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Beatrice de France: "Creazione artistica come fare un figlio"

L'artista franco-caledoniana espone a San Casciano Val di Pesa fino al 16 aprile. "Non siamo un ammasso di molecole ma esseri spirituali unici"

di DOMENICO GUARINO -
9 aprile 2023
Beatrice de France

Beatrice de France

"La creazione artistica? È come fare un figlio. Oggi più che mai è necessario ricordarci, come fa l’arte, che non siamo solo un ammasso di molecole, una macchina biologica, ma esseri spirituali unici, con aspirazioni e una propria identità". Fino al 16 aprile, al museo Giuliano Ghelli di San Casciano in Val di Pesa (Firenze), sarà visitabile "Meriggio di ombre" la mostra personale di Beatrice de France, talentuosa artista franco-caledoniana che vive e lavora a Firenze. L'abbiamo intervistata. Quando è nata la sua vocazione per l'arte? "Mi è sempre piaciuto disegnare, fin da piccolissima. Mio padre mi ha incoraggiata a seguire questa strada (anche se i suoi gusti, in fatto di pittura, sono all’opposto rispetto ai miei). Dopo la maturità ho passato un concorso per diventare psicoterapeuta ma ho rinunciato, lasciando il mio posto a qualcun altro al momento di iniziare i corsi: preferivo dedicarmi al disegno e alla pittura. Ho fatto un anno di preparazione ai concorsi delle scuole d’arte, scegliendo poi una specializzazione che abbinasse l’artigianato al disegno: l’intarsio a l’Ecole Boulle, scuola nazionale dei mestieri d'arte a Parigi (vincendo un concorso nazionale con l’intarsio della mia laurea). A Firenze ho ripreso gli studi di disegno e pittura per due anni, presso Palazzo Spinelli, istituto per l'arte e il restauro".
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La locandina di "Meriggio di ombre" la mostra di Beatrice de France

Lei spazia tra arti figurative, artigianato, musica... cosa tiene insieme tutto questo? "Per ogni mia realizzazione mi guida fin da ragazza il messaggio di Rainer Maria Rilke nella Lettera a un giovane poeta: 'Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo del suo cuore; confessi a sé stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere?' Disegnare è come respirare, mi dà pace ed è una necessità vitale. Il disegno, la pittura e l’incisione (in particolare la xilografia) sono una maieutica, e sono contenta quando le mie opere suscitano reazioni, che esse siano positive o negative. La creazione di intarsi e di mobili mi permette di combinare l’artigianato con il disegno e di mettere in atto la volontà di far stare bene le persone quando usufruiscono delle mie opere, sia a livello estetico che funzionale. Mi piace poi molto la parte ingegneristica del mobile, ossia trovare soluzioni pratiche di realizzazione. La musica per me è chimica, è un’altra forma di catarsi nella quale mi immedesimo. Sono tutti modi, dunque, per esprimere e realizzare me stessa, compresa la contaminazione creativa tra ognuno di questi mezzi: la musica e l’artigianato (con il progetto Long Playing - High Fidelity Furniture), la pittura e la musica (con le performance pittoriche - musicali assieme a band rock - In principio erano le Ombre, di Calle ombrose e Raggi del pianeta) e ultimamente la pittura e la poesia: sono stata molto felice di affiancare le mie illustrazioni a versi così evocativi e sentiti del libro 'PensieriParole' (Edizioni Effigi, giugno 2022). Questi dipinti, e alcuni inediti in particolare, sono al centro dell’esposizione al museo Giuliano Ghelli di San Casciano dal 2 al 16 aprile 2023". In che modo le sue esperienze personali influenzano la sua arte? "Ogni emozione, di gioia, rabbia o tristezza, ogni effusione, speranza, ogni desiderio di comunicare con altre persone creative o con chi mi sta attorno sono stimoli per creare. Persone che incontro o semplicemente incrocio mi ispirano a fare loro un ritratto, nella metro per esempio. Piaceri piccoli come la vista di un bel paesaggio, oppure al contrario paesaggi urbani desolati come quelli della Polonia, che ho visitato dopo la caduta del muro di Berlino, sono pretesti per tirare fuori i miei pensieri, il mio passato, le mie speranze. Un’emicrania a Pompei svanì facendo uno schizzo di un mosaico.
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Beatrice utilizza vari mezzi artistici, contaminandoli tra loro: l'intarsio, la pittura, il disegno, la musica...

L’espressione artistica è anche un modo per trascendere cose impossibili da esprimere nella realtà, compreso quello che è considerato trasgressivo (è famosa la frase di Jim Morrison nel brano 'The End' dei Doors, Father / Yes son? / I want to kill you / Mother, I want to)". Chi è l'artista oggi? "Una persona che cerca, in cammino, e che fa una ricerca su di sé, sulle varie angolazioni dei propri pensieri e del proprio sentire. Non ha paura di sperimentare, mantenendo sempre la barra dritta su quello che vive internamente. È l’unico modo per rimanere autentici e per provocare immedesimazione, riflessione o emozione nell’altro". C'è uno 'specifico' femminile nel suo modo di approcciare e fare arte? "Creare è come fare un figlio. Sono inoltre molto attaccata alle mie opere, me ne libero con difficoltà. La mia creazione nasce dalle mie esperienze e riflessioni personali, dal desiderio di comunicare con gli altri il mio vissuto e di provocare una reazione nell'altro. Questo potrebbe essere considerato un punto di vista femminile. Penso parallelamente a grandi artisti come Rogers Waters o Banksy, che sono più orientati verso l’espressione del loro pensiero sul mondo, su quello che succede all’esterno, ed è più un approccio maschile, forse. Perché, in realtà, la loro espressione nasce comunque da una loro personale interpretazione".
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Un'opera di Beatrice de France

Viviamo una fase di grande trasformazione -anche radicale- dell'umanità. Quale ruolo deve svolgere per lei l'arte oggi, anche al cospetto delle nuove tecnologie che sono sempre più pervasive? "L’espressione artistica è inedita, unica, frutto personale di una riflessione, della parte più profonda della mente e del sentire di una persona. Il regista Michele Diomà dice che è un modo di costruire le cose partendo dalla propria 'fantasia', da un personale spirito di osservazione e non da una reiterazione di opere già realizzate da altri; in tal senso si sono avvalsi di tale 'clownesca maieutica' Albert Einstein, Adriano Olivetti, Pablo Picasso e anche Federico Fellini. Il futuro rischia di invertire i ruoli (l’uomo sarà funzionale alla macchina, sarà l’AI a dirmi cosa fare) e la creazione personale, in ogni ambito, ne è l’antidoto secondo me. L’espressione creativa ci ricorda che non siamo soltanto un ammasso di molecole, una macchina biologica, ma che siamo esseri spirituali unici, con aspirazioni e una propria identità".