dall’inizio che non fare la tracheostomia per l’inserimento del respiratore meccanico viene preso subito in carico dalle cure palliative. Poi se al momento dell’inizio della sofferenza il malato non ritiene più degna la propria vita, insieme all’equipe medica viene decisa la sedazione profonda. Può essercene una media da cui possono risvegliarsi e che attenua il sintomo della sofferenza. Se si sveglia e continua a peggiorare la sofferenza allora si aumenta la dose. E dura un giorno. Non c’è nessuna agonia. Dico solo che noi combattiamo per avere una vita dignitosa più che una morte dignitosa”.

Gli ostacoli e il problema dei tempi per la richiesta dell’invalidità civile

Stephen Hawking è stato uno dei più importanti astrofisici dei nostri tempi, ed era malato di Sla
"Dal momento in cui abbiamo creato la sede di Aisla qui a Firenze è iniziato il cambio di passo". Gli ostacoli principali sono quelli burocratici perché se almeno nelle grandi città si è riusciti a ottenere un livello discreto di assistenza in ospedale, purtroppo i grandi muri da abbattere sono legati alla burocrazia. "I tempi per avere l’invalidità civile, per esempio, superano i 6 mesi, non c’è ancora il riconoscimento immediato dell’invalidità legata alla patologia, ma esso avviene in relazione alla situazione fisica della persona che si presenta davanti alla commissione”. Quindi non viene mai riconosciuto subito il 100% ma i malati devono tornare di nuovo per fare richiesta di aggravamento. "Sono umiliazioni a cui si può mettere fine solo con una legge nazionale. Pensi che in tanti sono morti mentre aspettavano di ottenere l’invalidità. Quello che possiamo fare è agire caso per caso, contattando medici dell’Asl, quelli di medicina legale per smuovere le acque". Invalidità civile significa ottenere tutta una serie di agevolazioni a livello economico per i malati di Sla che altrimenti sono a spesa delle famiglie. "Per esempio contributi per ascensori montascale o per l’acquisto di auto attrezzate per disabili gravi con sconti".
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