“Io al momento ho subito 52 operazioni, tanti trattamenti laser e non solo. Sono stato leso a un occhio, ho sempre gli occhiali per quello, ma sono sulla via della speranza di poter tornare a vedere”. Parola di Stefano Savi, l’uomo sfregiato per un drammatico scambio di persona dalla “coppia dell’acido” nel 2014, che nel corso della puntata del 13 settembre del programma condotto da Eleonora Daniele “Storie Italiane” su Raiuno, ha raccontato la sua storia che riporta alla memoria anche quella di Gessica Notaro.
“Io il perché fosse capitato proprio a me, non me lo sono mai chiesto, le cose succedono, bisogna prenderle e affrontare quel momento che ci si propone”, ha detto Savi alla conduttrice in un’intervista esclusiva in occasione dell’uscita del suo libro “L’odore dell’acido” dove spiega come la sua vita sia cambiata da quella maledetta notte del 2 novembre 2014, quando aveva solo 24 anni. Martina Levato e Alexander Boettcher, la cosiddetta “coppia dell’acido", avevano deciso di perseguitare gli ex di lei, aggredendoli per “purificare” la vita della ragazza e cancellare chiunque avesse avuto rapporti sessuali con la giovane. Savi è “colpevole” soltanto di assomigliare a uno degli ex della donna, Giuliano Carparelli. Una somiglianza che gli ha stravolto l’esistenza: l’acido ha infatti corroso metà del suo volto, è colato sul collo e ha anche leso un occhio.
“L’acido ha un odore molto intenso, è l’odore di un percorso lungo” ha spiegato l’uomo che davanti alla conduttrice ha ripercorso con estrema lucidità e con pacatezza quella terribile aggressione. “Stavo ritornando a casa, erano le 5 e mezza di mattina” ha raccontato come se fosse successo da pochi giorni. E ha aggiunto: “Da dietro ho visto una figura spuntare e mi ha lanciato questo liquido in faccia. Avevo già aperto il cancello di casa e sono riuscito a entrare. Poi ho preso dell’erba in giardino per pulirmi gli occhi, perché non ci vedevo più”. Attimi di dolore sempre più intenso al volto e di smarrimento per l’uomo che ha detto: “All’inizio non sapevo cosa fosse, poi sono riuscito a entrare in casa. Ero praticamente nero e ho capito che era acido”.
Savi non ha indugiato sulla coppia che l’ha sfigurato ammettendo di essersi “interessato di più alle cure, sapevo che sarebbero state lunghe, il resto l’ho messo da parte”. Parlando degli ultimi otto anni ha detto “sono stati anni impegnativi dal punto di vista sicuramente fisico, e a tratti anche mentale, perché significa passare da una situazione in cui sei libero di fare ciò che vuoi a non poter più perché sei schiavo delle cure”. Savi ha anche spiegato di aver “indossato una maschera 18 ore al giorno per quasi due anni, il primo periodo facevo un’operazione al mese. È stata dura non poter uscire, adesso sto abbastanza bene”. Il racconto di questi anni lo ha voluto imprimere per sempre in un libro. “Con le unghie e con i denti mi sono aggrappato alla vita, che generosa mi ha dato una seconda opportunità. L’accettazione della realtà è stata lunga e dolorosa, ma oggi è solo un ricordo a cui permetto di restare vivo senza intralciare il mio presente. Sono fiero delle cicatrici sul mio volto perché simboleggiano la ripresa di un grande viaggio, quello della vita” ha detto Savi.