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Suicidio assistito, il no del Veneto e le proposte locali. Il diritto al Fine vita c'è ma non basta

Il consiglio regionale ha bocciato la proposta dell'associazione Coscioni per una sola astensione. "Continua la lotta per consentire alle persone di vivere libere fino alla fine"

di CAMILLA PRATO -
17 gennaio 2024
Liberi subito in veneto

Liberi subito in veneto

Poteva essere la svolta capace di aprire la strada a iniziative simili in altre regioni. Poteva riaccendere il dibattito, almeno quello, sul tema anche in Parlamento, dove giace in polverosi cassetti dimenticati dai più. Invece in Veneto la legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito non passa. Il cosiddetto 'fine vita' resta, ancora una volta, fermo al palo. A impedirne l'approvazione è stato il no ai primi due dei 5 articoli complessivi, che richiedevano il via libera della maggioranza assoluta da parte del Consiglio. Il secondo, in particolare, era un articolo fondamentale della legge proposta dall'associazione Luca Coscioni, per cui il presidente Roberto Ciambebetti ha proposto il rinvio in commissione, che è stata poi approvata dall'assemblea. La discussione e il voto hanno visto la spaccatura del centrodestra, con Fdi e Fi contrari, il presidente Luca Zaia e parte della Lega favorevoli, come le opposizioni.

La proposta di legge sul fine vita in Veneto

La proposta di legge votata (ma non approvata) in Veneto, in materia di suicidio medicalmente assistito è nata dall'iniziativa popolare Liberi Subito: depositata dopo una raccolta firme (sottoscritta da 9.072 persone, oltre la soglia richiesta delle 7mila necessarie), "avrebbe garantito da oggi procedure e tempi certi per attuare la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato/Antoniani. Il Veneto è stata la seconda regione italiana a depositare la proposta di legge (dopo l’Abruzzo), ma la prima effettivamente discussa in Consiglio regionale". Così l'associazione Coscioni sui social. Il post poi continua spiegando "che per una sola astensione, nonostante l’impegno generoso e determinato del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia e di tante Consigliere e Consiglieri regionali che hanno agito sulla base di convinzioni personali invece che di appartenenze politiche, l’opportunità non è stata per il momento accolta dalla maggioranza dei votanti".
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La sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 sul caso Capppato/Antoniani ha stabilito che il suicidio medicalmente assistito è legale

Una battuta d'arresto che però non cambia il fatto che, proprio grazie alla storica sentenza sul caso di Dj Fabo, "che ha valore nazionale, il diritto ad essere aiutati a morire - in determinate condizioni, con sofferenze insopportabili - rimane, pure in assenza delle procedure chiare e dei tempi certi che la nostra legge avrebbe stabilito".

Suicidio assistito legale ma manca una legge

In Italia, infatti, dopo anni di disobbedienza civile, di casi isolati che diventavano sempre più voci unite nel chiedere disperatamente di avere maggiore libertà di scegliere come e quando porre fine alla propria vita, dopo anni di battaglie dell'associazione stessa la Consulta nel 2019 ha effettivamente reso legale questa pratica (l'auto somministrazione di un farmaco letale), a determinate condizioni, sollecitando però il Parlamento a legiferare sul tema. Ma una legge che definisca con certezza tempi e modi di attuazione del suicidio assistito finora non è mai stata approvata dall'Aula, né a livello locale, nonostante in 10 regioni sia stata depositata una proposta per regolamentare la morte assistita.
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Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Coscioni protagonista di molti episodi di disobbedienza civile

In una (la Puglia) invece la giunta abbia elencato con delibera le linee guida da seguire per valutare le richieste, in altre 4 siano in corso le raccolte firme e nelle ultime cinque la Coscioni stia abbia scritto la proposta e stia cercando di trovare consiglieri locali disposti a portarla in assemblea. Nel frattempo, da Mario (il primo a ottenere il via libero legale) a Laura, da Stefano a Massimiliano, da Gloria a Romano (nomi veri o di fantasia di alcune persone che in questi ultimi anni hanno chiesto di accedere alla procedura) ogni caso è stato (o è) gestito volta per volta delle singole aziende sanitarie locali, facendo i conti con ritardi, problematiche, battute d'arresto, cause civili e, di conseguenza, prolungamento delle loro sofferenze. Ecco perché, nonostante anche in questo caso una norma locale non sia stata approvata, il caso del Veneto è comunque importante. Perché riaccende un dibattito sopito, che però riguarda persone in carne ed ossa, la cui esistenza è segnata molto spesso da inenarrabili sofferenze sostenute per anni, fatta di appelli affinché la propria voce sia ascoltata, perché il loro diritto sacrosanto a fare della propria vita ciò che ritengono più giusto sia rispettato.