Caro affitti, la crisi abitativa di studenti e giovani lavoratori

Da Milano a Roma, da Venezia a Bari, passando per Torino, Padova e Firenze. Gli universitari manifestano in tenda davanti a atenei e istituzioni, ma il problema non è una priorità dell'agenda politica

di NICOLÒ GUELFI
23 maggio 2023
Studenti in tenda a rettorato Torino, 'continuiamo protesta'

Studenti in tenda a rettorato Torino, 'continuiamo protesta'

Pagare cifre folli e indebitarsi per affitti o passare intere giornate su mezzi disastrati? Questa è la domanda. Chi anche solo distrattamente avesse acceso la televisione o letto un giornale negli ultimi giorni, si sarà reso conto che l’Italia attraversa una delle crisi abitative più grandi della sua storia recente. Il problema è oggettivo e diffuso: l’aumento dei prezzi degli immobili in affitto nelle grandi città ha reso di fatto inaccessibili certi luoghi per gli acquirenti fuorisede. Il problema è serio e colpisce migliaia di persone. Ovviamente quelli di cui si è parlato maggiormente sono gli studenti universitari per via della protesta delle tende davanti alle sedi dei rispettivi atenei, ma sarebbe impreciso pensare che la questione riguardi solo loro. Questi ragazzi hanno avuto solo il coraggio di dire che il re è nudo, e purtroppo non tutti, in questo Paese, apprezzano la verità.
 
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Il caro affitti manda gli studenti in tenda

Tutto è partito dal gesto di una studentessa del Politecnico di Milano che, il 2 maggio, ha piantato una tenda davanti alla sede in piazza Leonardo da Vinci. Da allora a seguire questo esempio di protesta, pacifica e non violenta, sono stati tantissimi ragazzi a Torino, Roma, Venezia, Bari, Firenze e altre città ancora. I numeri parlano chiaro: secondo uno studio di Immobiliare.it, oggi una stanza singola a Milano costa circa 620 euro al mese, nella capitale ne costa 465, seguono poi Padova e Firenze 450 euro, quasi a pari merito con Bologna che si ferma a 447; la prima città sotto quota 400 euro è Torino, dove una singola costa al mese intorno ai 360 euro.
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Un momento della manifestazione di protesta all'esterno dell'Università di Padova

Tali dati, grezzi, non tengono ovviamente conto né della posizione (con ulteriori costi di spostamento) né del diffuso fenomeno del nero, per cui alcuni immobili sono, in tutto o in parte, allocati senza regolare contratto. Le residenze universitarie a Milano, stando a dati del Consiglio nazionale degli studenti universitari, offrono alloggio a meno del 5% della popolazione di studenti. Non serve interpellare un tributarista per accorgersi che tali cifre non mettono in difficoltà solo gli studenti, ma anche un lavoratore medio, che dovrebbe dedicare la maggior parte del suo stipendio semplicemente ai costi abitativi.

Questione di responsabilità

Recentemente hanno fatto molto discutere le affermazioni del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, secondo cui: "Se paghi 700 euro per un posto letto ti fai fregare e non meriti di laurearti. Se vuoi laurearti e fare la classe dirigente del Paese ti devi svegliare. Sennò avremo una classe dirigente che non riesce a fare i suoi interessi, figuriamoci quelli degli altri”. Una retorica non isolata: i ragazzi nelle tende sono stati accusati a più riprese di essere viziati, di chiedere comodità eccessive, di non essere disposti al sacrificio per costruirsi un futuro.
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Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro contro la protesta degli studenti in tenda: "Se paghi 700 euro di affitto non meriti di laurearti"

Ecco, quello che sarebbe necessario sgombrare dal campo è l’idea che la responsabilità sia degli studenti, che esista una specie di “darwinismo sociale” per il quale solo i più forti o i più furbi sopravvivano. La situazione è dovuta alle speculazioni del mercato immobiliare, in cui la domanda delle case è aumentata, l’offerta è diminuita e la moneta ha progressivamente perso valore a causa dell’inflazione. Ma lo Stato dovrebbe intervenire per rispondere a questa situazione?

E di diritti

La risposta è semplice: sì, dovrebbe. A dirlo è la Costituzione, la quale, oltre a sancire il diritto all’abitazione (art. 47), sancisce anche quello allo studio (art. 34). Due principi che in questo modo vengono, in tutto o in parte, negati dalle condizioni materiali, visto che per accedere ad una istruzione di livello universitario andare ad abitare in alcune città è necessario. L’opzione del pendolarismo è praticabile nel medio raggio (ed è già una realtà molto praticata che evidentemente molti commentatori scoprono ora), ma non è praticabile ovunque. Non tutti i luoghi in Italia dispongono di una rete di trasporti tale da permettere questa soluzione e sopra una certa distanza il pendolarismo non è possibile.
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Cartelli di protesta contro il caro affitti davanti al Miur a Roma (Ansa)

Il governo Meloni ha provato a stanziare 660 milioni di euro a sostegno degli studenti, che sarebbe già stato qualcosa, ma tale emendamento rischiava di essere dichiarato inammissibile per estraneità di materia rispetto al decreto-legge sulla Pubblica amministrazione, nel quale era inserito. È stato quindi ritirato durante la seduta congiunta delle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera. Dovrebbe, secondo la maggioranza, confluire in un successivo provvedimento, che però non ha data, nome, relatore. Se proprio la politica non è in grado di garantire un diritto costituzionalmente riconosciuto, quello che si potrebbe chiedere, più per educazione che per empatia, è quello di smettere di giudicare gli studenti che manifestano. Forse non otterranno soddisfazione, ma la ragione è loro.