Second Wind, dalle trincee ucraine alla vetta del Kilimangiaro. Per combattere gli stereotipi sulla disabilità

Cinque veterani con amputazioni agli arti inferiori hanno raggiunto la vetta più alta dell’Africa

di MARCO PILI
8 febbraio 2025
Il corpo di spedizione del progetto "Second Wind" sulla vetta del Kilimangiaro

Il corpo di spedizione del progetto "Second Wind" sulla vetta del Kilimangiaro

Da oggi, “Second Wind” non è più solo un modo di dire, ma è una storia di resilienza, determinazione e sensibilizzazione. Rappresenta la volontà di lottare contro le avversità, trovando nuova linfa in grado di spingerci oltre le difficoltà che prima avremmo considerato insormontabili. Traducibile in italiano con l’espressione “spezzare il fiato”, “Second Wind” è il momento in cui, dopo uno sforzo iniziale oltre i propri limiti fisici, il corpo e la mente individuano nuove energie per correre ancora più forte, abbattendo ogni barriera e riscrivendo una nuova storia fatta non solo di impegno, ma anche di gratificazione e successo.

È questa la storia di quattro soldati e di una soldatessa ucraina che, nel corso dei tre anni che hanno seguito l’invasione russa dell’Ucraina del 2022, hanno subito ferite tali da ritenere necessaria, per la maggior parte di loro, l’amputazione di uno dei due arti inferiori. Un evento che, tra mille difficoltà, ha visto Olga Yegorova, Roman Kolesnyk, Vladyslav Shatilo, Mykhailo Matviyiv e Oleksandr Mikhov, questi i nomi dei cinque partecipanti, diventare i protagonisti di una spedizione inedita. Il raggiungimento della vetta più alta del continente africano, posta a 5.895 metri sul livello del mare, oltre a segnare un primato nel panorama della lotta agli stereotipi sulla disabilità, ribadisce anche l’estrema resilienza di un’intera popolazione la quale, da ben tre anni, subisce un attacco su larga scala contraddistinto da enormi implicazioni umanitarie.

La genesi del progetto

“Il progetto mira a promuovere una percezione positiva dei veterani come individui forti, indipendenti e capaci di raggiungere livelli incredibili. Il progetto sottolinea inoltre l'importanza di protesi di alta qualità e di programmi di integrazione sociale, dimostrando che anche dopo gravi lesioni si possono raggiungere obiettivi ambiziosi e che si può diventare un esempio per gli altri e aprire nuovi orizzonti di opportunità”, ha dichiarato Gennadiy Gazin, filantropo ucraino naturalizzato statunitense e fondatore dell’associazione “If Not Now, Then When?”.

La preparazione fisica e psicologica

Un appello al quale i cinque veterani hanno risposto con intraprendenza, sottoponendosi a oltre quattro mesi di preparazione fisica e psicologica al fine di affrontare la scalata del tetto d’Africa, durata ben sei giorni. Un percorso non certo privo di ostacoli, complici – in particolar modo – le difficoltà legate non solo alla quota, ma anche alle amputazioni alle quali i cinque partecipanti sono stati sottoposti nei mesi scorsi: “Durante la salita ho pensato ai miei cari, a coloro che sono morti per la difesa dell’Ucraina”, ha dichiarato Roman Kolesnyk: “Il loro ricordo e il loro sostegno mi hanno dato forza. Prima della scalata piangevo perché mi ero ferito il moncone. Normalmente, con una lesione del genere, non sarei stato in grado di indossare una protesi per diversi giorni o, addirittura, per una settimana. Questa volta non mi sono permesso di fermarmi”.

Ma il progetto "Second Wind" non si conclude certo con il raggiungimento della cima del Kilimangiaro. Quella vetta, simbolo di una conquista personale e collettiva, rappresenta piuttosto il punto di partenza per un cambiamento culturale ben più ampio. Progetti come questo, infatti, ridefiniscono il concetto stesso di disabilità, spostando il focus dalle limitazioni fisiche dovute, in questo caso, all’amputazione di un arto, alle potenzialità dell'individuo. Un cammino che, proprio come quello compiuto dai veterani ucraini verso la vetta, trova la forza di volontà necessaria nella resilienza insita, a maggior ragione, in una popolazione che resiste da anni ad un’incessante e immotivata invasione militare.