Cecilia Hugony è molte cose: architetto, imprenditrice di successo, professionista dal passato lavorativo internazionale che parla fluentemente quattro lingue, madre di tre figlie.
Soprattutto, crede fermamente in quel valore aggiunto portato dal lavoro di squadra, soprattutto se i team che dirige sono composti in percentuale equa da uomini e donne: “È una questione statistica – spiega a Luce! – che parte dal presupposto che il talento è distribuito equamente tra generi.
Ed io, come imprenditrice, non voglio rinunciare alla metà delle capacità disponibili. Inoltre, l’ambiente con diversità è molto più creativo perché si generano rapporti e relazioni complesse che rappresentano sicuramente occasioni di arricchimento reciproco. L’ho sempre verificato nella mia esperienza, perché le donne hanno una forte capacità di adattamento e una grande creatività che si traducono nella disponibilità alla collaborazione con tutti i colleghi, con pochissima competizione interna.
L’abitudine delle donne alla cura e all’attenzione del gruppo – prosegue Hugony –, al benessere al di là del risultato, porta un grande valore aggiunto e, soprattutto, è contagiosa. Altro dato da non trascurare e che ho potuto riscontrare ultimamente è che il mix di genere porta a far sentire a proprio agio anche quel tipo di uomini che non si identificano necessariamente con il maschio alfa, che hanno insomma uno spirito più dialogante e meno impositivo e che magari, all’interno di imprese con predominanza maschile, si sentono a disagio”.
Cecilia Hugony è amministratrice delegata di Teicos, impresa edile milanese specializzata in riqualificazione energetica del costruito. Dal 2014 è entrata nell’azienda di famiglia trasferendovi la sua lunga esperienza professionale.
Dottoressa Hugony, la sua storia professionale è davvero particolare… “Esatto. Anche se Teicos è un’impresa familiare, fondata da mio padre insieme all’amico Giorgio Albinati quando io ero all’università, non ho scelto subito di entrare a farvi parte. Dopo gli studi sono stata in Spagna per dieci anni, poi ho lavorato in una società italiana impegnata tra Francia e Nord Africa nel settore dei beni culturali e del patrimonio storico, infine ho lavorato in un centro di ricerca e sviluppo. Un percorso lungo e articolato che mi ha dato grandi soddisfazioni. Nel 2008, però, si è aperto un periodo di forte crisi per l’edilizia e per Teicos in particolare, tanto che nel 2012 l’impresa era a rischio chiusura.
In quel momento presi la decisione di entrarci io, facendo molte rinunce perché a tutti gli effetti avevo raggiunto un certo benessere economico e lavorativo, ma ero decisa a provare a salvare il lavoro cui mio padre aveva dedicato tanti anni. A Teicos ho portato la mia personale esperienza di innovazione e trasformazione tecnologica, acquisita sul fronte della ricerca e dello sviluppo, perché Teicos era un’impresa dal taglio medio piccolo che necessitava di una specializzazione capace di farla emergere nel settore: puntai dunque sull’efficienza energetica nel patrimonio costruito. Vincemmo un bando europeo che ci permise di investire in attrezzature e progetti pilota che hanno permesso all’impresa di crescere rapidamente. Quando il mercato si è accorto della necessità di questi interventi noi eravamo già pronti e nel giro di dieci anni abbiamo decuplicato il fatturato".
Lei è madre di tre figlie: come commenta la questione della conciliazione del lavoro e della maternità…
“È vero, ho tre figlie, dunque esprimo la massima solidarietà alle donne lavoratrici. Quando sono entrata in Teicos, parlando con un altro imprenditore mi sono resa conto di quanto in Italia fosse ancora forte il pregiudizio nei confronti delle donne imprenditrici. Ricordo infatti che mi chiese perché fossi arrivata in azienda così tardi e, dopo aver ascoltato la mia spiegazione, mi domandò: ‘Perché tuo padre non ha chiesto a tuo marito di occupare il tuo posto?’ Rimasi di stucco perché mio marito di lavoro fa l’archeologo… ma evidentemente, essendo uomo, avrebbe comunque avuto più capacità di me nel dirigere l’azienda.
Il tema, dunque, è delicatissimo e purtroppo le aziende – per quanto desiderino farlo – non riescono a risolvere il gender gap anche per colpa di un problema culturale fortemente radicato in Italia: il figlio è un fatto della mamma fino ad età avanzata, e il padre che si occupa dei figli fa un favore temporaneo alla madre, tutto qui. Questo principio è ancora ben inculcato anche nelle donne stesse. In azienda diamo massima flessibilità alle madri, permettendo loro, per esempio, di ricollocarsi in una posizione lavorativa più adatta quando nasce un bambino. Un capocantiere, per esempio, potrebbe avere difficoltà a presentarsi a lavoro alle 8 del mattino, dunque per un periodo può cambiare mansione di modo da avere maggiore flessibilità oraria.
Esiste poi anche la possibilità dello smartworking quando il bimbo è ammalato, e cerchiamo comunque di abbassare un po’ la pressione lavorativa nella fase più complicata, come il primo anno e mezzo di vita. Al di là di questo, però, molte donne con grandi competenze e un percorso di alto livello alle spalle, una volta divenute madri non riescono più a conciliare la gestione del figlio – che evidentemente non viene condivisa equamente con il padre – e questo le porta a scegliere lavori part time con meno responsabilità, indubbiamente meno stimolanti e appassionanti, di modo da avere tempo e testa più liberi. In Teicos stiamo cercando di capire come riuscire a venire loro incontro, perché non rinuncino al loro lavoro – come purtroppo è già successo –, anche perché una volta cresciuti i figli, capita che si pentano della loro rinuncia. Ma questo lo inquadrerei più che altro come un tema sociale, piuttosto che aziendale.”
So che lavorate anche sulla parità salariale…
“Esatto. Il motivo per cui gli uomini guadagnano di più sta anche nel fatto che sono più abituati a chiedere un aumento rispetto alle donne. Ecco perché ogni anno controlliamo gli stipendi e ripristiniamo una situazione di equità, aumentando il salario anche a chi non lo ha chiesto, di modo da assicurarci che il gap non aumenti”.
Quali sono le procedure e gli strumenti che state adottando per promuovere e tutelare le pari opportunità sul luogo di lavoro?
“Facciamo abitualmente indagini di clima e abbiamo uno psicologo aziendale che segue i collaboratori per verificare il loro livello di stress, attraverso una convenzione che prevede cinque incontri all’anno per ogni lavoratore. Inoltre promuoviamo occasioni di formazione, ogni giovedì dalle 17 alle 18,30, su temi che riguardano la sicurezza sul lavoro ma anche gestione dello stress e pianificazione delle attività per agevolare la conciliazione tra la vita personale e quella lavorativa. Le indagini di clima misurano come migliora il rapporto con l’azienda e se certe misure - come la presenza dello psicologo – siano utili o no per il benessere del lavoratore”.
Il progetto ANChE Donna
Lei è anche rappresentante di Assimprendil ANCE per l’imprenditoria femminile nella Camera di commercio di Milano Lodi Monza Brianza, e consigliere delegato del neonato Progetto Donne di Assimpredil ANCE “ANChE Donna”, che prevede la realizzazione di un network di donne imprenditrici capaci di confrontarsi su come aumentare il tasso di occupazione femminile nel settore edile, di predominanza tradizionalmente maschile, per far sì che si traduca in opportunità lavorative di qualità.
“L’edilizia è un settore tradizionalmente e impropriamente legato a ruoli maschili; con questo progetto ci poniamo l’obiettivo di creare un network di donne imprenditrici capaci di confrontarsi su come aumentare il tasso di occupazione femminile per far sì che si traduca in opportunità lavorative di maggiore qualità, sia attraverso un lavoro sugli aspetti contrattuali sia sviluppando operazioni di welfare dedicate. ANChE Donna nasce dall’iniziativa di quattro direttrici di ANCE, che hanno coinvolto varie imprenditrici nei loro territori di competenza. Con mia grande soddisfazione la presidente di Assimpredil ANCE mi ha chiesto di coordinare il gruppo di lavoro, volto a costruire consapevolezza del problema dell’inclusione nel settore dell’edilizia, all’interno del quale non esistono solo lavori di fatica, ma tante figure professionali con vari tipi di competenze.
L’idea è arrivare a creare una rete nazionale che raccolga donne che hanno fatto il loro percorso per scelta e per capacità. Stiamo organizzando cinque eventi di formazione, una in ogni città che partecipa al progetto, e in tutti gli eventi andremo ad approfondire il valore che il talento delle donne può portare al nostro settore e i metodi per identificare e bloccare il pregiudizio di genere con meccanismi atti a scardinarlo. Lavoreremo molto sulle nuove competenze richieste dal settore, cui le donne possono dare risposta. Nascerà in seguito un programma di attività sui territori anche con le giovani donne che ancora non lavorano nell’edilizia, sperando che il tema diventi nazionale. Il tutto in uno scenario italiano che vede le donne impiegate nell’edilizia solo al
9 %. In Teicos, invece, vantiamo un tasso di quote rosa pari a quasi il 50% (escludendo gli operai) e un perfetto equilibrio di genere dei dati monitorati per equità remunerativa e pari opportunità di crescita professionale.”