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Home » Economia » Maternità e lavoro: in Italia 6 milioni di donne equilibriste tra precariato e impegni familiari

Maternità e lavoro: in Italia 6 milioni di donne equilibriste tra precariato e impegni familiari

Dal rapporto di Save The Children "Le Equilibriste" emerge che il 42,6% delle mamme tra i 25 e i 54 anni non è occupata e le lavoratrici madri rappresentano il 77,2% del complesso delle dimissioni volontarie

Marianna Grazi
6 Maggio 2022
Alessandra_Francesco Alesi per Save the Children

Alessandra e il figlio (Francesco Alesi per Save the Children)

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Maternità e precarietà: fanno rima e fanno anche il paio nella situazione femminile in Italia oggi. Le donne nel Nostro Paese, infatti, scelgono di diventare madri sempre più tardi (l’età media al parto raggiunge i 32,4 anni, Istat), facendo meno figli (1,25 il numero medio per ognuna, DemoIstat) e il diventare mamme condiziona pesantemente il loro percorso lavorativo, portandole a doversi destreggiare – nel migliore dei casi – tra impieghi precari e impegni familiari. Tanto che il 42,6% delle mamme tra i 25 e i 54 anni non è occupata e il 39,2% con 2 o più figli minori è in contratto part-time (Istat).

Essere mamma, ancora oggi, vuol dire dunque essere costretta a scegliere tra lavoro e famiglia.

Il video del rapporto di Save The Children

È una panoramica impietosa quella che emerge, a pochi giorni dalla Festa della Mamma, nel rapporto “Le Equilibriste. La maternità in Italia 2022” realizzato da Save The Children, che per il settimo anno consecutivo diffonde i dati sul rapporto che esiste in Italia tra lavoro e maternità. Lo studio include anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per l’Organizzazione per identificare le Regioni in cui la condizione delle madri è peggiore o migliore, sulla base di 11 indicatori rispetto a tre diverse dimensioni: la cura, il lavoro ed i servizi. Inoltre, anche quest’anno, l’indice evidenzia i principali mutamenti che hanno interessato la condizione delle madri nei diversi territori. Se i tassi di natalità sono ai minimi storici (meno di 400mila nati nel 2021, in diminuzione dell’1,3% sul 2020 e di quasi il 31% rispetto al 2008), le difficoltà nello ‘stare in equilibrio’ tra casa e ufficio sono tante, troppe. E due anni di pandemia non hanno fatto altro che aggravare un quadro critico in cui il supporto istituzionale latita mentre il carico di cura si fa sempre più pesante sulle spalle di circa 6 milioni di madri.

Mamma Cristina_Save the Children
Mamma Cristina coi suoi due bambini. Il 42,6% delle donne – tra 25 e 54 anni – con figli non ha un lavoro (Save the Children)

Il gap del lavoro

Nel primo semestre del 2021, ad esempio, tra i contratti attivati per poco più di 1,3 milioni di donne, la maggior parte (38,1%) è a tempo determinato, seguiti poi dal lavoro stagionale (17,7%), la somministrazione (15,3%) e, solo per ultimo, l’indeterminato (14,5%). Per contro, degli oltre 2 milioni di contratti attivati per gli uomini, quasi la metà (il 44,4%) è a tempo determinato, subito seguito dall’indeterminato (il 18%). La sintesi perfetta della condizione lavorativa femminile nel nostro Paese può essere riassunta in questa semplice frase: “Le ultime ad entrare, le prime ad uscire”, come sottolineato dal CNEL.

Nel solo 2020 erano state più di 30mila le madri a rassegnare le dimissioni, spesso per motivi familiari anche perché non supportate da servizi sul territorio, carenti o troppo costosi, come gli asili nido (nell’anno educativo 2019-2020 solo il 14,7% del totale dei bambini 0-2 anni ha avuto accesso al servizio finanziato dai Comuni). Nel 2021 il 42,6% delle donne con figli nella fascia d’età 25-54 risulta non occupata, con uno divario rispetto agli uomini di più di 30 punti percentuali. Il dato, com’era prevedibile, cambia poi a seconda delle aree del Paese, arrivando a sfiorare il picco del 62,6% nel Mezzogiorno, attestandosi al 35,8% al Centro e a un 29,8% al Nord. Mentre il tasso di occupazione dei padri tende a crescere all’aumentare del numero di figli minorenni presenti nel nucleo, quello delle madri tende a diminuire.

Mamma Ilaria_Save the Children
A pesare soprattutto sulle spalle delle donne è il carico di cura familiare, difficilmente conciliabile con il lavoro (Save The Children)

Anche i dati sulle convalide delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri di bambini/e di 0-3 parlano chiaro: su 42.377 casi nel 2020, il 77,4% riguarda donne. Le lavoratrici madri rappresentano il 77,2% (30.911) del complesso delle dimissioni volontarie, a fronte delle 9.110 dei padri. Sul totale delle motivazioni indicate nelle convalide, quella più frequentemente segnalata continua ad essere la difficoltà di conciliazione della vita professionale con le esigenze di cura dei figli.

“La crisi da Covid-19 è stata un acceleratore di disuguaglianze sociali, economiche, educative. In Italia le donne, e le mamme in particolare, hanno pagato un prezzo altissimo. La recessione conseguente alla pandemia è stata giustamente definita una “shecession”, i dati ci dimostrano che è ancor di più una “momcession”. Anche la ripresa dell’occupazione del 2021 è connotata in larga parte dalla precarietà delle donne e delle mamme nel mondo del lavoro. Servono misure efficaci, organiche e ben mirate che consentano di bilanciare le esigenze dell’essere madri e quelle dell’accesso e della permanenza nel mondo del lavoro” ha commentato Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children.

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  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
  • Paese che vai inquinamento che trovi. O, se volete, un mal comune che non diventa affatto un mezzo gaudio. Secondo uno studio pubblicato su “The Lancet Planetary Health”, primo autore il professore Yuming Guo, sono infatti a appena 8 milioni le persone che possono dire di respirare aria pulita: lo 0,001% della popolazione mondiale, che vive su una percentuale irrisoria del globo terraqueo, lo 0,18%.

Per i rimanenti 7 miliardi e passa la situazione è grama, se non critica, con la concentrazione annuale di polveri sottili che è costantemente al di sopra della soglia di sicurezza indicata dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità (PM2.5 inferiori a 5 µg/m3), un limite oltre il quale il rischio per la salute diventa considerevole. E come se non bastasse la concentrazione media giornaliera globale è di 32,8 µg/m3, più del doppio della soglia Oms.

Lo studio pubblicato su “Lancet” è il primo al mondo ad aver ricostruito i valori giornalieri di polveri sottili, ovvero smog, su tutto il Pianeta, attraverso un metodo complesso e multifattoriale che ha permesso di ottenere dei valori anche nelle regioni non monitorate, grazie a un mix fatto di osservazioni tradizionali di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico via satellite, metodi statistici e di apprendimento automatico (machine learning).

Dati allarmanti, dunque. Per quanto qualche segnale di miglioramento comincia a intravvedersi, con il totale dei giorni con concentrazioni eccessive che sta diminuendo nel complesso. I dati degli ultimi 20 anni rivelano delle tendenze positive in Europa e Nord America, dove l’inquinamento da PM2.5 è sceso, ma non in Asia meridionale, Australia e Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi, dove il trend è invece di crescita. Le concentrazioni più elevate di PM2.5 sono state rilevate nelle regioni dell’Asia orientale (50 µg/m3) e meridionale (37,2 µg/m3), seguite dall’Africa settentrionale (30,1 µg/m3). Poco da gioire, dunque e molto da lavorare.

#lucenews #inquinamento
  • L’arrivo della bella stagione ha il sapore del gelato 🍦

Golosi ma di qualità. È il rapporto degli italiani con il gelato artigianale secondo un’indagine di Glovo. Piattaforma di consegne, e Gusto17, brand gourmet, in vista del Gelato Day del prossimo 24 marzo.

Nel 2022 solo sull’app di Glovo gli italiani hanno ordinato più di 2 milioni di gelati, il 16% in più rispetto al 2021, con una media di 5.500 gelati al giorno, principalmente dalle gelaterie di quartiere, facendo aumentare le vendite del 138% per i piccoli esercenti. In particolare, il picco di ordini si registra alle 21.

Tra i gusti più amati dagli italiani ci sono: crema, pistacchio, nocciola e Nutella. Questa la Top 10 delle città più golose di gelato: Roma, Milano, Torino, Palermo, Napoli, Firenze, Catania, Bologna, Bari e Verona.

🍨E voi, amanti del gelato, qual è il vostro gusto preferito? 

📸 Credits: @netflixit 

#lucenews #lucelanazione #gelatoday
  • 🗣«Persi undici chili in poco tempo. Per cercare di rialzarmi iniziai un percorso con uno psicologo, ma ho capito presto qual era il motivo per cui ero caduta dentro quel tunnel. E ho iniziato presto a lavorare su di me, da sola.

Nel 2014 avevo ripreso ad allenarmi da pochissimo tempo, quando ho incontrato una donna, Luana Angeletti. Ho scoperto dopo che era la mamma di un amico, ma la cosa importante è quello che lei mi disse quella volta.

Che avevo una struttura fisica adatta a competere nella categoria bikini, nel body-building. Mi è scattato dentro qualcosa, ho iniziato a lavorare perché volevo migliorare e finalmente farmi vedere dagli altri, dopo che per otto anni non ero andata neanche al mare perché mi vergognavo del mio fisico e della mia scoliosi. Grazie a Luana sono passata dal nascondermi allo stare su un palco guardata da tante persone. È stata decisiva.

Imparate a volervi bene, e se non ci riuscite con le vostre forze, non abbiate paura di farvi aiutare e seguire da altri. È importantissimo».

Dai disturbi alimentari al body building, l
Maternità e precarietà: fanno rima e fanno anche il paio nella situazione femminile in Italia oggi. Le donne nel Nostro Paese, infatti, scelgono di diventare madri sempre più tardi (l’età media al parto raggiunge i 32,4 anni, Istat), facendo meno figli (1,25 il numero medio per ognuna, DemoIstat) e il diventare mamme condiziona pesantemente il loro percorso lavorativo, portandole a doversi destreggiare – nel migliore dei casi – tra impieghi precari e impegni familiari. Tanto che il 42,6% delle mamme tra i 25 e i 54 anni non è occupata e il 39,2% con 2 o più figli minori è in contratto part-time (Istat). Essere mamma, ancora oggi, vuol dire dunque essere costretta a scegliere tra lavoro e famiglia.

Il video del rapporto di Save The Children

È una panoramica impietosa quella che emerge, a pochi giorni dalla Festa della Mamma, nel rapporto “Le Equilibriste. La maternità in Italia 2022” realizzato da Save The Children, che per il settimo anno consecutivo diffonde i dati sul rapporto che esiste in Italia tra lavoro e maternità. Lo studio include anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per l'Organizzazione per identificare le Regioni in cui la condizione delle madri è peggiore o migliore, sulla base di 11 indicatori rispetto a tre diverse dimensioni: la cura, il lavoro ed i servizi. Inoltre, anche quest’anno, l’indice evidenzia i principali mutamenti che hanno interessato la condizione delle madri nei diversi territori. Se i tassi di natalità sono ai minimi storici (meno di 400mila nati nel 2021, in diminuzione dell’1,3% sul 2020 e di quasi il 31% rispetto al 2008), le difficoltà nello 'stare in equilibrio' tra casa e ufficio sono tante, troppe. E due anni di pandemia non hanno fatto altro che aggravare un quadro critico in cui il supporto istituzionale latita mentre il carico di cura si fa sempre più pesante sulle spalle di circa 6 milioni di madri.
Mamma Cristina_Save the Children
Mamma Cristina coi suoi due bambini. Il 42,6% delle donne – tra 25 e 54 anni – con figli non ha un lavoro (Save the Children)

Il gap del lavoro

Nel primo semestre del 2021, ad esempio, tra i contratti attivati per poco più di 1,3 milioni di donne, la maggior parte (38,1%) è a tempo determinato, seguiti poi dal lavoro stagionale (17,7%), la somministrazione (15,3%) e, solo per ultimo, l’indeterminato (14,5%). Per contro, degli oltre 2 milioni di contratti attivati per gli uomini, quasi la metà (il 44,4%) è a tempo determinato, subito seguito dall’indeterminato (il 18%). La sintesi perfetta della condizione lavorativa femminile nel nostro Paese può essere riassunta in questa semplice frase: “Le ultime ad entrare, le prime ad uscire”, come sottolineato dal CNEL. Nel solo 2020 erano state più di 30mila le madri a rassegnare le dimissioni, spesso per motivi familiari anche perché non supportate da servizi sul territorio, carenti o troppo costosi, come gli asili nido (nell’anno educativo 2019-2020 solo il 14,7% del totale dei bambini 0-2 anni ha avuto accesso al servizio finanziato dai Comuni). Nel 2021 il 42,6% delle donne con figli nella fascia d'età 25-54 risulta non occupata, con uno divario rispetto agli uomini di più di 30 punti percentuali. Il dato, com'era prevedibile, cambia poi a seconda delle aree del Paese, arrivando a sfiorare il picco del 62,6% nel Mezzogiorno, attestandosi al 35,8% al Centro e a un 29,8% al Nord. Mentre il tasso di occupazione dei padri tende a crescere all'aumentare del numero di figli minorenni presenti nel nucleo, quello delle madri tende a diminuire.
Mamma Ilaria_Save the Children
A pesare soprattutto sulle spalle delle donne è il carico di cura familiare, difficilmente conciliabile con il lavoro (Save The Children)
Anche i dati sulle convalide delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri di bambini/e di 0-3 parlano chiaro: su 42.377 casi nel 2020, il 77,4% riguarda donne. Le lavoratrici madri rappresentano il 77,2% (30.911) del complesso delle dimissioni volontarie, a fronte delle 9.110 dei padri. Sul totale delle motivazioni indicate nelle convalide, quella più frequentemente segnalata continua ad essere la difficoltà di conciliazione della vita professionale con le esigenze di cura dei figli. “La crisi da Covid-19 è stata un acceleratore di disuguaglianze sociali, economiche, educative. In Italia le donne, e le mamme in particolare, hanno pagato un prezzo altissimo. La recessione conseguente alla pandemia è stata giustamente definita una “shecession”, i dati ci dimostrano che è ancor di più una “momcession”. Anche la ripresa dell’occupazione del 2021 è connotata in larga parte dalla precarietà delle donne e delle mamme nel mondo del lavoro. Servono misure efficaci, organiche e ben mirate che consentano di bilanciare le esigenze dell’essere madri e quelle dell’accesso e della permanenza nel mondo del lavoro” ha commentato Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children.
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